Il decalogo della Corte di Cassazione in tema di danno non patrimoniale: il punto di vista (ri)assicurativo

Lorenzo Vismara
04 Dicembre 2018

Il commento di seguito riportato si pone quale obiettivo, più che un'analisi giuridica dell'importante pronuncia della Corte di Cassazione, la condivisione di alcune riflessioni in merito ai possibili futuri scenari del sistema risarcitorio relativo al danno alla persona.
Introduzione

Non spetta certamente a noi (ri)assicuratori commentare arresti giurisprudenziali provenienti da organi tanto qualificati quanto autorevoli quali la nostra Corte di Cassazione. Riteniamo altresì che la stessa complessa tematica giuridica sottesa all' Ordinanza n. 7513 del 27 marzo 2018 emessa dalla III Sez. della Corte di Cassazione sia già stata ampiamente dipanata e validamente commentata da prestigiosi studiosi (ex multis, PONZANELLI, Danno non patrimoniale: l'abbandono delle Sezioni Unite di San Martino”, in Danno e Responsabilità, n. 4/2018; ALPA G., “Osservazioni sull'ordinanza n. 7513 del 2018 della Corte di cassazione in materia di danno biologico, relazionale, morale”, in La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, n. 9/2018) che sicuramente, avendo vissuto in prima persona l'evoluzione di questo dibattito che si protrae ormai da circa trent'anni, meglio possono mettere in luce i punti di convergenza o meno di questo nuovo arresto giurisprudenziale con l'evoluzione dottrinale sino ad oggi maturata.

Nonostante questa doverosa premessa rispondiamo, con il testo che seguirà, all'invito rivolto a tutti gli operatori del diritto da parte del Dott. Spera (Time out: il “decalogo” della Cassazione sul danno non patrimoniale e i recenti arresti della Medicina legale minano le sentenze di San Martino, in Ridare.it, Focus del 4 settembre 2018) volto, riteniamo, ad esaminare la complessa tematica valutando tutti i possibili punti di vista provenienti da chi, con questi temi, è tenuto a confrontarsi quotidianamente.

Il “decalogo” ex sent. 7513/2018: il punto di vista del (ri)assicuratore

Iniziamo la nostra breve disamina partendo proprio da quanto “provocatoriamente” proposto dal Dott. Spera nel suo già citato testo: l'auspicato “time out” volto a fermarsi e riflettere per il tempo necessario a chiarire i presupposti ed i contenuti delle novità che stanno emergendo nella giurisprudenza della Terza Sezione della Cassazione. Riteniamo che nessuno più degli appartenenti alla categoria dalla quale noi stessi proveniamo auspicherebbe una “pausa di riflessione” volta a chiarire e definire, una volta per tutte, i confini delle aree di risarcibilità del “danno non patrimoniale”, soprattutto per i sistemi obbligatoriamente assicurati quali oggi sono la RCA e la RC Sanitaria i cui parametri legislativi restano o poco chiari oppure non ancora finalizzati (e qui abbiamo a mente soprattutto la tabella ex art. 138 cod. ass. ancora non emanata dopo ripetute e vane attese). Tale pausa, sebbene auspicabile, non è però ovviamente possibile stante la “mole” di vicende risarcitorie che da questi parametri sono influenzate: fermandoci al solo ramo RCA si parla, come noto, di circa 400.000 sinistri annui implicanti danni alla persona (con risarcimenti complessivi vicini ai 7 miliardi di €) e di diverse migliaia di vertenze relative ai danni da malpractice medica.

Questa nostra “controprovocazione” può apparire banale ma sintetizza lo spirito del nostro principale pensiero nell'approcciare la tematica.

Siamo infatti dell'opinione che l'intera questione debba essere in prima analisi approcciata avendo quale fine principale il tratteggio di un quadro normativo e giurisprudenziale che consenta una completa e rapida soddisfazione risarcitoria delle vicende di volta in volta oggetto di valutazione. Al concetto di risarcimento “completo” abbiamo associato anche il requisito della rapidità in quanto riteniamo che un risarcimento non potrà essere ritenuto “completo” se perfezionato solo a molti anni di distanza dall'evento dannoso, presumibilmente dopo alcuni estenuanti, e costosi, gradi di giudizio.

In un approccio pragmatico alla vicenda risarcitoria non si può, riteniamo, non andare per gradi nella valutazione delle priorità da affrontare e sicuramente l'esaustività del risarcimento è uno dei requisiti principali e fondamentali, posto peraltro quale elemento imprescindibile dalla stessa Corte di Cassazione. Al fine di raggiungere tale traguardo, tuttavia, la chiarezza del contesto è fondamentale. E per tale ragione, sin dalla loro emissione nel giorno di San Martino del 2008, siamo stati grandi estimatori delle sentenze quadrigemine emesse dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Senza ripercorrerne qui i tratti salienti a tutti noti dopo quasi un decennio dalla loro emissione, le sentenze 26972/3/4/5 del 2008, nella loro dirompenza, avevano portato una situazione di grande chiarezza che, unitamente all'emissione delle Tabelle del Tribunale di Milano del giugno 2009, aveva e ha consentito agli operatori di perseguire il fine primo sopra menzionato – una veloce e completa soddisfazione delle pretese risarcitorie – con un certo margine di efficacia.

A questo proposito non riteniamo sia questa la sede idonea al fine di esprimere valutazioni in merito al “quantum” risarcitorio che gli eventi testé velocemente ricordati hanno determinato nel nostro sistema risarcitorio rendendo necessari, fermandoci ai “campi” obbligatoriamente assicurati, livelli tariffari piuttosto elevati posti a carico di tutti i consumatori. Questa considerazione è chiaramente legata a scelte a livello di “sistema” che, da ultimo, il nostro legislatore ha espressamente indicato nel “nuovo” art. 138 cod. ass., laddove si prevede, in materia di “danno non patrimoniale per lesioni di non lieve entità”, che sia emanata una tabella unica valida su tutto il territorio nazionale creata al fine di garantire il diritto delle vittime dei sinistri a un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subito e una razionalizzazione dei costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori.

Vista la mancanza, ormai cronica, della Tabella ex art. 138, è chiaro come sia stata la giurisprudenza ad indicare la strada da seguire al fine di arrivare a una completa soddisfazione risarcitoria nei termini suesposti. E in questo senso, come detto, il “combinato disposto” delle Sentenze quadrigemine del 2008 e delle Tabelle del Tribunale di Milano del 2009, ha portato quantomeno a una situazione di grande chiarezza che ha peraltro egregiamente resistito a una certa pressione comunque esercitata da posizioni giurisprudenziali fino ad oggi minoritarie volte a minare alcuni dei fondamenti del panorama risarcitorio cristallizzatosi negli ultimi dieci anni.

La prima lettura di Cass. civ. n. 7513/2018, e segnatamente i primi 7 punti del “decalogo”, ci avevano illuso di aver finalmente raggiunto un ulteriore livello di chiarezza relativamente a un punto che negli ultimi anni aveva dato adito, talora, a perplessità e decisioni giurisprudenziali ondivaghe: la “personalizzazione” del danno.

Ci riferiamo, più in particolare, ai punti 6) e 7) di questo arresto giurisprudenziale, ormai da tutti definito “decalogo” che, per la loro chiarezza ed incisività, meritano di essere riportati per esteso:

«6) In presenza d'un danno permanente alla salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione d'una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e l'attribuzione d'una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente (quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale: ovvero il danno dinamico-relazionale).

7) In presenza d'un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale ed affatto peculiari. Le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l'id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento».

Ecco che, seguendo peraltro un orientamento che andava già a delinearsi da tempo (citiamo, per tutte, Cass. civ. n. 21939/2017), la Cassazione qui ribadisce come la “personalizzazione”, consentita e prevista anche dall'articolato impianto delle Tabelle milanesi, sia strumento da usare con grande cautela e precisione limitatamente alle sole situazioni che nel concreto si discostino significativamente da quelle ritenute “normali” e lineari in rapporto alle lesioni patite.

La vera questione che, invece, rischia di riportare incertezza nel nostro sistema risarcitorio con notevoli difficoltà di “sintesi” delle diverse posizioni, è data dai punti 8 e 9 dell'Ordinanza 7513/2018 che riportano in scena la “sofferenza interiore” individuata quale pregiudizio “non avente base medico-legale” e, in quanto tale, passibile di separata valutazione e liquidazione.

Vi è da dire che, come la Corte correttamente argomenta, un significativo assist per questa “rinascita” è stato fornito dal legislatore nella redazione dei “nuovi” artt. 138 e 139 cod. ass. che riportano, rispettivamente, la menzione del “danno morale” e delle “sofferenza psico-fisica” quali componenti da tenere in considerazione nella liquidazione del complessivo danno. A questo proposito concordiamo pienamente con l'analisi che il Dott. Spera ha esaustivamente motivato nel già citato contributo, in riferimento alla riteniamo chiara intenzione del legislatore: il “nuovo” art. 138, sin dalla propria epigrafe, appare redatto con lo scopo di “contenere” al proprio interno tutta la “vicenda risarcitoria” legata alla componente “non patrimoniale” dei sinistri afferenti i sistemi obbligatoriamente assicurati proponendosi altresì di utilizzare quale strumento le tabelle del Tribunale di Milano che vedono già, nello loro articolata costruzione seguita alle sentenze di San Martino del 2008, la previsione di una posta calcolata forfettariamente, con percentuali diverse a seconda del grado di lesione valutata in sede medico legale, risarcita a titolo di “danno morale”. A parere nostro non vi è margine per un ritorno alla liquidazione di poste ulteriori e aggiuntive rispetto al danno “non patrimoniale” così come sviluppatosi dal 2008 ad oggi. Anzi, a dire il vero una via ci sarebbe: si dovrebbe infatti “smontare” la Tabella del Tribunale di Milano riportandola allo stato “ante-2009” e quindi al valore del punto di danno biologico “puro” demandando successivamente all'attività probatoria delle parti la possibilità di individuare, provare e infine quantificare eventuali pregiudizi di matrice “morale” e, successivamente, ad ulteriori possibilità di personalizzazione nei casi così come delineati dai punti 6) e 7) del decalogo.

Conclusioni

Abbiamo terminato la nostra disamina valutando la possibilità di un “ritorno” al sistema “ante sentenze di San Martino”, così come ci sembra che parte della Corte di Cassazione auspichi: a questo proposito e ricollegandoci con quanto detto in sede di “controprovocazione” iniziale, chi trarrebbe giovamento da tutto ciò?

I danneggiati che vedrebbero le loro vicende risarcitorie rese più ardue, lunghe e costose in termini di spese iniziali da affrontare vedendo probabilmente più difficoltoso il raggiungimento di transazioni stragiudiziali?

Le Compagnie assicurative che si troverebbero anch'esse di fronte alla necessità di affrontare maggiori costi nel tentativo di mantenere un panorama risarcitorio che già oggi, comunque, vede il sistema italiano tra i più generosi nel panorama continentale? A questo proposito diversi studi hanno messo in luce (cfr., MATARAZZO L., Il Ramo r.c.auto: raffronto tra l'Italia e alcuni paesi della UE su premi, sinistri e sistemi risarcitori del danno alla persona, IVASS, Quaderno n. 1, ottobre 2014 e Gen Re VISMARA L., Il risarcimento del danno alla persona in Europa: una comparazione, settembre 2013) come, al di là delle composizioni e denominazioni delle diverse poste risarcitorie dei danni alla persona, proprio la categoria in qualche modo riconducibile al “danno non patrimoniale” trova in Italia un ristoro che, per ogni tipo di lesione, non vede eguali negli altri sistemi europei di risarcimento del danno.

A nostro avviso, e per quanto ci è dato constatare dalla prassi liquidativa ormai invalsa nel nostro sistema, il sistema “impostato” in seguito alle sentenze del 2008 ha trovato margini di certezza e stabilità piuttosto solidi che, al momento, non vediamo minati in alcune delle loro pietre angolari dall'ordinanza 7513/2018. È altresì vero che tanto il tenore di questa pronuncia quanto il prestigio dell'intero collegio giudicante, unitamente ad alcuni recenti precedenti che, sebbene in maniera meno perentoria, già avevano prefigurato un simile orientamento (Cass. civ. n. 901/2018 in particolare), lasciano probabilmente trasparire una situazione tale, all'interno della Corte di Cassazione, per cui forse, dopo dieci anni, vi è il bisogno di una nuova pronuncia a Sezioni Unite volta a definire in maniera ancora più chiara e cristallina l'attuale status del danno non patrimoniale nel nostro sistema del risarcimento del danno alla persona. A ben riflettere, tale necessità risulta ancora più urgente visto il richiamo espresso effettuato dal legislatore nell'art. 138 cod. ass. ai «criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità». Se è infatti verosimile che la tanto attesa tabella delle “macrolesioni” non verrà emanata a breve, è altresì vero che questa tabella non può nascere, visti i molteplici legami con lo stato e le interpretazioni giurisprudenziali, in una situazione di incertezza presente nel nostro maggior organo giurisdizionale civile.

Da parte nostra pertanto, pur propendendo per una interpretazione “di sistema” di questo nuovo arresto giurisprudenziale, non possiamo che auspicare una maggiore chiarezza e linearità nel cammino giurisprudenziale relativo al risarcimento del danno alla persona, tematica peraltro che, a nostro modesto avviso, ha esaurito, con l'approdo del 2008, molto del fascino emanato dalle teorie “esistenzialiste” e ha invece ancora ampi margini di studio e approfondimento tanto per quanto riguarda le sfere relative alla qualificazione e quantificazione del danno “patrimoniale” quanto per le modalità risarcitorie legate al danno alla persona, ciò peraltro maggiormente in linea con quanto avviene in sistemi risarcitori forse meno affascinanti del nostro ma, riteniamo, più pragmatici ed efficaci per quanto attiene al risarcimento delle lesioni gravi alla persona.

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