Si può aprire l'ads per la sola cura della persona e in assenza dell'audizione (diretta) del beneficiario?
07 Dicembre 2018
Massima
L'apertura dell'amministrazione di sostegno può essere disposta anche nel caso in cui sussistano soltanto esigenze di cura della persona, senza la necessità di gestire un patrimonio, a prescindere dall'audizione (diretta) del beneficiario da parte del Giudice tutelare, qualora sussistano determinati presupposti. Il caso
Il Giudice Tutelare di Firenze con decreto del 26 novembre 2016, provvedendo sui ricorsi proposti rispettivamente dall'Azienda Sanitaria Locale di Firenze e da S.N. e E.S., genitori della beneficiaria, disponeva l'apertura dell'amministrazione di sostegno nei confronti di M.S., nominando quale amministratore l'Avvocato A.G. e individuandone i poteri. Con provvedimento del 30 giugno 2016, la Corte d'appello di Firenze rigettava i reclami proposti dall'Amministrata M.S. e dai suoi genitori, motivando che sussistevano i presupposti per l'apertura della misura di protezione e ritenendo inammissibili le censure rivolte all'individuazione quale amministratore di sostegno un soggetto estraneo al nucleo familiare. Infine, la beneficiaria M.S. proponeva ricorso per la cassazione del provvedimento pronunciato dal Giudice d'appello deducendo quattro motivi. Resisteva in giudizio l'amministratore nominato dal Giudice Tutelare. Con il primo motivo, la beneficiaria deduceva la violazione dell'art. 404 c.c., per avere la Corte d'appello errato nel ritenere legittima l'apertura dell'amministrazione di sostegno fondandola sulle condizioni di salute della stessa e in assenza della gestione patrimoniale (primo motivo del ricorso). Inoltre, la ricorrente, con il secondo motivo, lamentava la violazione dell'art. 132, n. 4, c.p.c. per avere la Corte omesso di esaminare il motivo di reclamo con cui aveva dedotto la nullità della nomina in assenza di una sua audizione e di valutazione della sua capacità di agire. Entrambi i motivi, disattesa l'eccezione della loro genericità, venivano dichiarati infondati. Con il terzo motivo, la ricorrente deduceva la violazione della legge n. 180/1978, degli artt. 1, 2 e 12 della Convenzione di New York e degli artt. 13 e 15 Cost. poiché la Corte d'appello non aveva tenuto in considerazione che ella, prima del ricovero c.d. coatto in ospedale e fino a quando aveva potuto far affidamento sul supporto dei genitori e dello zio, aveva potuto vivere in modo autonomo. Con il quarto motivo, infine, la ricorrente lamentava la violazione degli artt. 32 e 111 Cost. poiché il decreto pronunciato dal Giudice Tutelare qualificava i poteri relativi al consenso e alla cura da manifestarsi per tutto il tempo del ricovero, e attribuiti all'Amministratore, come meramente gestori. Questi ultimi motivi, disattesa l'eccezione della loro genericità, sono stati dichiarati inammissibili. La questione
Cass. 28 giugno 2018, n. 19866 torna ad occuparsi ancora una volta dell'istituto dell'amministrazione di sostegno trattando, in particolare, di due specifiche questioni, strettamente connesse tra di loro. La prima riguarda la legittimità dell'apertura dell'amministrazione di sostegno, fondata sulle sole condizioni di salute del beneficiario e, quindi, diretta alla sola cura personae e in assenza della necessità di una gestione patrimoniale; la seconda tratta l'eventuale nullità della nomina dell'amministratore in assenza di audizione diretta (da parte del Giudice tutelare) del beneficiario e di valutazione della sua capacità di agire. Le soluzioni giuridiche
Giova premettere che la Suprema Corte, prima ancora di affrontare la specifica questione sottesa al caso in esame, ribadisce un principio di diritto pacificamente affermato fin dall'entrata in vigore della l. 9 gennaio 2004, n. 6 e da ultimo ribadito con la sentenza Cass. n. 22602/2017, a mente del quale «la finalità cui tende l'amministrazione di sostegno è quella di proteggere le persone fragili, ovvero coloro che trovano in difficoltà nel gestire le attività della vita quotidiana ed i propri interessi, o che addirittura si trovano nell'impossibilità di farlo: lo scopo dell'istituto consiste, infatti, nell'offrire a chi si trova nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire». Muovendo da questa premessa, la Corte dichiara infondato il primo motivo del ricorso ritenendo legittima l'apertura dell'amministrazione di sostegno fondata sulle sole condizioni di salute della beneficiaria e in assenza della necessità di gestione patrimoniale. Orbene, è di tutta evidenza che il caso de quo rappresenta per i Giudici l'occasione per richiamare e ribadire il principio ispiratore e la ratio della l. 9 gennaio 2004, n. 6 relativa alla «Introduzione nel primo libro, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all'istituzione dell'amministrazione di sostegno e modifica degli artt. 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 c.c.». Emanata dopo un lungo iter parlamentare e a conclusione dell'Anno Europeo per le persone disabili, vuole offrire una nuova forma di protezione, ad ampio spettro, al disabile garantendogli la possibilità di un progetto di sostegno alla sua esistenza, che possa essere modulato in modo da offrirgli una protezione - temporanea o permanente - «mirata, calibrata sulle specifiche esigenze della persona di cui rispetta la dignità ed i bisogni»; capace di valorizzare dei residui spazi di autonomia della persona, alla quale viene consentito di esprimere al massimo la possibilità di autodeterminazione. Per dirla con autorevole dottrina, «la menomazione fisica o psichica non può e non deve costituire una causa di emarginazione della persona dall'ambiente familiare o sociale e di impedimento all'esercizio dei suoi diritti fondamentali e finalizzato, dall'altro, a superare le rigide norme previste dal legislatore codicistico per la protezione dei sofferenti psichici» (cosi C.M. Bianca, Diritto civile, I, Milano 2002, 251). Di conseguenza, se l'obiettivo della riforma è quello di offrire al beneficiario un progetto esistenziale mirato e adeguato alle sue, seppur ridotte e residuali, capacità, allora il sostegno non può essere limitato al solo ambito patrimoniale ma deve potersi estendere anche e soprattutto alla sfera personale. Diversamente ragionando, infatti, si arriverebbe ad ipotizzare una misura di protezione che non "copre" il profilo relativo alla cura della persona, cosicché quella che tra le misure di protezione è stata voluta come la più elastica, in realtà sarebbe la più limitata quanto al suo ambito di applicazione, perché sarebbe modellabile solo con riguardo agli interessi patrimoniali. Con la paradossale conseguenza che se l'amministratore non potesse farsi carico anche della salute e dei diritti relativi alla persona del beneficiario, limitandosi alla mera cura degli interessi a contenuto patrimoniale, sarebbe lo stesso beneficiarioa doversi fare carico della cura di sé e, in caso di incapacità, dovrebbe essere sottoposto alla misura dell'interdizione. Palese sarebbe anche la disparità di trattamento rispetto a colui al quale viene applicata la misura della tutela, dal momento che, per effetto del combinato disposto degli artt. 357 e 424, comma 1, c.c. è espressamente stabilito che tra le funzioni del tutore rientra anche la cura personae. La verità è che, sicuramente, l'amministrazione di sostegno è uno strumento di protezione anche degli interessi non patrimoniali, come si può chiaramente evincere dallo stesso impianto normativo introdotto con la l. n. 6/2004. In particolare, si deve rilevare che l'art. 404 c.c., nella parte in cui si riferisce genericamente agli “interessi” della persona ha un contenuto che coincide esattamente, per quel che ci riguarda, con quello dell'art. 414 c.c., nella parte in cui consente al Giudice tutelare di adottare anche d'ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la conservazione e l'amministrazione del patrimonio: poiché la norma dell'art. 404 c.c. parla genericamente di “interessi”, senza specificare quali, allora ben possono rientrarvi anche quelli di natura personale. Analogamente, l'art. 405, comma 4, c.c. conferisce al Giudice tutelare il potere di adottare anche d'ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e per la cura del suo patrimonio. E, ancora, l'art. 408, comma 1, c.c., dispone che la scelta del soggetto incaricato dell'amministrazione debba avvenire con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. Infine, la riformulazione dell'art. 44 disp. att. trans. prevede letteralmente che il Giudice tutelare possa impartire all'amministratore istruzioni inerenti agli interessi morali e patrimoniali del beneficiario. Né a diversa conclusione si potrebbe pervenire dando rilievo al fatto che l'art. 411 c.c., nel richiamare le norme applicabili all'amministrazione di sostegno, non menziona l'art. 357 c.c., potendo agevolmente comprendere come, alla luce dell'impianto normativo appena illustrato, il richiamo sarebbe stato superfluo. Questo indirizzo, di fatto orami consolidato in dottrina ed in giurisprudenza, ha trovato e continua a trovare larga applicazione anche nella giurisprudenza di merito che si è formata in materia di cura alla persona, la quale si è spinta a tutelare una sfera personale dai confini sempre più ampi. Volendo esemplificare, l'Amministrazione di sostegno è stata ritenuta una misura adeguata per sostenere il beneficiario non soltanto con riguardo alla manifestazione dei consensi o dissensi di varia natura (come i dati personali, l'uso dell'immagine, cure mediche) ma anche con riguardo al diritto all'abitazione (così si è ritenuto che rientri nella cura della persona anche il potere dell'amministratore di modificare la residenza del beneficiario o di fissare un diverso domicilio), allo svago ed alla vita di relazione, alle cure mediche e finanche alle esigenze culturali (per un'ampia casistica affrontata nella giurisprudenza di merito, cfr. C. Tagliaferri, L'amministrazione di sostegno nell'interpretazione della giurisprudenza, CELT, 2015). Va da sé che se l'amministrazione di sostegno è uno strumento duttile e flessibile di tutela paragonabile ad “un vestito da cucire” a partire dall'analisi del caso concreto, l'audizione della persona debole costituisce una fase fondamentale e necessaria dell'intero procedimento. Tornando al caso di specie, la ricorrente, come detto in premessa, con il secondo motivo, lamentava proprio la violazione dell'art. 132 n. 4, c.p.c. per avere la Corte omesso di esaminare il motivo di reclamo con cui aveva dedotto la nullità della nomina in assenza di una sua audizione e di valutazione della sua capacità di agire. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato infondato il motivo ritenendo corretto l'operato della Corte territoriale che da un lato aveva ritenuto grave la situazione psico-sanitaria della ricorrente (invalida al 100%, in carico ai Servizi territoriali dal 2002 e titolare di un assegno di mantenimento) basandosi sulla documentazione allegata dall'Azienda Sanitaria e sull'audizione dei rappresentanti dei Servizi socio-sanitari e dall'altra evidenziando che la circostanza secondo cui essa non sarebbe stata sentita in merito al procedimento è smentita dal fatto stesso che nel ricorso (pag. 3) è dato atto che la stessa ha indicato al riguardo la madre come amministratrice. Orbene, il punto di forza dell'ordinanza in esame è rappresentato dal fatto la Corte – a parere di scrive – sembra avere allargato le ipotesi in cui il Giudice tutelare può pronunciare l'apertura dell'Amministrazione omettendo l'audizione diretta del beneficiario. A tale proposito, rileva l'art. 407, comma 2, c.c. prevede letteralmente che il Giudice tutelare deve sentire personalmente la persona cui il procedimento di riferisce. La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che l'audizione, che si svolge sotto forma di dialogo tra il beneficiario e il Giudice tutelare, rappresenta il momento topico del procedimento, poiché se da un lato consente al primo di esprimere il suo parere, oltre che il suo consenso o la contrarietà all'Amministrazione di sostegno, dall'altro rappresenta per il Giudice il momento privilegiato in cui prendere contezza degli interessi e delle esigenze di protezione, dei bisogni e delle richieste della persona. Una questione dibattuta, invece, è se l'audizione sia obbligatoria o meno: nel primo caso infatti, dal punto di vista processuale, la mancata audizione, non sorretta da giusta causa, determinerebbe la nullità del procedimento. Secondo la dottrina, il Giudice tutelare può escludere l'audizione in ipotesi del tutto limitate, ovvero tutte le volte in cui manchi nell'interessato il benché minimo segno di vitalità espressiva. In questi casi l'esigenza istruttoria di accertamento della disabilità e della non autonomia del soggetto può essere ugualmente soddisfatta ricorrendo ad altre fonti di prova documentali (cartelle cliniche, perizie, relazioni degli operatori socio–sanitari). Anche in giurisprudenza si è pervenuti alla medesima conclusione la questione è stata risolta facendo riferimento alla ratio della norma ed al suo contenuto letterale. In particolare, fino ad oggi si è esclusa l'obbligatorietà dell'audizione solo in ipotesi tassative: irreperibilità del disabile, rifiuto irremovibile dell'interessato, accertate condizioni di salute cosi gravi (per esempio, ritiro autistico e coma vegetativo) da non riuscire ad instaurare alcun minimo dialogo o rapporto comunicativo con il Giudice e, infine, nel caso in cui un esame/audizione sia già stato condotto in altra sede processuale (a titolo esemplificativo, l'esame condotto dal Giudice tutelare non deve essere ripetuto in sede di reclamo e l'ascolto effettuato nel procedimento di inabilitazione non deve essere ripetuto in sede di procedimento di amministrazione). È per tutti pacifico che le condizioni di irreperibilità, di assoluta incomunicabilità e di totale mancanza di vitalità devono essere aliunde rigorosamente provate con adeguata documentazione, anche medica. Dal che si evince, al contrario, che l'audizione personale dell'amministrando ove questi, invece, sia capace di esprimere bisogni e richieste configura una condizione di procedibilità per la decisone nel merito del ricorso, cosicché il suo mancato espletamento, non sorretto da giusta causa ed adeguata motivazione, determina la nullità del procedimento. Orbene, nel caso in esame la Corte sembra essere andata oltre la rigorosa impostazione di cui si è appena riferito, ritenendo sufficiente ed equivalente “all'audizione” richiesta dall'art. 407, comma 2, c.c., la volontà manifestata dalla beneficiaria M.S. di nominare quale Amministratore di sostegno la madre e poggiando la valutazione della capacità della ricorrente di attendere ai propri interessi sulla documentazione medica e sulle dichiarazioni rese dai genitori e dagli operatori in sede processuale. Osservazioni
Per concludere, quindi, se l'obiettivo della riforma introdotta con la l. n. 6/2004 è quello di realizzare interventi di protezione "su misura" del singolo caso concreto, ben si comprende per quale ragione secondo la Suprema Corte l'istituto non può avere una portata esclusivamente rivolta alla tutela patrimoniale di chi ne beneficia: nel progetto di sostegno esistenziale rientra sì anche la problematica patrimoniale ma solo come aspetto eventuale, e talora necessario, ma certamente non assorbente dell'esistenza umana. A questo riguardo, l'introduzione del nuovo istituto ha segnato un'importante novità rispetto alla previgente disciplina, giacché se tra le funzioni del tutore rientravano la cura del patrimonio e della persona, questa era preclusa ai compiti dell'inabilitato: finché il soggetto manteneva anche solo un margine di capacità, giammai poteva essere affidato ad altri nella cura della persona. È dubbio, però, se l'incarico conferito dal Giudice tutelare all'Amministratore possa essere limitato - in concreto – all'espletamento sole funzioni relative alla cura personae, residuando al beneficiario la piena capacità d'agire rispetto alla sfera patrimoniale. Al riguardo occorre segnalare che secondo un recente orientamento della giurisprudenza di merito, sarebbe possibile conferire all'Amministratore compiti relativi alla sola cura della persona, per poi affiancargli un co-Amministratore con poteri relativi all'amministrazione del patrimonio. Altri giudici di merito e dottrina, però si sono espresse in senso contrario per due ragioni giuridiche: una testuale che si ricollega alla tassatività della tipologia delle figure di sostegno (e tale possibilità, a differenza di quanto previsto in materia di tutela, non è previsto dal legislatore) ed una logico-giuridica in forza della quale la presenza di due amministratori è incompatibile con la ratio della misura in esame. In ogni caso, secondo autorevole dottrina, i poteri relativi alla cura alla persona non possono ritenersi impliciti nell'incarico conferito all'Amministratore, occorrendo invece che a questi sia espressamente affidata dal Giudice mediante il decreto di nomina. Tuttavia, se nel dichiarare inammissibile il primo motivo la Corte offre una motivazione del tutto allineata al filone giurisprudenziale che si era formato in materia, non altrettanto può dirsi con riguardo al secondo motivo. Bisogna ammettere, infatti, che la lettura dell'ordinanza in esame – che a quanto consta non ha precedenti specifici – di fatto, suscita un'importante interrogativo: ovvero se il Giudice tutelare nel dichiarare l'apertura dell'amministratore possa prescindere dall'esame diretto del beneficiario previsto dall'art. 407 c.c., ricavando da altre fonti le sue richieste, i suoi bisogni e la sua volontà (per esempio, come nel caso di specie, dal ricorso proposto dallo stesso soggetto beneficiario ai sensi dell'art. 406 c.c.). Se così fosse, ritenuto pur sempre soddisfatto il “diritto di partecipazione” del beneficiario al procedimento di apertura dell'Amministrazione, riconosciuto in primis dalla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità adottata a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata dall'Italia per effetto degli artt. 1 e 2 l. 3 marzo 2009, n. 18, si supererebbe il limite delle ipotesi tassative (irreperibilità, insuperabile rifiuto e gravissime condizioni di salute del beneficiario) in cui si può omettere l'audizione diretta del beneficiario da parte del Giudice tutelare, senza incorrere nella nullità del procedimento. Infine, sotto altro profilo, si riterrebbero come fondamentali e sufficienti per la nomina dell'amministratore le dichiarazioni di soggetti (genitori e rappresentanti dei Servizi socio-assistenziali) la cui audizione è sempre stata pacificamente considerata come eventuale (al pari di quella del coniuge, della persona stabilmente convivente, dei parenti entro il quarto grado e degli affini entro il secondo, del tutore, del curatore e del pubblico ministero), per effetto del combinato disposto degli artt. 407, comma 3, 406 e 417, comma 1, c.c.. G. Bonilini, F. Tommaseo, Il codice civile commentato, Dell'Amministrazione di sostegno, artt. 404-413, Giuffrè, 2018 G. Cian e A. Trabucchi, Commentario breve al codice civile, (sub. Artt. 404, ss.) Padova, 2016, 502 A.Farolfi, Amministrazione di sostegno, Casistica e formule, Giuffrè, 2015 |