Il controllo sulla sussisenza dei requisiti per ricorrere all’in house deve essere effettuata in concreto

Redazione Scientifica
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19 Novembre 2018

Il controllo analogo richiesto per configurare l'in house providing si sostanzia in un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della società controllata, tale per cui quest'ultima, pur costituendo una...

Il controllo analogo richiesto per configurare l'in house providing si sostanzia in un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti della società controllata, tale per cui quest'ultima, pur costituendo una persona giuridica distinta dall'ente pubblico partecipante, in realtà ne costituisce una mera articolazione organizzativa priva di effettiva autonomia (cfr. ex multis: Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza 13 novembre 2008, C-324/07, Coditel Brabant SA). In questa prospettiva occorre verificare se sulla base dei diritti amministrativi inerenti allo strumento partecipativo sussista effettivamente un potere di controllo.

La sussistenza del potere di controllo non può essere affermata sulla sola base di diritti amministrativi connessi allo strumento partecipativo, quali la nomina del direttore del ramo d'azienda per un servizio e nell'obbligo di sottoscrivere con un contratto di rete, mancando la prova che la nomina di una figura di rilievo prettamente operativo quale il direttore generale di un ramo d'azienda e, in aggiunta a ciò, la stipula di un contratto avente ad oggetto le modalità di gestione del servizio, abbiano attribuito una posizione di dominio.

Tanto meno questa prova può ricavarsi dal diritto riconosciuto dall'art. 2376 cod. civ. ai possessori di «strumenti finanziari che conferiscono diritti amministrativi» di approvazione delle delibere dell'assemblea della società emittente «che pregiudicano i diritti» in questione. Si tratta infatti di un potere di condizionamento della gestione strettamente funzionale al mantenimento dei diritti amministrativi originariamente connessi allo strumento partecipativo, che dunque non esorbita dai limiti oggettivi di questi ultimi.

Le condizioni di legittimità dell'affidamento in house devono essere valutate al momento in cui lo stesso è disposto, senza che abbiano rilievo modifiche intervenute successivamente (sentenza del 30 aprile 2018, n. 2599).

Dell'in house providing è informata l'elaborazione dell'istituto sin dalla sentenza Teckal della Corte di giustizia dell'Unione europea del 18 novembre 1999 (C-107/98), ed in forza del quale occorre verificare la reale sostanza dei fenomeni, al di là delle forme utilizzate, per cui anche una società con personalità giuridica distinta dall'ente pubblico detentore del relativo capitale sociale può essere considerata un'articolazione organizzativa di quest'ultimo, al pari di quelli tradizionali di stampo burocratico, se soggetta ad un potere di influenza dominante dello stesso ente pubblico e se operante esclusivamente (ora con il correttivo di un 20% a favore di terzi) nei confronti del medesimo. In tale prospettiva vanno pertanto considerati tutti i settori in cui la società partecipata opera, anche attraverso le proprie partecipate, in posizione di controllo ai sensi del più volte citato art. 2359 cod. civ., per cui con specifico riguardo al requisito dell'attività prevalente va considerato il fatturato a livello consolidato e non già quello prodotto dalla sola capogruppo.

In tale esame ed analisi, per quel che concerne il requisito del fatturato, questo non deve essere considerato esclusivamente con riferimento a quello della società in house ma anche a quello delle società da quest'ultima controllate.

Il comma 7 dell'art. 5, d.lgs. n. 50 del 2016, prevede che ai fini del rispetto del limite dell'80% (rectius: oltre l'80%) occorre avere riguardo al «fatturato totale medio» o «una idonea misura alternativa basata sull'attività, quale i costi sostenuti dalla persona giuridica», nei tre anni precedenti l'affidamento del servizio. L'ipotesi prefigurata dal legislatore è da riferire a quella tipica della singola società in house priva di ulteriori partecipazioni in altre società; essa va pertanto coordinata con le regole sul controllo societario e sulle implicazioni da essa derivanti ai fini della verifica in ordine ai presupposti dell'in house providing.

La norma è formulata in termini di parziale tassatività. Infatti, oltre al riferimento «fatturato totale medio», che in sé non esclude sul piano letterale che possa a tal fine essere computato anche quello prodotto da tutte le società del gruppo facente capo all'ente in house, è prevista l'ipotesi della «idonea misura alternativa basata sull'attività», da riferire a settori in cui quest'ultimo opera, non esclusi quelli di competenza delle società del gruppo, ed in via esemplificativa menziona a tale riguardo i «costi sostenuti dalla persona giuridica», nei quali sono annoverabili anche quelli di sottoscrizione del capitale delle società controllate ex art. 2359 cod. civ., come tali rientranti nell'unitario gruppo economico.

L'art. 16, comma 3-bis, del testo unico sulle società pubbliche, prevede che «la produzione ulteriore rispetto al limite di fatturato di cui al comma 3», ovvero di oltre l'80% di fatturato realizzato nello svolgimento dei compiti affidati dagli enti pubblici partecipanti, è consentita a condizione che la stessa produzione «permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attività principale della società». Lungi dal costituire espressione di un favore del legislatore per una supposta vocazione commerciale della società in house, il vincolo funzionale così previsto dal comma 3-bis costituisce un ulteriore limite al ricorso all'istituto dell'in house providing rispetto ai presupposti per esso a livello sovranazionale (cfr. i pareri resi dal Consiglio di Stato sullo schema di testo unico sulle società partecipate e sul relativo correttivo di cui al decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 100: pareri della commissione speciale in data 21 aprile 2016, n. 968; § 14.4; e in data 14 marzo 2017, n. 638; § 3, sub «articolo 16»).

Occorre valutare la convenienza dell'affidamento del servizio secondo lo schema dell'in house rispetto all'alternativa costituita dal ricorso al mercato, per cui è onere dell'autorità amministrativa affidante quello di rendere comunque comparabili i dati su cui il confronto viene svolto. A questo scopo è necessario fornire dati di dettaglio in grado di stabilire, poste le differenti caratteristiche del servizio, se quello da affidare è in grado di realizzare gli obiettivi di legge di convenienza economica, qualità ed efficienza del servizio.