Sentenza di non doversi procedere. La parte civile ha diritto al ristoro delle spese di costituzione?

28 Novembre 2018

In un procedimento conclusosi in primo grado con sentenza di non doversi procedere nei confronti degli imputati per intervenuta prescrizione, ex art. 129 c.p.p., il Collegio non dispone nulla in merito alle spese di costituzione della parte civile, nonostante le conclusioni scritte e la nota spese depositate dalla questa, ove si chiedeva altresì la liquidazione delle spese di costituzione sin dall'udienza preliminare. È ammissibile per la parte civile proporre appello lamentando la mancanza assoluta di motivazione sul punto nella sentenza di primo grado?

In un procedimento conclusosi in primo grado con sentenza di non doversi procedere nei confronti degli imputati per intervenuta prescrizione, ex art. 129 c.p.p., il Collegio non dispone nulla in merito alle spese di costituzione della parte civile, nonostante le conclusioni scritte e la nota spese depositate dalla questa, ove si chiedeva altresì la liquidazione delle spese di costituzione sin dall'udienza preliminare.

È ammissibile per la parte civile proporre appello lamentando la mancanza assoluta di motivazione sul punto nella sentenza di primo grado?

Ha diritto la costituita parte civile a vedersi riconoscere il ristoro delle spese di giudizio per la costituzione?

Al quesito è possibile rispondere richiamando innanzitutto l'art. 541, comma 1, c.p.p., in base al quale: «Con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, il giudice condanna l'imputato e il responsabile civile in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale».

La parte civile può quindi ottenere la rifusione delle spese inerenti la costituzione (tra cui le spese legali) soltanto a fronte dell'accoglimento nel merito della domanda di restituzione o risarcimento del danno.

Tale situazione non si verifica nel caso in cui il giudice di primo grado abbia pronunciato sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Si tratta, del resto, di una sentenza di proscioglimento e non di condanna nei confronti dell'imputato, che non spiega effetti di natura civilistica.

L'unica eccezione è data dall'art. 578 c.p.p.secondo cui: «Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili».

Dando una lettura a contrario della previsione in esame, si comprende che un vero e proprio obbligo per il giudice di statuire sulle questioni civilistiche (tra cui le spese processuali della parte civile) sussiste soltanto nel caso in cui vi sia stata una sentenza di condanna in primo grado e il reato si sia prescritto nelle more del giudizio di secondo grado o di legittimità.

Non appare dunque fondata la pretesa inerente la mancata pronuncia da parte del giudice di primo grado sulle spese legali, non essendo comunque richiesta dal codice di rito.

Di conseguenza, l'eventuale proposizione dell'atto d'appello ai fini civili avente ad oggetto tale doglianza potrebbe essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza o carenza di interesse ex art. 591 c.p.p.

Ciò non esclude che in sede civile si possa comunque chiedere tra le varie poste di danno anche quelle relative alle spese legali sostenute nel processo penale in cui vi era stata costituzione di parte civile.

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