Sull’istituto della revisione dei prezzi

Redazione Scientifica
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07 Agosto 2018

Il Collegio ritiene di dover riaffermare i seguenti principi, già espressi nella propria recente giurisprudenza secondo cui...

Il Collegio ritiene di dover riaffermare i seguenti principi, già espressi nella propria recente giurisprudenza (cfr. Cons. St., Sez. III, 9 gennaio 2017, n. 25), secondo cui:

- l'art. 6, comma 4, l. n. 537 del 1993, come novellato dall'art. 44 l. n. 724 del 1994, prevede che tutti i contratti pubblici ad esecuzione periodica o continuativa devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo pattuito;

- tale disposizione, ora recepita nell'art. 115 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006) per quanto riguarda gli appalti di servizi o forniture, costituisce norma imperativa non suscettibile di essere derogata in via pattizia, ed è integratrice della volontà negoziale difforme secondo il meccanismo dell'inserzione automatica;

- la finalità dell'istituto è da un lato quella di salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Cons. St., Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2295; Cons. St., Sez. V, 20 agosto 2008, n. 3994), dall'altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. Cons. St., Sez. V, 23 aprile 2014, n. 2052; Sez. III 4 marzo 2015, n. 1074; Sez. V 19 giugno 2009, n. 4079);

- l'obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un'istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell'amministrazione, non comporta anche il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l'Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti;

- in tal senso si è ripetutamente pronunciata la giurisprudenza (Cons. St., Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013, n. 465), rilevando che la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass., SS.UU., 31 ottobre 2008, n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso al risparmio di spesa, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato;

- in ordine alla fissazione dell'adeguamento spettante, è da escludere che la pretesa vantata dal privato fornitore abbia la consistenza di un diritto soggettivo perfetto suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo; infatti, le citate disposizioni prescrivono che la determinazione sia effettuata dalla stazione appaltante all'esito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi;

- l'istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, modello che sottende l'esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale dell'amministrazione nei confronti del privato contraente, potendo quest'ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con l'amministrazione solo con riguardo a questioni involgenti l'entità della pretesa;

- di conseguenza, la posizione del privato contraente si articolerà nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all'an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo con riguardo al quantum, ma solo una volta che sarà intervenuto il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale; peraltro tale costruzione, ormai del tutto ininfluente ai fini del riparto di giurisdizione, mantiene inalterata la sua rilevanza con riferimento alle posizioni giuridiche soggettive del contraente dell'amministrazione proprio per effetto dell'art. 133, lett. e), punto 2), c.p.a., che assoggetta l'intera disciplina della revisione prezzi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

- la qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, comporta che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell'interesse legittimo. Ne deriva che sarà sempre necessaria l'attivazione - su istanza di parte - di un procedimento amministrativo nel quale l'Amministrazione dovrà svolgere l'attività istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell'adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l'importo. In caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell'appaltatore, quest'ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall'Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l'accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all'amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Cons. St., Sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465);

- i principi espressi in precedenza trovano conferma anche nelle costanti decisioni delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (ex multis, S.U. 14090 del 2004, 4463/2009, 19567/2011, 12063/2014) secondo cui, in tema di revisione prezzi, la posizione dell'appaltatore di fronte alla facoltà dell'amministrazione di concederla ricorrendone i presupposti giuridici, ha natura di mero interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo. Di conseguenza la lex specialis del capitolato di appalto che si conformi a queste norme non può costituire ex se un diritto soggettivo dell'appaltatore nella fase precedente il riconoscimento della revisione prezzi da parte dell'organo amministrativo competente, ed in tal modo derogare alla disciplina normativa sul relativo potere autoritativo e sulla conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, anche sulla mancata risposta dell'amministrazione alla relativa richiesta dell'appaltatore, poiché la sua posizione si colloca in un'area di rapporti privi di base paritetica, pur essendo stato il contratto di appalto già stipulato (cfr. Cass., S.U., ord., 30 ottobre 2014, n. 23067);

- l'obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un'istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell'Amministrazione, infatti, “non comporta anche il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l'Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti; la posizione dell'appaltatore è quindi di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso al risparmio di spesa, ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato; i risultati del procedimento di revisione prezzi sono quindi espressione di facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge; al tempo stesso la posizione dell'appaltatore assume carattere di diritto soggettivo solo dopo che l'Amministrazione, in base alle risultanze istruttorie, abbia riconosciuto la sua pretesa, vertendosi solo allora in tema di quantum del compenso revisionale” (Cons. St., sez. V, 27 novembre 2015, n. 5375; 24 gennaio 2013, n. 465).

- ai fini della quantificazione della somma dovuta dalla p.a. a titolo di revisione prezzi deve essere applicato in via suppletiva, ai sensi dell'art. 6 l. 24 dicembre 1993, n. 537, l'indice Istat dei prezzi al consumo di famiglie di operai e impiegati su base semestrale; tale “indice … costituisce il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa, essa non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale (Cons. St., Sez. V, 20 novembre 2015, n. 5291”;

- poiché tale indice costituisce il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale, la quantificazione del compenso revisionale può effettuarsi ragionevolmente con il ricorso a differenti parametri statistici;

- correttamente quindi, in presenza di una normativa (art. 17 d.l. 6 luglio 2011 n. 98, conv. in l. 15 luglio 2011, n. 111) che impone, nel settore sanitario, la rinegoziazione dei contratti ed addirittura il recesso in caso di prezzi superiori (per una certa percentuale) a quelli di riferimento, risulta ampiamente giustificata la scelta di un'Azienda Ospedaliera di negare la revisione dei prezzi convenuti in contratto in misura già superiore a quelli di riferimento determinati dall'Osservatorio dei contratti pubblici.