Anche i contenziosi chiusi con accordi transattivi rilevano ai fini della moralità professionale

Simone Abrate
21 Novembre 2018

Ai fini del requisito della moralità professionale di cui all'art. 38, comma 1, lett. f), del codice del 2006 rileva anche l'esistenza di un contenzioso: (i) instaurato dai dipendenti dell'appaltatore per la mancata corresponsione di alcune mensilità di retribuzione ed altre indennità; (ii) sfociato in azioni esecutive nei confronti della stazione appaltante quale debitore solidale; (iii) definito con un accordo transattivo stipulato con le parti interessate («a meri fini conciliativi e senza riconoscimento» di alcuna pretesa o fondamento di pretese altrui), inclusa la stessa stazione appaltante.

Il caso. La ricorrente ha impugnato, tra l'altro, la propria esclusione disposta dalla stazione appaltante che ha rinvenuto un “illecito professionale” nella vicenda di seguito descritta. Alcuni dipendenti dell'appaltatore, gestore uscente della commessa, hanno avviato azioni giudiziali lamentando la corresponsione di retribuzioni notevolmente inferiori a quelle spettanti secondo il CCNL di categoria. La stazione appaltante veniva coinvolta nella vertenza in quanto debitore solidale ex art. 1676 c.c., 29, comma 2, d.lgs. n. 276 del 2003, ed artt. 4 e 5 d.P.R. n. 207 del 2010. Inoltre, i lavoratori avanzavano azioni esecutive (pignoramenti presso terzi) nei confronti della stessa stazione appaltante. Tale vicenda è poi sfociata in un accordo transattivo, sottoscritto anche dalla stazione appaltante «a meri fini conciliativi e senza riconoscimento» di alcuna pretesa o fondamento di pretese altrui.

La soluzione del Tar Lazio. Il Tar Lazio ha respinto il ricorso, richiamando i seguenti principi rilevanti in materia di oneri dichiarativi del concorrente ed ampiezza del sindacato valutativo della stazione appaltante, evidenziando in particolare che:

- le valutazioni che l'Ordinamento rimette alla stazione appaltante circa la rilevanza dell'errore professionale ai fini dell'esclusione di una concorrente da una gara di appalto, costituiscono oggetto di una riserva di giudizio molto ampia, che il giudice non può sostituire con proprie valutazioni;

- non spetta alla concorrente operare un filtro sui fatti e sugli elementi che possono avere rilievo in ordine alla valutazione dell'esistenza o meno di gravi illeciti professionali, avendo l'obbligo di dichiarare tutto quanto a propria conoscenza in modo da consentire alla PA di operare le necessarie valutazioni, senza poter escludere pregresse risoluzioni contrattuali neppure sulla base della «natura della risoluzione in termini di "bonaria", o "amichevole"… posto il fatto che vi è un inadempimento riscontrato e contestato formalmente ed in ogni caso non incide sulla portata del combinato disposto dell' art. 8, commi 2, lett. p), e 4 d.P.R. n. 207 del 2010 , che onera le "amministrazioni aggiudicatrici" a segnalare all'ANAC gli "episodi di grave negligenza o errore grave nell'esecuzione dei contratti ovvero gravi inadempienze contrattuali", a prescindere dalla tipologia di risoluzione contrattuale scaturitane…» (cfr. Cons. St., Sez. V, 25 giugno 2018, n. 3925);

- la risoluzione contrattuale sfociata in una transazione va comunque dichiarata in sede di gara dal concorrente in quanto tale circostanza integra comunque il presupposto del grave errore nell'esecuzione della prestazione (Cons. St., Sez. III, 13 giugno 2018 n. 3628).

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