Linee guida ANAC n. 6: bullet points del Parere del Consiglio di Stato

22 Novembre 2018

Con parere reso lo scorso 13 novembre la Commissione speciale del Consiglio di Stato ha esaminato i dieci punti “critici” individuati dall'ANAC nell'aggiornamento delle Linee guida n. 6 recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e carenze esecutive di precedente contratto di appalto significative per l'esclusione di cui all'art. 80, co. 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016». La Commissione ha tuttavia colto l'occasione per segnalare, in via interlocutoria, alcune ulteriori cruciali modifiche per il corretto funzionamento del quadro normativo.

L'ANAC ha richiesto al Consiglio di Stato un parere sull'aggiornamento del testo delle Linee guida n. 6 recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e carenze esecutive di precedente contratto di appalto significative per l'esclusione di cui all'art. 80, co. 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016». Il nuovo testo è il risultato dell'interlocuzione con alcuni stakeholders (ANCE, Legacoop, ANIP, Consorzio Coarco, AGCM, Consip) e affronta i temi maggiormente critici emersi durante il primo periodo di applicazione delle suddette Linee guida.

La Commissione speciale ha esaminato nel dettaglio le questioni “critiche” individuate dall'ANAC e ha segnalato sia all'ANAC che al DAGL l'opportunità di ulteriori modifiche (anche alla disciplina codicisticia).

1. Tassatività delle fattispecie ostative elencate nell'art. 80, comma, 5 lett. c) del Codice.

La Commissione condivide la scelta effettuata dall'ANAC di non considerare l'elenco di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice, tassativo e automatico. Il Parere evidenzia che la soluzione proposta, infatti, raggiunge «un buon punto intermedio di equilibrio tra le opposte esigenze – da un lato - di certezza del diritto, prevedibilità della decisione e di semplificazione operativa, nonché di garanzia delle imprese appaltatrici, che non devono essere penalizzate per il mero esercizio del diritto costituzionalmente tutelato di difesa in giudizio dei propri diritti e interessi, e – dall'altro lato – di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa».

Se da un lato «non può consentirsi all'amministrazione di escludere automaticamente l'impresa dalla partecipazione alla gara per il solo fatto dell'inadempimento di un precedente contratto o della sussistenza di un contenzioso qualsiasi», per altro verso «non può escludersi ex ante che altri comportamenti gravemente scorretti, ma non tipizzabili a priori in una casistica rigida e tassativa, debbano e possano, con adeguata istruttoria e motivazione, esser presi in considerazione e giustificare il diniego di partecipazione e di contrattazione, poiché, altrimenti opinando, si rischierebbe di imporre all'amministrazione di contattare con soggetti con i quali oggettivamente è venuto a mancare quel minimo legame fiduciario che costituisce il cuore di ogni contratto e rapporto giuridico, non solo tra privati, ma anche riguardo alla pubblica amministrazione».

2. Definitività dell'accertamento del grave illecito professionale.

La Commissione speciale evidenzia preliminarmente che il concetto di “definitività” dell'accertamento del grave illecito professionale non trova una base giuridica né nel diritto interno né euro-unitario e che le difficoltà legate alla sua interpretazione derivano dalla «cattiva redazione del testo della norma primaria di recepimento – che meglio avrebbe fatto a recepire più fedelmente, ovvero semplicemente traducendolo, l'art. 57 della direttiva 24 del 2014 - e dalla oggettiva ambiguità e indeterminatezza dell'attributo della “definitività”, che richiede dunque una preliminare chiarificazione».

In secondo luogo il Parere evidenzia che il concetto di definitività riferito ad atti e provvedimenti amministrativi «appare improprio o, comunque, ambiguo e poco significativo» in quanto «non sembra significare altro che la non utilizzabilità a tali fini di atti ancora solo endoprocedimentali e istruttori, prima che la stazione appaltante abbia assunto un atto di accertamento conclusivo (in tal senso “definitivo”) del relativo procedimento, o l'inutilità, sempre ai suddetti fini interdittivi, di una atto di accertamento per il quale siano aperti i termini di proposizione (o per il quale sia stato proposto) un ricorso gerarchico o in opposizione (non sembra, peraltro, salve le diverse previsioni regolamentari interne alle singole amministrazioni aggiudicatrici, che siano ammessi di regola ricorsi in opposizione o gerarchici avverso quelli che sono i normali atti mediante i quali le stazioni appaltanti possono procedere ai suddetti accertamenti)».

Anche l'attribuzione del concetto di “definitività” alla mancata impugnazione del provvedimento amministrativo o se riferita ai provvedimenti giurisdizionali è “impropria e non risolutiva”, poiché «se è vero che di regola con tale termine si intende designare la pronuncia del giudice avverso la quale non sono ammesse impugnazioni (diverse dalla revisione o dalla revocazione), è anche vero che tale condizione del provvedimento giurisdizionale è designata con altri termini “tecnici” più precisi, riferiti al passaggio in giudicato a alla irrevocabilità (per le sentenze penali). La “definitività” potendo invece ricorrere, nel lessico processuale, anche per significare solo l'avvenuta conclusione di un grado del giudizio o di una sua fase, anche quella cautelare o sommaria (nel processo civile e in quello amministrativo, del resto, la “sentenza non definitiva” è di regola quella, anche pronunciata in primo grado, che dispone incombenti istruttori o adempimenti di rito, non definendo nel merito la controversia e non decidendo “definitivamente” sulle domande delle parti)».

La Commissione pertanto condivide la soluzione dell'ANAC di escludere che la “definitività” possa costituire un requisito o una condizione di operatività della causa di esclusione, potendo bastare un «provvedimento esecutivo» (locuzione che compare nel testo delle linee guida, come integrato con la delibera del Consiglio dell'Autorità dell'11 ottobre 2017, nel par. 2.1: «accertati [gli illeciti professionali gravi] con provvedimento esecutivo», e nella lettera a) del par. 2.2.1.1: «ovvero confermata [la risoluzione anticipata] con provvedimento esecutivo all'esito di un giudizio»). Sebbene queste espressioni non fossero incluse nel testo originario del 2016, né nell'art. 80 del Codice «questo inserimento appare utile poiché chiarisce che gli accertamenti del grave illecito professionale, per avere effetto escludente, devono essere contenuti in provvedimenti o atti della stazione appaltante non contestati o, nel caso di contestazione in giudizio (più frequentemente dinanzi al giudice civile), che non siano stati sospesi nella loro efficacia».

3. Revisione dei reati per i quali il paragrafo 2.2. delle Linee guida prevede la rilevanza della condanna non definitiva.

Il Parere ha evidenziato l'opportunità di modificare il par. 2.2 della bozza di Linee guida, sostituendo le parole «In particolare» con la parola «inoltre» (Rilevano, inoltre, . . .), salvo che «per simmetria e coerenza espositiva, non si vogliano raggruppare “le condanne non definitive per i reati di cui all'art. 80, comma 1, nonché quelle per i seguenti reati” – cui si riferisce il predetto par. 2.2 – in una quarta, apposita classe tipologica cui dedicare un proprio paragrafo».

Una volta inserito, nel paragrafo 2.2 delle Linee guida il richiamo alle condanne non definitive per i reati di cui all'art. 80, comma 1, «sembra superfluo e ripetitivo quanto contenuto nell'ultimo periodo posto a chiusura del capitolo II («Rileva, altresì, quale illecito professionale grave, che la stazione appaltante deve valutare ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c) del codice, la condanna non definitiva per taluno dei reati di cui agli artt. 353, 353-bis, 354, 355 e 356 c.p., fermo restando che le condanne definitive per tali delitti costituiscono motivo di automatica esclusione ai sensi dell'art. 80, comma 1, lett. b) del codice»), atteso che la condanna non definitiva per i reati di cui agli artt. 353, 353 bis, 354, 355 e 356 c.p. è già compresa nel comma 1 dell'art. 80, richiamato nel par. 2.2».

4. Riferibilità dei comportamenti non solo alle persone giuridiche, ma anche alle persone fisiche che ricoprono gli organi societari o i ruoli aziendali.

La Commissione condivide la posizione espressa dall'ANAC, secondo la quale i requisiti di moralità sono necessariamente riferiti alle persone fisiche che rappresentano l'ente. L'art. 80, comma 5, lett. f), del Codice individua quale autonoma causa di esclusione soltanto la fattispecie di cui all'art. 9, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 231 del 2001, ossia il solo caso della sanzione interdittiva del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, sicché «correttamente le linee guida comprendono tra le ipotesi esemplificative del grave illecito professionale le condanne non definitive per i reati previsti dal d.lgs. n. 231 del 2001, salvo che le stesse configurino altra causa ostativa che comporti l'automatica esclusione dalle procedure di affidamento ai sensi dell'art. 80 del codice».

5. Sulla possibile irrilevanza dei comportamenti scorretti “minori” e dei meri ritardi nell'esecuzione del contratto (irrilevanza delle penali non superiori all'1% dell'importo del contratto disposte unilateralmente dall'amministrazione).

La Commissione condivide la proposta dell'ANAC di specificare che i «provvedimenti di condanna al risarcimento del danno, le sanzioni e le penali rilevano se derivano da inadempienze particolarmente gravi o la cui ripetizione sia indice di una persistente carenza professionale», con eliminazione, «dell'obbligo di comunicazione delle penali di importo superiore all'1% del valore del contratto», sicché «le stazioni appaltanti saranno tenute a comunicare esclusivamente le penali che rappresentano inadempienze particolarmente gravi o dimostrative, per la loro ripetitività, di una persistente carenza professionale».

6. Trattamento, riguardo all'appaltatore, dei gravi illeciti professionali dei subappaltatori.

La Commissione condivide la soluzione proposta dall'ANAC (su suggerimento dello stesso Consiglio di Stato contenuto nel Parere del 3 novembre 2016, laddove si era suggerito «Con riferimento ai gravi illeciti commessi dai subappaltatori . . . che quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l'esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni») nella bozza di nuove Linee guida laddove, nel cap. III, dopo il par. 3.1, aggiunge il seguente nuovo paragrafo 3.2: «Con riferimento ai gravi illeciti commessi dai subappaltatori si ritiene che quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l'esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare, ovvero che il concorrente dichiari di rinunciare al subappalto, avendo in proprio i requisiti per eseguire le prestazioni».

7. Decorrenza e durata del periodo di così detta “interdizione”.

La questione concernente la decorrenza e la durata del periodo di cd. “interdizione” è stata risolta dal decreto “correttivo” del 2017 al comma 10 dell'art. 80 del Codice , che ha fissato la durata dell'effetto interdittivo in cinque anni nel caso di sentenza di condanna (salvo diversa previsione contenuta in tale sentenza e salvo che la pena principale sia di durata inferiore) e in tre anni nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna, con decorrenza dalla data dell'accertamento definitivo.

8. Rilevanza ostativa agli illeciti antitrust.

La Commissione evidenzia che una lettura sistematica dell'art. 80 comma 5, lett. c) c.c.p. «rende possibile e ragionevole – e anche rispettoso del principio di proporzionalità - ricomprendere nella clausola aperta di cui al comma 5 anche l'illecito antitrust sanzionato dall'Agcm», in questo modo «recependo l'indicazione facoltizzante (…) nella direttiva 24/2014, all'art. 57.4., lett. d) – e prima ancora nel considerando n. 101 della stessa - e di cui già in passato la Corte di giustizia dell'Unione europea aveva ammesso la possibile rilevanza (sentenza 18 dicembre 2014, in causa C-470/13)». In questo specifico caso, «anche alla luce del già citato art. 7 del d.lgs. n. 3 del 2017 in tema di effetti delle decisioni dell'autorità garante della concorrenza, si giustifica la maggiore garanzia offerta dalla definitività intesa: o quale inoppugnabilità del provvedimento dell'AGCM perché non contestato; ovvero, laddove invece contestato in giudizio, dalla sua conferma in giudizio».

Il Parere sottolinea che tale garanzia non dovrebbe tradursi in un limite consistente per le stazioni appaltanti (tenuto conto del rito fortemente accelerato cui sono sottoposti i giudizi amministrativi avverso i provvedimenti sanzionatori dell'AGCM, come anche quelli dell'ANAC) e che per «giudizio» è «più opportuno intendere quello concernente (ed avente ad oggetto) il merito della sanzione e (…) non si dovrebbe reputare non ancora definitivo il provvedimento sanzionatorio, già passato indenne attraverso il giudizio amministrativo, e su cui sia ancora pendente un ricorso per Cassazione. Questo per evitare un uso strumentale e defatigante di tale rimedio, azionato al solo fine di ritardare ancora per qualche mese, o anche qualche anno, la rilevanza escludente dell'illecito antitrust».

9. Rilevanza delle «pratiche commerciali scorrette».

Il Parere evidenzia che non risulta adeguatamente affrontata nella bozza di Linee guida dell'ANAC la questione delle «pratiche commerciali scorrette» rilevanti agli effetti dell'esclusione dalla gara e invita l'ANAC «a svolgere un ulteriore approfondimento volto a meglio specificare e delimitare questa casistica, ove davvero rilevante, oppure ad eliminare il rifermento alle pratiche commerciali scorrette».

10. Risoluzione «anticipata» del contratto.

Il Parere evidenzia l'opportunità di correggere sia l'art. 80 del Codice (inviando la segnalazione al DAGL) laddove parla di «risoluzione anticipata» e di omettere comunque, nel corpo delle Linee guida, la parola «anticipata» abbinata a «risoluzione» in quanto «sarebbe necessario precisare che la risoluzione che assume rilevanza in questa sede è quelle per inadempimento grave ai sensi dell'art. 1455 c.c., come anche dell'art. 108, comma 3, del codice dei contratti».

11. Sui mezzi di prova “adeguati” per provare gli errori commessi: cruciale e necessario un intervento dell'ANAC.

Il Parere non condivide la soppressione dell'intero capitolo IV delle Linee guida, rubricato «I mezzi di prova adeguati» giustificata dall'ANAC - in ragione dell'avvenuta adozione del regolamento per la gestione del Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”. La Commissione sottolinea che il comma 13 dell'art. 80 demanda alle Linee guida “il compito di precisare testualmente «quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lett. c».

Il Parere ribadisce che è rimasta «poco o per nulla approfondita» la questione di cosa intendere per «mezzi di prova adeguati» e il «riparto dell'onere della prova tra la stazione appaltante e i concorrenti».

In questa prospettiva viene suggerito di precisare il rapporto tra le Linee guida e la banca dati nazionale degli operatori economici (BDOE) di cui all'art. 81 del Codice (il cui Decreto attuativo è ancora in itinere, ma sulla cui proposta hanno già reso i loro rispettivi pareri sia l'ANAC che la Commissione speciale del Consiglio di Stato il 27 aprile 2018, con Parere n. 1126).

In attesa dell'istituzione della suddetta banca dati – evidenzia il Parere - l'ANAC «continua a far leva su di una sorta di previsione di chiusura o clausola di salvezza, al punto 4.2, che presuppone che le stazioni appaltanti vengano a conoscenza, per altra via, della sussistenza di una causa di esclusione», ma simile previsione «per quanto da un canto potrebbe apparire opportuna, dall'altro canto poco si concilia con il sistema dei mezzi di prova che, all'indomani dell'adozione del codice, era sembrato ispirato al principio di tassatività; senza peraltro offrire il benché minimo chiarimento su quali potrebbero essere le fonti di prova alternative».

Il Parere evidenzia che si tratta di un punto «specifico ma evidentemente cruciale, in ordine al quale si rende necessario, ad avviso di questa Commissione, che l'ANAC fornisca maggiori chiarimenti, essenzialmente a beneficio delle stazioni appaltanti e degli operatori economici, che debbono poter contare su di un di un quadro probatorio più definito».

12. Self-cleaning.

L'ultima osservazione del Parere riguarda le misure di self-cleaning, rimaste immutate nelle Linee guida rispetto alla versione approvata ad ottobre del 2017. La Commissione ha tuttavia evidenziato l'opportunità di una nuova revisione del testo «per inserire, al punto 6.3, magari nel (o dopo il) sotto numero 3, (tra tali misure) il promovimento di azioni di responsabilità nei confronti degli organi societari, a cominciare da amministratori e sindaci» in quanto «l'esperienza dimostra, infatti, come in più di un caso le sole dimissioni o la revoca di tali soggetti non valgano a dimostrare la reale (e sincera) dissociazione dell'ente, ricavabile piuttosto dall'avvio di azioni risarcitorie quale segno di un'effettiva scelta di campo».

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