L'applicazione della moral suasion nell'esercizio del potere di avocazione

Marina Ingoglia
30 Novembre 2018

Le modifiche introdotte dall'art. 1, comma 30, legge 103/2017, in tema di termini di durata massima delle indagini preliminari (art. 407, comma 3-bis, c.p.p.) e di avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell'azione penale (art. 412, comma 1, prima parte, c.p.p.) rispondono alla necessità reclamata da tempo di dare un rinnovato impulso...
Abstract

Le modifiche introdotte dall'art. 1, comma 30, legge 103/2017, in tema di termini di durata massima delle indagini preliminari (art. 407, comma 3-bis, c.p.p.) e di avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell'azione penale (art. 412, comma 1, prima parte, c.p.p.) rispondono alla necessità reclamata da tempo di dare un rinnovato impulso alle indagini rimettendo il monitoraggio sul loro andamento al procuratore generale, siccome investito ex art. 6 d.lgs. 106/2006, del potere di vigilanza e di sorveglianza al fine di verificare il corretto e uniforme esercizio dell'azione penale in termini di razionalità e di efficienza e al fine di garantire la durata ragionevole del procedimento.

La nuova disciplina dell'avocazione ex l. 103/2017

Come è noto, in data 3 agosto 2017, è entrata in vigore la novella legislativa contemplata dall'art. 407, comma 3-bis c.p.p., che introduce nuove formalità di trasmissione alla Procura Generale dell'elenco dei procedimenti scaduti e non ancora definiti o dei procedimenti per i quali è intervenuto l'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p. ma non è stata ancora esercitata l'azione penale.

Invero, il nuovo art. 407, comma 3-bis,c.p.p., unitamente al nuovo comma 1 dell'art. 412 c.p.p., prevede il seguente procedimento in cui, fermo restando il divieto di utilizzabilità degli atti compiuti dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari ( non essendo stato modificato il comma 3):

a) il pubblico ministero «In ogni caso […] è tenuto a chiedere l'archiviazione oppure ad esercitare l'azione penale, entro tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini e, comunque, dalla scadenza dei termini di cui all'articolo 415-bis». Il termine è di 15 mesi per i più gravi reati di cui al comma 2, lett. a), nn. 1, 2, 3 e 4 dell'art. 407 c.p.p. (art. 407, comma 3-bis, primo e terzo periodo );

b) il P.M. può chiedere al procuratore generale presso la Corte di appello una proroga di ulteriori tre mesi nei casi di cui al comma 2, lett. b), dell'art. 407 c.p.p., ovvero quando debbano essere vagliate «notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese» (art. 407, comma 3-bis, secondo periodo);

c) il procuratore generale può, con decreto motivato, concedere la proroga fino a ulteriori tre mesi (art. 407, comma 3- bis, secondo periodo, c.p.p. );

d) il Pubblico Ministero, qualora non assuma le proprie determinazioni in ordine all'azione penale nei termini indicati ( quelli originari – tre o quindici mesi – ovvero quelli prorogati dal Procuratore Generale) ne dà «immediata comunicazione al procuratore generale presso la Corte di appello» (art. 407, comma 3-bis, ult. periodo);

e) il procuratore generale presso la Corte di appello «[…] dispone, con decreto motivato, l'avocazione delle indagini preliminari» se il P.M. non esercita l'azione penale o non chiede l'archiviazione nel termine indicato, originario o prorogato (art. 412, comma 1, c.p.p.).

Sebbene l'interpretazione della nuova normativa non sia agevole, può certamente affermarsi che essa trova applicazione solo per le nuove iscrizioni a carico di noti, e, dunque, esclusivamente ai procedimenti iscritti dopo la sua entrata in vigore (3 agosto 2017).

Inoltre, l'obbligo di comunicazione alla Procura Generale può incominciare a concretarsi, considerati i termini di indagine di cui sopra e la sospensione dei termini feriali non prima di alcuni mesi.

In realtà, nell'individuare la data dell'insorgenza dell'obbligo di comunicazione, occorre procedere ad un necessario distinguishing tra quelli scaduti e non definiti e quelli per i quali è intervenuto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p..

Infatti, il termine di riferimento entro cui esercitare l'azione penale o richiedere l'archiviazione, decorso il quale opera il procedimento previsto dall'art. 407, comma 3-bis,c.p.p. è individuato attraverso due espressi riferimenti:

a) entro tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini; 15 mesi per i più gravi reati di cui al comma 2, lett. a), nn. 1, 2, 3 e 4 dell'art. 407 c.p.p.;

b) «e, comunque, dalla scadenza dei termini di cui all'art. 415-bis c.p.p.».

In particolare, per la prima fascia, con riferimento all'ordinario termine di sei mesi, oltre la sospensione del periodo feriale, per i procedimenti iscritti a partire dal 3 Agosto 2017 e scaduti dopo mesi sei dall'iscrizione, senza essere definiti, l'obbligo di comunicazione decorre a partire dal giorno 3 marzo 2018 e matura il 3 giugno 2018, tenuto conto dell'ulteriore termine di mesi tre.

Quanto all'ipotesi sub b), è noto che l'art. 415-bis c.p.p., da emettere prima della scadenza dei termini di indagini, anche se prorogato, contiene l'avviso della facoltà di prendere visione degli atti e presentare memorie entro 20 giorni dalla notifica; se la parte richiede nuove indagini il P.M. può provvedervi entro 30 giorni (prorogabile dal Gip fino a 60 giorni), così consentendo l'utilizzabilità degli atti compiuti anche oltre la scadenza ordinaria dei termini delle indagini ( art. 408,commi 3 e 3-bisc.p.p. e art. 415 c.p.p. ).

Nella diversa ipotesi in cui non sia stato emesso l'avviso ex art. 415-bis c.p.p., occorre verificare la decorrenza del termine riferito alla scadenza del termine massimo delle indagini preliminari.

Il termine può essere individuato in quello massimo previsto dall'art. 407 c.p.p., fissato in 18 mesi (comma 1) o 24 mesi (comma 2), indipendentemente dalla richiesta e/o concessione delle proroghe che rileva solo ai fini dell'utilizzabilità degli atti compiuti.

Militano in tal senso :

  • il testo del comma 3 dell'art. 407 c.p.p. che, dopo l'individuazione dei termini massimi delle indagini preliminari, indica la sanzione dell'inutilizzabilità degli atti compiuti decorso il «termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice»;
  • la collocazione del nuovo comma 3-bis, posto dopo l'indicazione dei termini massimi ( commi 1 e 2 ) e gli effetti dell'inutilizzabilità derivanti dal compimento di atti oltre il “termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice”.
L'onere della comunicazione

Il pubblico ministero, ove non assuma le proprie determinazioni” in ordine all'azione penale nei termini indicati ( quelli originari – tre o quindici mesi – ovvero quelli prorogati dal Procuratore Generale) ne dà immediata comunicazione al Procuratore Generale presso la Corte di Appello (art. 407, comma 3-bis, ult. periodo).

Il riferimento testuale alle determinazioni del Pubblico Ministero escluderebbe l'automatismo della comunicazione, apparendo necessario un vaglio preliminare da parte del Pubblico Ministero procedente sulla necessità di valutare quale iniziativa intraprendere in relazione al singolo caso in concreto segnalato.

L'ultimo periodo del comma 3-bis in esame prevede, quindi, che decorso il termine il P.M. ne dà immediata comunicazione al Procuratore Generale. La comunicazione deve avere necessariamente un contenuto minimo, quanto meno analogo a quello degli elenchi ex art. 127 disp. att. c.p.p. (elenco dei procedimenti iscritti nei confronti di persone note ).

In realtà, appare indispensabile e funzionale all'operatività della norma, la creazione di un sistema informatico che rilevi automaticamente i singoli fascicoli scaduti per cui è anche decorso l'ulteriore termine di 3 mesi o di 15 mesi per i più gravi reati di cui al comma 2, lett. a), nn. 1, 2, 3 e 4 dell'art. 407 c.p.p..

La Direzione Generale Sistemi Informativi (DGSIA) sta lavorando per la creazione di un sistema di comunicazione interno e “dedicato” tra gli uffici requirenti che, partendo dalle annotazioni effettuate sul Registro Informatico (SICP), segnali in automatico i fascicoli “scaduti” e non definiti, come tali da sottoporre all'attenzione del procuratore generale, attraverso la messa a punto di una apposita query.

In ogni caso, appare opportuna una comunicazione che consenta al procuratore generale di compiere le sue valutazioni entro un termine congruo.

Per soddisfare tale esigenza, potrebbe essere utile la previsione della doppia comunicazione contestuale al pubblico ministero procedente e al procuratore generale sui fascicoli scaduti per cui è anche decorso l'ulteriore termine di 3 mesi o di 15 mesi per i più gravi reati di cui al comma 2, lett. a), nn. 1, 2, 3 e 4 dell'art. 407 c.p.p..

L'esercizio del potere di avocazione da parte del procuratore generale

Sempre a mero titolo di contributo interpretativo, va verificata la cogenza o meno dell'avocazione.

Certamente la novella legislativa costituisce un'ulteriore declinazione del potere di vigilanza e di sorveglianza che compete al Procuratore Generale del Distretto ex art. 6 D. Lvo n. 106 del 2006 al fine di garantireil corretto e uniforme esercizio dell'azione penale ed il rispetto delle norme del giusto processo.

Ciò premesso, occorre mettere in evidenza che il legislatore utilizza anche in questo caso la locuzione aspecifica dispone, con decreto motivato - l'espressione utilizzata nell'art. 412, comma 1, c.p.p. coincide con quella precedente-, che consente di delineare l'esercizio di tale potere come facoltativo.

È stato posto in risalto che la Corte di cassazione ha sempre definito potere di avocazione quello riconducibile alla c.d. avocazione obbligatoria, in tal modo avallando il comportamento delle Procure Generali che, inevitabilmente, interpretano il primo comma dell'art. 412 c.p.p. come fonte, più che di un dovere di avocazione, di una mera facoltà.

La discrezionalità del procuratore generale deriva anche dalla previsione dell'avocazione con “decreto motivato”, attraverso il quale sono spiegate le ragioni di diritto e degli elementi di fatto che la giustificano.

Del resto, l'orientamento quasi unanime conferma la natura facoltativa e selettiva dell'avocazione per inerzia.

Da tale scelta interpretativa deriva che l'esercizio di tale potere debba essere inteso, in prima battuta, in una accezione positiva di indirizzo e di impulso e, soltanto dopo, per esito infruttuoso delle sollecitazioni, in termini di intervento, in forma sussidiaria, attraverso il potere di avocazione in concreto, nei casi di “stasi patologica” del procedimento.

In assenza di specifici criteri di esercizio della funzione, sarebbe, tuttavia, opportuno circoscrivere il più possibile l'operatività dell'istituto alle sole ipotesi di avocazione per inerzia effettiva ingiustificata, al fine evitare possibile contrasti.

In tale contesto, unicamente le ipotesi di stasi processuale ingiustificata giustificano l'intervento sostitutivo del Procuratore Generale.

Del resto ciò corrisponde all'unica finalità possibile della norma, dovendosi verosimilmente escludere dal novero delle inerzie qualificate quelle derivanti dal mero carico di lavoro delle Procure della Repubblica.

Diversamente non è ipotizzabile che le Procure Generali, con un numero limitato di magistrati, possano definire i procedimenti che un numero assai maggiore di magistrati della Procura della Repubblica non è riuscito a definire.

Né sarebbe utile un'applicazione dei magistrati della Procura della Repubblica che vedrebbe ulteriormente ridotta la possibilità di definire i procedimenti pendenti.

Tutto ciò, evidentemente, senza tenere conto del dato qualitativo dei procedimenti ( quelli che impegnano maggiori risorse pur essendo in un numero più limitato ) e della necessità di evitare definizioni affrettate dei procedimenti che si rifletterebbero negativamente in primo luogo sugli interessati e, poi, sulle ulteriori fasi procedimentali e/o processuali.

Ciò posto, le verifiche positive sull' inerzia impongono, prima di intraprendere l'effettiva avocazione, l'avvio di canali di interlocuzione tra i procuratori della Repubblica e la procura generale, sia riguardo ai dettagli dei singoli procedimenti, sia per un'appropriata gestione del ritardo nella definizione di essi, con l'obiettivo primario di far sì che le determinazioni finali vengano assunte, ogni volta che ciò sia possibile, dal pubblico ministero titolare del singolo procedimento, piuttosto che dall'Ufficio titolare del potere di avocazione, al fine di ricondurre il caso nel suo alveo naturale.

A tale riguardo non è difficile immaginare che l'esercizio da parte del Procuratore Generale delle funzioni proprie di supervisione, di indirizzo e di intervento darà luogo a sequenze procedimentali e a prassi del tutto inedite per apprestare una soluzione ragionevole a una situazione altrimenti insostenibile.

Con riguardo al caso di emissione dell'avviso ex art. 415 – bis c.p.p., certamente se emesso nei termini di scadenza delle indagini, originari o prorogati, potrebbe in concreto configurarsi l'inerzia rilevante, quando decorsi mesi tre dalla scadenza di giorni 20 dalla avvenuta ultima notifica, il pubblico ministero non abbia assunto alcuna ulteriore iniziativa.

In realtà, sul punto è formulabile un ulteriore rilievo che riguarda la previsione dell'esercizio del potere di avocazione dei procedimenti ancora in fase di indagini preliminari, quale presupposto indefettibile dell'intervento.

Al riguardo, è da sottolineare che non è stato modificato il secondo periodo dell'art. 412 c.p.p. per cui il Procuratore Generale svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le richieste entro trenta giorni dal decreto di archiviazione.

Pertanto, appare coerente escludere, in ogni caso, l'intervento di tipo sostitutivo del procuratore generale quando vi è già l'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis c.p.p., essendo lo stallo facilmente rimovibile attraverso opportune forme di collaborazione fra i soggetti ordinamentali interessati.

L'art. 127 disp. att. c.p.p.

Con riguardo all'art. 127 disp. att. c.p.p., la disposizione non è stata modificata pur se l'elenco ha perso la sua funzione atteso che l'avocazione del Procuratore Generale è stata spostata al decorso del termine dell'art. 407, comma 3 bis c.p.p. e non fa più riferimento al termine delle indagini scaduto o prorogato.

Le nuove disposizioni, pur se non modificano la richiesta di avocazione avanzata dall'indagato o dalla persona offesa ex art. 413 c.p.p., influiscono direttamente su tale istituto in quanto si fa espresso riferimento all'ambito di applicazione previsto dall'art. 412, comma 1 c.p.p. (rinvio mobile), dunque ai termini ivi previsti (diversi dagli attuali).

In conclusione

La nuova disposizione del comma 1 dell'art. 412 c.p.p. evoca sostanzialmente la precedente disposizione, con la differenza di far riferimento al nuovo termine previsto dall'art. 407 comma 3-bis, c.p.p. e non più a quello di scadenza delle indagini stabilito dalla legge o prorogato dal giudice.

Tuttavia, l'analisi interconnessa delle due modifiche normative consente di propendere verso un'interpretazione costituzionalmente orientata a dare impulso alle indagini, in un clima di reciproca fiducia, al fine di garantire la ragionevole durata delle indagini.

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