Aggiudicazione provvisoria e revoca per motivi di interesse pubblico del project financing

Benedetta Barmann
26 Novembre 2018

Non sussiste l'interesse concreto e attuale dell'aggiudicataria provvisoria di una procedura di affidamento in project financing a impugnare la revoca dei relativi atti motivata sotto i profili della necessità di aderire alla convenzione Consip e in relazione alla sussistenza di conseguenti risparmi per la P.A., giacché dall'eventuale annullamento la ricorrente non trarrebbe alcun beneficio diretto; né può invocare la violazione dell'affidamento in assenza dell'atto conclusivo del procedimento e vista l'elevata alea imprenditoriale che connota il procedimento di project financing.

Il caso. La pronuncia trae origine dalla revoca di una procedura di project financing. In particolare, con delibera di Giunta Comunale adottata ai sensi dell'art. 153, co. 19, del D.Lgs. n. 163 del 2006, il Comune di Sammichele di Bari, previa approvazione del relativo progetto preliminare, dichiarava di pubblico interesse la proposta di project financing formulata dalla società ricorrente, avente ad oggetto «Impianti di pubblica illuminazione e lampade votive - intervento finalizzato a generare risparmi di natura energetica e gestionale, messa in sicurezza, contenimento inquinamento luminoso, adeguamento normativo, manutenzione e gestione». A seguito di ciò, veniva indetta la conseguente procedura di gara ad evidenza pubblica che si concludeva con l'aggiudicazione provvisoria dell'affidamento in concessione del servizio in favore della ricorrente.

Successivamente, l'ANAC, nell'esercizio dei propri poteri di vigilanza, contestava le motivazioni poste dal Comune a fondamento della decisione di procedere all'affidamento del suddetto servizio mediante project financing, anziché avvalersi della convenzione Consip già predisposta per tale specifica tipologia di affidamenti. Nello specifico, venivano rilevate talune criticità, rimettendosi «all'indagine dell'amministrazione comunale il rinvenimento e la dimostrazione di un superiore interesse pubblico alla conservazione degli atti della procedura».

Di conseguenza l'Amministrazione, manifestando piena adesione alla individuazione delle problematiche così come rappresentate dall'Autorità di vigilanza, con delibera del Consiglio Comunale dava indirizzo di revocare tutti gli atti relativi all'affidamento in concessione del servizio in questione mediante project financing e di aderire alla corrispondente convenzione Consip.

In esecuzione di tale provvedimento, il Responsabile dell'Area Tecnica disponeva l'avvio del procedimento di affidamento del servizio di gestione degli impianti di pubblica illuminazione per la durata di nove anni, a decorrere dalla sottoscrizione della convenzione, mediante l'adesione alla convenzione Consip e, successivamente, provvedeva a revocare in autotutela, ex art. 21-quinquies della L. n. 241 del 1990, sia la Determinazione dell'Area Tecnica recante l'indizione della procedura di gara mediante finanza di progetto di cui all'art. 153, co. 19, del D.Lgs. n. 163 del 2006, sia la nota avente ad oggetto la comunicazione dell'aggiudicazione provvisoria in favore della società ricorrente.

Quest'ultima, pertanto, proponeva ricorso dinanzi al Tar avverso i suddetti provvedimenti (ad eccezione della delibera del Consiglio), lamentando vari vizi, tra cui «eccesso di potere per errore nei presupposti, travisamento dei fatti, motivazione carente ed incongrua, mancata comparazione degli interessi pubblici e privati coinvolti, violazione dei principi che, ai sensi dell'art. 21 quinquies della Legge n. 241/1990, devono soprassedere all'adozione di un atto di revoca».

I giudici ritengono il ricorso manifestamente inammissibile sotto due diversi profili. Anzitutto, ravvisano la mancata tempestiva impugnazione della delibera del Consiglio comunale. Difatti, si legge che «la volontà amministrativa di revocare gli atti relativi alla iniziativa di finanza di progetto di cui al caso di specie, ivi compresa l'aggiudicazione provvisoria della stessa, è stata univocamente e definitivamente cristallizzata nella suddetta delibera. Le successive determinazioni del Responsabile dell'Area Tecnica hanno costituito una mera esecuzione ed applicazione di quanto disposto in quella sede». Pertanto, la società ricorrente avrebbe dovuto impugnare tempestivamente tale provvedimento per farne valere eventuali vizi.

Sotto il secondo profilo, il Tar afferma l'inammissibilità del ricorso anche sotto il profilo della carenza di interesse ad agire. Come è noto, su un piano generale, l'interesse ad agire - sancito dall'art. 100 c.p.c. - è scolpito nella sua tradizionale definizione di «bisogno di tutela giurisdizionale», nel senso che il ricorso al Giudice deve presentarsi come indispensabile per porre rimedio allo stato di fatto lesivo per cui si chiede tutela in giudizio. Nel processo amministrativo, pertanto, l'interesse a ricorrere è tipicamente caratterizzato dagli stessi elementi strutturali e funzionali dell'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c., ossia la allegazione di una lesione concreta ed attuale alla sfera giuridica di chi agisce in giudizio e l'utilità positiva che il medesimo potrebbe ragionevolmente ritrarre dall'annullamento del provvedimento impugnato. Se l'annullamento richiesto non è in grado di arrecare alcun vantaggio sostanziale al ricorrente, neppure di carattere strumentale e procedimentale, la relativa domanda deve essere conseguentemente considerata inammissibile (cfr. inter plures, Cons. St., Sez. V, n. 2439/2014).

Nel caso di specie, i giudici ritengono che «la società, in qualità di aggiudicataria provvisoria, non è titolare di un interesse concreto ed attuale alla proposizione del ricorso avverso il provvedimento di revoca, dal momento che, nelle pubbliche gare, di per sé l'aggiudicazione provvisoria è espressione di una scelta non ancora definitiva del soggetto affidatario, inidonea a ingenerare un affidamento tutelabile e/o obblighi risarcitori, qualora non sussista alcuna illegittimità nell'operato dell'Amministrazione ed in assenza di ulteriori elementi di fatto».

Inoltre, osservano che «anche laddove venissero annullati gli atti impugnati, la ricorrente non ne trarrebbe alcun vantaggio immediato e diretto. Infatti, in nessun caso l'annullamento dei provvedimenti impugnati potrebbe condurre sic et simpliciter all'affidamento del servizio in favore della M., se solo si considera che non sussiste per l'Amministrazione alcun obbligo di aggiudicare definitivamente la concessione dell'affidamento in esame in regime di project financing alla detta società per il solo fatto che risulta essere stata antecedentemente disposta l'aggiudicazione provvisoria in favore della medesima, essendo, peraltro, palesemente venuta meno la volontà politico-gestionale-amministrativa precedentemente espressa da una antecedente configurazione della medesima Amministrazione comunale».

Infine, ad abundantiam, i giudici considerano il ricorso comunque infondato nel merito. Si legge, difatti, che «posto che l'aggiudicazione provvisoria non è l'atto conclusivo del procedimento, non è prospettabile alcun affidamento giuridicamente tutelabile del destinatario, con conseguente esclusione di qualsiasi pretesa risarcitoria o indennitaria, non essendo in alcun modo ammissibile che la mera proposizione di una idea di finanza di progetto da parte di un operatore privato si trasformi in uno strumento di potenziale lucro indiretto per le imprese proponenti, in particolare a titolo di ritenuta responsabilità precontrattuale». In altri termini, la presentazione di un intervento di finanza di progetto ad un Ente pubblico comporta un livello di rischiosità imprenditoriale più elevato della media della usuale attività di impresa, in quanto si sostanzia in una iniziativa economica di tratto spiccatamente privatistico volta alla configurazione di un peculiare assetto del pubblico interesse economico in uno specifico settore, ideato e pianificato da parte dell'impresa privata fattasi autonomamente avanti con un apposito progetto in materia.

Non risulta, dunque, sussistere nel caso di specie alcun deficit motivazionale, essendo state diffusamente illustrate le ragioni di pubblico interesse che imponevano la revoca degli atti di project financing in esame, anche a mezzo di una puntuale valutazione dei costi che, per quanto svolta in chiave di cooperazione congiunta fra gli uffici dell'Amministrazione resistente e l'organizzazione dell'impresa controinteressata, è giunta all'individuazione di un differenziale di per sé così elevato fra la vecchia e la nuova opzione di affidamento da determinare oggettivi dubbi sull'opzione per la finanza di progetto in un primo momento perseguita dal Comune.

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