Tutela del know-how e primazia dell'accesso “difensivo”

Leonardo Droghini
26 Novembre 2018

Il Collegio ha affrontato la questione concernente il rapporto tra tutela dei segreti commerciali e accesso difensivo, come disciplinati dall'art. 53, comma 5, lett. a) e 6 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Massima

Le dichiarazioni di riservatezza che ai sensi dell'art. 53, co. 5, lett. a) deld.lgs. n. 50 del 2016 escludono dall'accesso i segreti tecnici o commerciali, devono essere non generiche o astratte, ma analitiche, motivate e comprovate. In ogni caso, il co. 6 dell'art. 53 dispone la prevalenza dell'accesso difensivo sulle contrapposte esigenze di tutela del segreto tecnico e commerciale, se azionato “in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”.

Il caso

L'impresa seconda classificata nella gara per l'istituzione di un Accordo Quadro avente ad oggetto la fornitura di convogli a trazione diesel-elettrica per il servizio ferroviario regionale, impugnava il provvedimento di aggiudicazione e chiedeva, ai sensi dell'art. 116, co. 2 c.p.a., l'accesso a tutti gli atti e documenti di gara e, in particolare, all'intera offerta tecnica ed economica dell'aggiudicataria.

Nella specie, l'istanza di accesso agli atti di gara era stata accolta dalla stazione appaltante limitatamente ad alcune parti dell'offerta tecnica, con lo stralcio di quelle per le quali il controinteressato aveva espresso il diniego all'accesso in ragione della presenza di segreti di natura tecnica e commerciale ai sensi dell'art. 53, co. 5, lett. a) del D.lgs. n. 50 del 2016.

La questione

Il Collegio ha affrontato la questione concernente il rapporto tra tutela dei segreti commerciali e accesso difensivo, come disciplinati dall'art. 53, co. 5, lett. a) e 6 del d.lgs. n. 50 del 2016, chiarendo presupposti, operatività e limiti della richiamata esclusione oggettiva all'accesso.

Le soluzioni giuridiche

Il Tar ha accolto il ricorso ritenendo che la stazione appaltante non abbia correttamente valutato sia la effettiva sussistenza di segreti industriali o commerciali, sia la configurabilità, pure prospettata dalla ricorrente, dell'ipotesi prevista dal co. 6, dell'art. 53, ove si stabilisce che «In relazione all'ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l'accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto».

La possibilità di sottrarre i segreti tecnici o commerciali alla regola dell'accesso, in base all'art. 53, co. 5, lett. a), d.lgs. n. 50/2016, è condizionata al rilascio di «motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente», il cui contenuto deve poi essere verificato dall'amministrazione. Pertanto, le dichiarazioni di riservatezza devono essere non generiche o astratte, ma analitiche, motivate e comprovate.

Il Collegio ha ritenuto l'opposizione della controinteressata non coerente con la richiamata previsione, non essendo sufficientemente argomentata e circostanziata con riguardo alle parti indicate nella nota di opposizione e alle ragioni per cui dette parti integrerebbero segreto industriale o commerciale.

In ogni caso, la tutela dei segreti industriali è recessiva rispetto al diritto di accesso esercitato dal ricorrente, riconducibile alla categoria generale dell'accesso difensivo di cui al co. 7 dell'art. 24, l. n. 241 del 1990, secondo cui l'accesso è comunque garantito quandonecessario«per curare o per difendere i propri interessi giuridici». Il co. 6 dell'art. 53, pur presentando tratti di specialità rispetto alla disciplina generale richiamata, conferma la prevalenza dell'accesso difensivo sulle contrapposte esigenze di tutela del segreto tecnico e commerciale, se azionato «ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto».

Sulla base di queste considerazioni, il Collegio ha annullato il diniego, ma, pur non disconoscendo il fatto che il giudizio in materia di accesso è rivolto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all'accesso nella specifica situazione, non ha ordinato l'esibizione dei documenti richiesti, ritenendo che spetti «alla stazione appaltante verificare in sede procedimentale la sussistenza dei presupposti legittimanti il c.d. “accesso difensivo”, «invocato dalla ricorrente, sulla base dell'analisi delle eventuali dichiarazioni di riservatezza…, del loro effettivo contenuto e delle contrapposte esigenze di tutela giurisdizionale palesate dalla ricorrente, secondo la previsione del citato art. 53, comma 6».

Osservazioni

Il mondo degli appalti, più di altri settori, è connotato da serie esigenze di limitazione temporanea o oggettiva del diritto di accesso, che hanno determinato l'introduzione di una disciplina speciale, caratterizzata da particolari limiti soggettivi e oggettivi all'accessibilità; una sorta di microsistema normativo, collegato alla peculiarità del settore considerato (si pensi anche all'attuale dibattito sulla ammissibilità dell'accesso civico generalizzato).

La sentenza in commento contribuisce a definire l'ambito di operatività del limite concernente la tutela dei segreti tecnici e commerciali, fornendo utili indicazioni operative con riguardo a due profili: uno relativo alle dichiarazioni sulla sussistenza di segreti nell'offerta; l'altro attinente alla prevalenza dell'accesso difensivo.

I segreti commerciali che limitano l'accesso, anzitutto, devono essere non meramente asseriti, ma effettivamente sussistenti ed emergere da una dichiarazione dell'offerente che sia analitica, motivata e comprovata. Si vuole così condivisibilmente evitare che l'offerente possa erigere facili barriere all'accesso semplicemente invocando l'esistenza di non meglio specificati segreti. Nondimeno, è da rilevare che potrebbe essere contraddittorio richiedere eccessivi e dettagliati particolari sugli aspetti da mantenere riservati (al fine di giustificare il segreto), essendo evidente che, in tal modo, l'impresa sarebbe costretta a compromettere essa stessa la prospettata riservatezza.

Ad ogni modo, la sentenza ha ricordato che è compito dell'amministrazione esaminare il concreto contenuto della dichiarazione di riservatezza e valutare se gli aspetti indicati come segreti commerciali siano effettivamente tali, non essendo possibile per la p.a. negare acriticamente l'accesso rinviando alla opposizione del controinteressato.

Venendo al secondo profilo, laddove sia accertata la concreta sussistenza di informazioni riservate, queste sono comunque destinate a recedere a fronte di una istanza di accesso difensivo, in base a quanto previsto al co. 6 dell'art. 53; disposizione che opera, sul piano soggettivo, in relazione al solo concorrente e sempre che, sul piano oggettivo, si tratti di una difesa giudiziale (a differenza di quanto prevede il co. 7 dell'art. 24, l. n. 241 del 1990) afferente specificamente alla procedura di affidamento del contratto.

La giurisprudenza maggioritaria ritiene che la normativa richiamata – diversamente dall'accesso ex l. 241/90, in cui è esclusa la valutazione sull'utilizzo che il privato intenda fare del documento - imponga di accertare il nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell'istanza di accesso e le esigenze difensive, attraverso un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, alla stregua di una sorta di prova di resistenza, al fine di evitare che la domanda di accesso, lungi dal mirare all'effettivo perseguimento di finalità difensive, risulti piuttosto finalizzata al solo scopo di acquisire per tale via informazioni commerciali di carattere riservato (contra, si v. TAR Sicilia, sez. II, 10 settembre 2018 , n. 1916; TAR Puglia, sez. III, 20 giugno 2017, n. 679).

La sentenza, nella parte in cui non condanna la p.a. alla ostensione dei documenti richiesti - ritenendo che spetti «alla stazione appaltante verificare in sede procedimentale la sussistenza dei presupposti legittimanti il c.d. “accesso difensivo», sulla base delle dichiarazioni di riservatezza edelle esigenzedi tutela giurisdizionaledella ricorrente - sembra aderire a tale orientamento.

Non è chiaro, però, perché tale verifica spetti all'amministrazione, considerato che il g.a., nel rito sull'accesso, ben potrebbe compiere egli stesso la valutazione, e, nel caso di specie, il carattere incidentale dell'istanza ostensiva deporrebbe univocamente nel senso della strumentalità dell'accesso alla tutela degli interessi della ricorrente (se non altro per proporre motivi aggiunti), seconda classificata nella procedura impugnata.

Sul punto, comunque, sembra corretto ritenere che il giudizio sull'utilità dei documenti debba intendersi nel senso della “pertinenza” degli stessi rispetto al thema decidendum delineato con la domanda di annullamento (ove già proposta) o, più in generale, rispetto alla piena esplicazione delle facoltà difensive del richiedente. Non dovrebbe invece essere ammessa alcuna valutazione preventiva sulla utilità effettiva dei documenti rispetto all'accoglimento della domanda e al conseguimento del bene della vita, trattandosi di profili cognitori travalicanti l'oggetto del giudizio sull'accesso e attinenti a quello del giudizio principale (in termini, Cons. St., sez. III, 11 ottobre 2017, n. 4724).

In questo senso, la verifica della stazione appaltante sarebbe funzionale ad escludere quelle informazioni (segrete) dell'offerta che non sono state oggetto di positiva valutazione a favore del controinteressato e che, in quanto tali, rappresentano elementi conoscitivi irrilevanti ai fini della difesa giudiziale.

Guida all'approfondimento

F. CARINGELLA M. PROTTO, Commento art. 53, in Il codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Dike, Roma, 2017, 275.

V. GASTALDO, Il diritto di accesso nel settore degli appalti pubblici e gli obblighi di trasparenza delle stazioni appaltanti, in Urb. e app., 2014, 10, 1005.

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