Disconoscimento e accertamento della paternità: sussiste un nesso di pregiudizialità tecnico-giuridica
03 Dicembre 2018
Massima
Il giudizio di disconoscimento di paternità con cui viene rimosso lo stato di figlio è pregiudizievole rispetto a quello con cui viene rivendicata altra paternità; nel caso di loro contemporanea pendenza si applica l'istituto della sospensione per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. la cui ratio è quella di evitare il conflitto tra due giudicati. Il caso
Una donna conveniva in giudizio gli eredi di Tizio, defunto, onde accertarsi che costui fosse il proprio padre; solo con successivo atto la stessa attrice evocava in giudizio la propria madre e le altre figlie di Caio affinché venisse disconosciuta la paternità di quest'ultimo. Il Tribunale di Torino, ex art. 295 c.p.c. con ordinanza disponeva la sospensione del primo giudizio. Contro tale provvedimento alcuni eredi di Tizio proponevano regolamento di competenza lamentando la violazione dell'art. 295 c.p.c. poiché il disconoscimento della paternità instaurato non avrebbe potuto costituire l'antecedente logico-giuridico dell'accertamento della paternità, che doveva essere dichiarato inammissibile. La Corte di cassazione rigettava tale ricorso, ritenendo non contestabile che, ai sensi dell'art. 295 c.p.c. l'accertamento con cui viene rimosso lo stato di figlio legittimo sia pregiudiziale rispetto a quello con cui si rivendica altra paternità. La questione
Sussiste o meno un nesso di pregiudizialità tecnico–giuridica tra un giudizio di accertamento con cui viene rimosso lo stato di figlio di un determinato soggetto e il giudizio con cui si rivendica altra paternità? In tali circostanze occorre sospendere per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. il secondo giudizio onde evitare un conflitto tra giudicati oppure bisogna dichiarare inammissibile la domanda di accertamento di paternità essendo la rimozione dello status di figlio un presupposto processuale della domanda, insuscettibile, come tale, di sopravvenire nel corso del giudizio? Le soluzioni giuridiche
La normativa vigente stabilisce che può essere promossa azione davanti al Tribunale per ottenere una sentenza dichiarativa della filiazione, che ex art. 277 c.c., produce gli stessi effetti del riconoscimento. L'art. 38 disp. att. c.c. ,così come modificato dalla l. n.219/2012, attribuisce al Tribunale ordinario la competenza in materia di dichiarazione giudiziale di paternità, senza che rilevi la maggiore o minore età del figlio. Dopo l'intervento di Corte cost. n. 50/2006, il processo per l'accertamento della paternità diventa più celere, attribuendo all'interessato la possibilità di azionare le sue pretese direttamente in sede di merito. E infatti la sopracitata sentenza ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 274 c.c., che subordinava l'esercizio dell'azione di riconoscimento giudiziale al previo esperimento di una procedura di ammissibilità. Nel caso in esame una giovane donna promuove giudizio davanti al Tribunale ordinario di Torino, citando gli eredi del de cuius, onde essere accertato che la stessa risulta essere sua figlia. Ma nella particolare fattispecie l'attrice risultava già essere figlia di Caio e solo successivamente all'intentata azione di riconoscimento di paternità avviava giudizio di disconoscimento. Bisogna a tal punto rilevare che in base all'art. 253 c.c. in nessun caso può essere ammesso un riconoscimento di paternità in contrasto con lo stato di figlio già acquisito. Ai fini dell'art. 253 c.c., la rimozione dell'impedimento, costituito da un diverso stato di figlio, decorre solo dal passaggio in giudicato dell'azione di disconoscimento di paternità. Sul punto in conformità Cass., 25 giugno 2013, n. 15990. L'art. 269 c.c. dispone che la paternità e la maternità possono essere giudizialmente dichiarate solo nei casi in cui il riconoscimento è ammesso. Ma c'è da rilevare anche che la sentenza che accoglie l'azione di disconoscimento è una sentenza di accertamento costitutivo, nel senso che comporta una modifica dello status del figlio ex tunc e, come tale, ha effetti erga omnes. Pertanto nel caso di «vittorioso esperimento dell'azione di disconoscimento» viene a cadere quella condizione di figlio che era ostativa all'accoglimento della domanda di dichiarazione giudiziale di paternità. Pertanto il Tribunale di Torino nel caso di specie, applica l'art. 295 c.p.c., rilevando la sussistenza di un caso di pregiudizialità tecnico-giuridica e ordina la sospensione del procedimento per accertamento di paternità nelle more della decisione dell'azione di disconoscimento. E invero l'art. 295 c.p.c. prevede la sospensione necessaria del processo quando dinanzi allo stesso o ad altro giudice penda una controversia (lite pregiudicante) dalla quale dipenda la decisione della causa (lite pregiudicata). Orbene gli eredi del de cuius citati in giudizio per l'accertamento di paternità avevano proposto ricorso ritenendo che non sussistesse tale pregiudizialità e che l'azione di riconoscimento di paternità, nel caso di specie, dovesse essere dichiarata inammissibile tout court. Ma la Cassazione lo rigettava, sostenendo che esistevano tutti i presupposti per la sospensione ex art. 295 c.p.c. del procedimento di accertamento di paternità, in quanto tra le due cause vi era un nesso di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico, la cui ratio era quella di evitare il rischio di un conflitto tra giudicati, con pronunce contrastanti, che si sarebbe potuto verificare nel caso in cui la domanda di dichiarazione giudiziale di paternità fosse stata accolta, mentre non avrebbe potuto esserlo, a causa del rigetto dell'azione di disconoscimento di paternità. Osservazioni
L'art. 295 c.p.c. stabilisce che il giudice deve sospendere il processo «in ogni caso in cui egli o altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa». Si riferisce pertanto alle ipotesi in cui vi siano più processi pendenti contemporaneamente e la decisione dell'uno dipenda dalla risoluzione dell'altro. In tali casi la sospensione necessaria dura fino al passaggio in giudicato della causa pregiudiziale. In dottrina, secondo V. Andrioli, ricorrerebbe la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. quando pendono in sedi differenti due giudizi, fra loro in relazione di pregiudizialità, e non è possibile la loro riunione e sul rapporto pregiudiziale nè è stata ancora pronunciata sentenza (pregiudizialità esterna), oppure quando nel corso del giudizio sorge una questione pregiudiziale che deve essere decisa ai sensi dell'art. 34 c.p.c. con efficacia di giudicato, sulla quale non è competente il giudice originariamente adito e non è possibile realizzare la trattazione simultanea (pregiudizialità interna). Secondo altri autori, tra cui E. Allorio e F. Carnelutti, la sospensione necessaria ricorre sempre quando pendono contemporaneamente due giudizi, anche in diverso grado, fra loro in relazione di pregiudizialità e non è possibile la loro riunione; la sospensione opera anche quando il processo sul rapporto pregiudiziale è già stato definito con sentenza, ma questa non è ancora passata in giudicato; inoltre opera tale sospensione quando nel corso del giudizio sorge una questione pregiudiziale che deve essere decisa con efficacia di giudicato sulla quale non è competente il giudice originariamente adito e non è possibile realizzarne la concomitante trattazione. Nel nostro ordinamento in base all'art. 253 c.c. non è ammesso nessun riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio in cui una persona si trova. Pertanto se un soggetto intenta azione di accertamento di paternità, ma allo stesso tempo risulta avere ancora lo stato di figlio di altra persona e inizia successivamente l'azione di disconoscimento di tale paternità, al fine di non creare contrasti tra giudicati, si applica l'istituto della sospensione per pregiudizialità e pertanto si sospende l'azione di accertamento di paternità in attesa della decisione sul disconoscimento, che in quanto sentenza di accertamento costitutivo, implica la modifica dello stato del figlio e ha effetti erga omnes. Per costante giurisprudenza (cfr. Cass. 25 giugno 2013 n. 15990) ai fini del riconoscimento di paternità ai sensi dell'art. 253 c.c., la rimozione dell'impedimento costituito da un diverso stato di figlio, inizia dal passaggio in giudicato dell'azione di disconoscimento di paternità. Solo allora si porterà avanti il procedimento di riconoscimento della paternità che era rimasto sino ad allora sospeso ex art. 295 c.p.c. a garanzia di non provocare pronunce contrastanti in tema di status. Si citano anche due sentenze della Cassazione, precisamente, Cass. n. 12167/2005 e quella successiva Cass. n. 487/2014, che riguardano casi in cui era stata esclusa la pregiudizialità, rispetto al giudizio di accertamento della paternità, della causa di opposizione di terzo, che il presunto padre (naturale) aveva promosso avverso la sentenza di disconoscimento di paternità. Nella prima la Suprema Corte sostiene che: «tra il procedimento di disconoscimento della paternità legittima e quello instaurato per il riconoscimento della paternità naturale non sussiste un nesso di pregiudizialità dal momento che il solo oggetto di quest'ultimo giudizio è costituito per il dedotto padre biologico dal suo diritto ad escludere la paternità naturale ex adverso pretesa, non anche da quello a vedere affermata la paternità disconosciuta nell'altro procedimento». E ancora la Suprema Corte con la sentenza Cass. n. 487/2014 ribadisce la mancanza di pregiudizialità, rilevando che la determinazione dei soggetti legittimati a proporre l'azione di disconoscimento di paternità è una scelta insindacabile del legislatore che ha voluto lasciare ai soggetti facenti parte della famiglia legittima il potere di decidere circa la prevalenza della verità “biologica” o della verità “legale”: «una innovazione che attribuisse direttamente la legittimazione ad agire a soggetti privati estranei alla famiglia (legittima), quale è il presunto padre (naturale) rappresenterebbe la scelta di un criterio diverso (…) che solo il legislatore può compiere». Ben diverso il caso trattato nella sentenza in esame, atteso che l'accertamento di disconoscimento di paternità non potrebbe non ripercuotersi sul giudizio di accertamento di paternità pendente, stabilendo nel caso di vittorioso esito dell'azione di disconoscimento, il venir meno di quello status di figlio che era preliminarmente ostativo all'accoglimento della domanda giudiziale di paternità. In conformità la sentenza Cass. n. 5229/2016, con la quale si fa rilevare come la sospensione necessaria per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. è idonea a scongiurare che la domanda giudiziale di paternità possa essere accolta in un caso in cui, per effetto del rigetto dell'azione di disconoscimento, non potrebbe certo esserla, al fine di prevenire ed evitare pronunce contrastanti tra di loro. |