Grave illecito professionale e moratoria dalla partecipazione alle gare pubbliche

Redazione Scientifica
22 Novembre 2018

L'art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE stabilisce, in relazione al periodo massimo di esclusione nel caso di mancata adozione di misure di self cleaning, che “se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale...

L'art. 57, § 7, della direttiva 2014/24/UE stabilisce, in relazione al periodo massimo di esclusione nel caso di mancata adozione di misure di self cleaning, che “se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al paragrafo 1 e tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al paragrafo 4”, tra i quali il grave illecito professionale.

La legislazione interna attuativa della direttiva -e specificamente il testo originario dell'art. 80, co. 10, d.lgs. n. 50 del 2016- presenta sul punto in questione una lacuna che -a causa dell'incompleto recepimento della direttiva entro il termine all'uopo concesso- va colmata facendo diretta applicazione della disposizione euro-unitaria. Ed invero, sussistono tutte le condizioni perché ad essa sia riconosciuta efficacia immediata nei rapporti tra i singoli e lo Stato (o i soggetti a questo equiparati, quali i Comuni e comunque le pubbliche amministrazioni appaltanti: cfr., tra le altre, C. giust., 22.6.1989, C-103/88, Fratelli Costanzo e C. giust., 12.7.1990, C-188/89, Foster), in quanto pone un precetto sufficientemente chiaro e preciso (cfr. già C. giust., 19.1.1982, C-8/81, Becker), che, alle condizioni date (mancata adozione di misure di self cleaning e mancata condanna con sentenza definitiva), è immediatamente applicabile, anche senza l'intervento di atti di recepimento di diritto interno.

Pertanto, va affermato che nella vigenza dell'art. 80, co.10, del d.lgs. n. 50 del 2016, prima dell'entrata in vigore della modifica apportata dal d.lgs. n. 56 del 2017, il periodo di esclusione per grave illecito professionale consistito nelle significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, in applicazione diretta della direttiva 2014/24/UE, art. 57, § 7, ha durata triennale dalla data del fatto, vale a dire dalla data di adozione della determinazione dirigenziale di risoluzione unilaterale.

Successivamente il d.lgs. n. 56 del 19 aprile 2017 ha aggiunto l'ultimo inciso del comma 10 dell'art. 80 nel testo attualmente vigente, stabilendo che la durata della portata escludente del “grave illecito professionale” è fissata in tre anni decorrenti dalla “data del suo accertamento definitivo, nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna”.

Tale innovazione legislativa non ha efficacia retroattiva e non è, perciò, applicabile alle procedure di gara indette prima dell'entrata in vigore del decreto correttivo (20 maggio 2017). Tuttavia, la conseguenza applicativa deve tener conto del fatto che –come chiarito anche dal Consiglio di Stato nel parere n. 2042/2017 del 25 settembre 2017 (reso in vista dell'aggiornamento delle Linee guida ANAC n. 6/2016 su citate)– la norma sopravvenuta ha recepito la previsione, contenuta nella direttiva, del termine triennale, ma ne ha reso più certo il dies a quo, ancorando lo stesso alla data dell'<<accertamento definitivo>> del fatto piuttosto che alla data del “fatto”. Le Linee guida ANAC n. 6 aggiornate con la deliberazione n. 1008 dell'11 ottobre 2017 hanno poi fornito un'indicazione meno restrittiva, individuando quale data di “accertamento definitivo” quella dell'accertamento con provvedimento esecutivo all'esito di un giudizio, vale a dire -per quanto riguarda “le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto” - del giudizio civile eventualmente instaurato dall'impresa per contestare la risoluzione contrattuale.

In sintesi, la norma sopravvenuta dell'art. 80, co. 10, non deroga affatto alla previsione della direttiva in termini più favorevoli all'operatore economico colpito dalla risoluzione anticipata di un precedente contratto, ma anzi produce per quest'ultimo un effetto di maggior sfavore di quello che si avrebbe con l'applicazione diretta della disposizione comunitaria nel caso in cui la risoluzione anticipata sia contestata in giudizio, in quanto sposta in avanti il termine di decorrenza della durata ostativa.

In riferimento all'omessa dichiarazione dell'esclusione da una precedente gara di appalto, per potersi ritenere integrata la causa di esclusione dell'art. 80, co. 5, lett. c), del d. lgs. n. 50 del 2016 (“omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”), è necessario che le informazioni di cui si lamenta la mancata segnalazione risultino, comunque, dal Casellario informatico dell'ANAC, in quanto solo rispetto a tali notizie potrebbe porsi un onere dichiarativo ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento, così come è stato chiarito dalle Linee guida dell'ANAC n. 6/2016, al punto 4.6. Con la precisazione che “eventuali esclusioni da precedenti procedure di gara, per quanto siano state accertate dal giudice amministrativo, assumono pertanto rilevanza solo se e fino a quando risultino iscritte nel Casellario, per gli effetti e con le modalità previste nell'art. 80, comma 12, del d. lgs. n. 50 del 2016, qualora l'ANAC ritenga che emerga il dolo o la colpa grave dell'impresa interessata, in considerazione della importanza o della gravità dei fatti (v., sul punto, anche Cons. St., sez. V, 4 luglio 2017, nn. 3257 e 3258)” (così Cons. Stato, V, n. 2063/18 e id., III, n. 4266/2018 cit.).

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