Decreto sicurezza: in G.U. la legge di conversioneFonte: L. 1 dicembre 2018 n. 132
05 Dicembre 2018
Le forme di protezione
La disciplina previgente in materia di protezione umanitaria prevedeva tre forme di tutela: - la prima (cd. asilo politico, che accorda al soggetto lo status di rifugiato), di derivazione internazionale, trae la propria disciplina dalla Convenzione di Ginevra del 1951; - la seconda (cd. protezione sussidiaria), di derivazione europea, trae la propria disciplina dalla direttiva 2004/83/CE del Consiglio del 29 aprile 2004, attuata in Italia con il d.lgs. n. 251/2007, il quale prevede che sia ammesso alla protezione sussidiaria il cittadino straniero che, pur non possedendo i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, se ritornasse nel Paese di origine correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dall'art. 14 d.lgs. n. 251/2007 (condanna a morte o esecuzione della pena di morte; tortura o altra forma di trattamento inumano; minaccia grave e individuale alla vita o alla persona derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale); - la terza, infine, di origine interna, era la cd. protezione umanitaria, disciplinata dall'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998, il quale prevedeva che gli organi competenti non avrebbero potuto rifiutare o revocare un permesso di soggiorno nel caso in cui fossero ricorsi seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano. La legge di conversione conferma il superamento della protezione umanitaria per come era intesa nella vigenza dell'ormai soppresso ultimo periodo dell'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998: ne consegue, pertanto, che ora le Commissioni territoriali (in sede amministrativa) e i giudici ordinari (in sede giurisdizionale) non potranno più esercitare forme di discrezionalità nel concedere la protezione umanitaria, ora sostituita da un permesso di soggiorno “in casi speciali”, tutti tipizzati dal decreto, in questo confermato dalla legge di conversione. Ora, le Commissioni territoriali dovranno limitarsi a riconoscere (o meno) lo status di rifugiato (ex art. 32, comma 1, lett. a), prima ipotesi, d.lgs. n. 25/2008) o a riconoscere la protezione sussidiaria di cui all' art. 32, comma 1, lett. a), seconda ipotesi, d.lgs. n. 25/2008; non si potrà comunque disporre l'espulsione o il respingimento nel caso in cui il soggetto richiedente provenga da Stati dove può essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, o dove possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. A corollario di tale disposizione è previsto che non possa comunque essere disposta l'espulsione dello straniero che versi in condizione di particolare gravità tale da determinare un rilevante pregiudizio alla sua salute: sul punto la legge di conversione ha reso più mite l'originaria previsione contenuta del decreto (che parlava di «eccezionale gravità, tale da determinare un irreparabile pregiudizio alla salute»), ampliando quindi i casi in cui potrà essere concesso un permesso per motivi medici. È infine confermata la tipizzazione dei casi in presenza dei quali può essere riconosciuto un permesso di soggiorno temporaneo; ciò avviene: - in considerazione delle contingenti situazioni ambientali e/o sociali dei Paesi di provenienza dei migranti; - quando siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero; - quando il permesso di soggiorno riguarda le vittime di violenza domestica; - quando lo straniero abbia denunciato e abbia cooperato nel procedimento penale contro il datore di lavoro nelle ipotesi in cui siano stati utilizzati lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno minori o in numero superiore a tre. Infine, è confermata l'introduzione del nuovo permesso di soggiorno per calamità, in virtù del quale il questore rilascia un permesso di soggiorno quando il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza (durata massima: sei mesi rinnovabili per altri sei, come modificato dalla legge di conversione), oltre all'introduzione del permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile, concesso dal Ministro dell'interno, su proposta del prefetto competente, qualora lo straniero abbia compiuto un atto di particolare valore civile tra quelli previsti dall'art. 3 l. n. 13/1958 (durata massima: due anni). I Paesi di origine sicuri e domande manifestamente infondate
La legge di conversione introduce il nuovo art. 2-bis d.lgs. n. 25/2008, il quale prevede una presunzione iuris tantum in riferimento alla provenienza del soggetto che richieda una delle forme di tutela previste dall'ordinamento; difatti, la commissione territoriale è tenuta a dichiarare manifestamente infondata, e quindi a rigettare, la richiesta di protezione effettuata dal migrante proveniente da un Paese di origine sicuro che non abbia dimostrato la sussistenza di gravi motivi per ritenere, nei fatti e in relazione alla sua particolare situazione, non sicuro il Paese di provenienza designato di origine sicura. Ai sensi della legge di conversione i Paesi di origine sicuri sono stabiliti, con decreto, dal Ministro degli affari esteri, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 2-bis, comma 2, d.lgs. n. 25/2008: un Paese può essere considerato sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell'applicazione della legge all'interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di persecuzione, di tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Sono poi considerate manifestamente infondate, oltre a quelle presentate dal migrante proveniente da un Paese di origine sicuro che non abbia vinto la presunzione legislativa mediante idonea documentazione circa la sua personale situazione, le domande con le quali il richiedente: - ha sollevato questioni che non hanno alcuna attinenza con i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale; - ha rilasciato dichiarazioni palesemente incoerenti e contraddittorie o false; - ha indotto in errore le autorità presentando informazioni o documenti falsi; - è entrato illegalmente nel territorio nazionale o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno, e senza giustificato motivo non ha presentato la domanda tempestivamente rispetto alle circostanze del suo ingresso; - ha rifiutato di sottoporsi ai rilievi fotodattiloscopici. Aspetti processuali
La legge di conversione non ha modificato il nuovo art. 19-ter d.lgs. n. 150/2011, introdotto dal d.l. n. 113/2018: pertanto, le controversie in materia di rifiuto di rilascio, di diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per protezione speciale ex art. 32, comma 3, d.lgs. n. 25/2008 e in materia di rifiuto di rilascio, di diniego di rinnovo e di revoca dei permessi di soggiorno di cui agli artt. 18 (per protezione sociale), 18-bis (per le vittime di violenza domestica), 19, comma 2, lett. d) e d-bis) (per donne incinte e soggetti gravemente malati), 20-bis (per calamità), 22, comma 12-quater (per sfruttamento lavorativo) d.lgs. n. 286/1998, sono regolate dal rito sommario di cognizione. La competenza è del tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione del luogo in cui ha sede l'autorità che ha adottato il provvedimento impugnato; il ricorso deve essere proposto entro 30 giorni dalla notificazione (o 60 se il ricorrente è residente all'estero). Il tribunale giudica in composizione collegiale. L'ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile. Anche in questo caso il termine per il ricorso per cassazione è di 30 giorni dalla comunicazione dell'ordinanza a cura della cancelleria. La legge di conversione ha invece modificato il nuovo art. 130-bis d.P.R. n. 115/2002 che era stato introdotto dal d.l. n. 113/2018: ora, in ogni caso e non solo nei processi civili, quando l'impugnazione (anche incidentale) è dichiarata inammissibile, al difensore non è liquidato alcun compenso. Inoltre, non possono essere liquidate le spese sostenute per le CTP che, all'atto del conferimento dell'incarico, apparivano irrilevanti o superflue ai fini della prova.
Anche la legge di conversione conferma l'aumento del tempo massimo di permanenza nei centri per il rimpatrio da 90 a 180 giorni. È ora previsto, dopo la l. n. 132/2018, che le strutture e i locali ove permangono i soggetti destinatari di espulsione devono garantire condizioni di trattenimento che assicurino il rispetto della dignità della persona (nuovo art. 13, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998). Reati ostativi alla concessione della protezione internazionale
La legge di conversione ha confermato le previsioni contenute nel d.l. n. 113/2018 il quale aveva ampliato il catalogo dei reati in presenza dei quali lo status di rifugiato e lo status di protezione sussidiaria non possono essere riconosciuti. In particolare, la risalente versione dell'art. 12 d.lgs. n. 251/2007 si limitava a richiamare i gravi reati di cui all'art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p., ossia quelli per i quali il termine massimo di durata delle indagini preliminari è due anni. A questi si aggiungono ora i reati di: - violenza o minaccia a pubblico ufficiale (ex art. 336 c.p.); - lesioni personali gravi (ex art. 583 c.p.), anche commesse nei confronti di un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasioni di manifestazioni sportive (ex art. 583-quater c.p.); - mutilazione degli organi genitali femminili (ex art. 583-bis c.p.); - furto e furto in appartamento (viene eliminato il riferimento all'aggravante del portodi armi o uso di narcotici, presente invece nel d.l.). Affinché operi la preclusione, il soggetto richiedente deve essere stato condannato con sentenza definitiva. In ogni caso, ai sensi del nuovo art. 32, comma 1-bis, d.lgs. n. 25/2008, qualora il richiedente sia sottoposto a procedimento penale oppure sia stato condannato con sentenza non definitiva per gli stessi reati sopra richiamati, il competente questore dovrà darne tempestiva comunicazione alla Commissione territoriale, la quale deve provvedere all'audizione dell'interessato, adottando contestuale decisione. Nel caso in cui sia rigettata la domanda del richiedente, quest'ultimo ha l'obbligo di lasciare il territorio nazionale, anche in pendenza di ricorso avverso la decisione della Commissione. Non sembra che, dalla formulazione dell'articolo, la decisione del questore sia vincolata; permane in ogni caso, in capo all'organo amministrativo, un ampio margine di discrezionalità nella decisione. Il decreto, infine, apporta anche una modifica alla legge sulla cittadinanza (l. n. 91/1992), non solo dilatando i termini per i procedimenti da 24 a 48 mesi, ma inserendo anche un nuovo art. 10-bis l. n. 91/1992 il quale prevede che la cittadinanza acquisita per lavoro alle dipendenze dello Stato (art. 4, comma 2, l. n. 91/1992), per matrimonio (art. 5 l. n. 91/1992) e nei casi di cui all'art. 9 l. n. 91/1992 è revocata nei casi di condanna definitiva per i reati sopra richiamati. In conclusione
Nella legge di conversione e nel decreto convertito, vanno sottolineate alcune importanti novità: - è confermata la sostituzione della protezione umanitaria con la cd. “protezione speciale”, e con la tipizzazione dei casi in cui può essere concessa; - sono introdotte numerose ipotesi di rigetto delle richieste di protezione per manifesta infondatezza, tra le quali spicca la provenienza del migrante da un Paese di origine sicuro; - in materia di impugnazioni, è confermata l'impossibilità di proporre appello avverso le ordinanze delle sezioni specializzate in materia di immigrazione (è ammesso esclusivamente il ricorso per cassazione); - in materia di sistema di accoglienza, è definitivamente previsto un sistema, nelle intenzioni del legislatore, più efficace per l'espulsione degli stranieri privi di valido titolo di soggiorno per rimanere in Italia. |