Il tutore del minore straniero accompagnato e non accompagnato

Paolo Oddi
12 Dicembre 2018

Un minore straniero può trovarsi sul territorio italiano senza i propri genitori, dunque privo di rappresentanza legale in Italia. Come è noto il d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142 (così come recentemente modificato dal d.lgs. 22 dicembre 2017, n. 220) ha compiutamente disciplinato le ipotesi dei minori stranieri non accompagnati attribuendo funzioni di Giudice Tutelare al Tribunale per i minorenni ma esistono anche minori accompagnati da parenti che possono assumerne la tutela sotto la vigilanza del Giudice Tutelare.
Il quadro normativo

Le norme sulla tutela e cioè gli artt. 343 ss.c.c., hanno retto talmente bene al passare del tempo che anche in tema di minori stranieri non accompagnati, fenomeno certamente imprevedibile nel 1942, il rinvio a quelle disposizioni è espresso.

Recita, infatti, l'art. 19 d.lgs. n. 142/2015: «L'autorità di pubblica sicurezza dà immediata comunicazione della presenza di un minore non accompagnato al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni e al Tribunale per i minorenni per l'apertura della tutela e la nomina del tutore ai sensi degli artt. 343 ss. c.c. e delle relative disposizioni di attuazione del medesimo codice, in quanto compatibili, e per la ratifica delle misure di accoglienza predisposte».

L'art. 343 c.c. infatti, così prevede: «Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la responsabilità genitoriale, si apre la tutela». L'inciso “per altre cause” è il caso tipico dei minori stranieri accompagnati e non, che pur avendo genitori viventi non sono, nel concreto, in grado di esercitare il loro ruolo di tutela e di rappresentanza legale, perché si trovano a migliaia di chilometri di distanza dai figli.

È importante precisare che al minorenne straniero che entra in Italia, anche se in modo illegale, sono riconosciuti tutti i diritti garantiti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (1989), che afferma, tra i suoi principi, che in tutte le decisioni relative al minore deve essere considerato prioritariamente il superiore interesse del ragazzo.

Il minore straniero non accompagnato

La legge n. 47/2017 (nota come “legge Zampa”) si è posta l'obiettivo di rafforzare i diritti, le garanzie e le tutele dei minori stranieri non accompagnati (nel gergo legislativo MSNA) nonché di dare attuazione uniforme alle norme per l'accoglienza degli stessi su tutto il territorio nazionale. Il picco dell'arrivo di MSNA nell'anno 2016 (25.846) ha dato la spinta decisiva al legislatore per varare una legge organica che mette al centro la protezione dell'interesse “migliore” di questa particolarmente vulnerabile categoria di minori di origine extracomunitaria che arrivano soli sul nostro territorio.

Punti cardine della nuova disciplina:

- l'istituzione dell'albo dei tutori volontari a cura dei tribunali per i minorenni;

- la priorità all'affidamento familiare rispetto alla permanenza in strutture d'accoglienza;

- la riduzione della permanenza nei centri di prima accoglienza (da 60 a 30 giorni) e il successivo trasferimento nel sistema c.d. SPRAR (sistema d'accoglienza per i richiedenti asilo e rifugiati, ridefinito dal d.l. n. 113/2018, c.d. decreto sicurezza, «Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati» poi convertito in l. 1 dicembre 2018, n. 132);

- la razionalizzazione delle tipologie di permessi di soggiorno rilasciabili (ridotti a due “per minore età” e “per motivi familiari”);

- la competenza al solo tribunale per i minorenni del rimpatrio assistito del minore;

- la definizione di standard omogenei per l'accertamento dell'età e per l'identificazione del minore, con coinvolgimento del minore e possibilità di ricorso.

Infine vengono ribaditi il diritto alla salute, quello all'istruzione e il diritto all'ascolto nei procedimenti amministrativi e giudiziari che li riguardano e all'assistenza legale (con patrocinio a spese dello Stato).

Il minore straniero accompagnato

Quando il minore può dirsi “accompagnato”?

  1. Quando è con uno o entrambi i genitori presenti sul territorio italiano
  2. Quando è affidato con provvedimento formale a parenti entro il terzo grado regolarmente soggiornanti;
  3. In alcuni casi di programmi di cooperazione internazionale (affidi temporanei, cure mediche ecc.)

1. Minori accompagnati dai genitori

Nulla questio se almeno un genitore vive con il minore. Quest'ultimo seguirà lo status del genitore sia esso titolare di permesso di soggiorno o meno.

Quando entrambi (o uno solo dei) genitori sono irregolari sul territorio è possibile attivare una procedura, prevista e disciplinata dall'art. 31, conma 3, T.U.I., in base alla quale i/il genitori/e irregolari/e chiede al tribunale per i minorenni un'autorizzazione alla permanenza sul territorio, in deroga a tutte le norme in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore. Tale autorizzazione (che può essere concessa anche ai fini dell'ingresso) si riferisce più genericamente al familiare e, dunque, può essere richiesta non solo da uno o entrambi i genitori ma anche da altro familiare che abbia un effettivo legame con il minore stesso. A tale autorizzazione segue di diritto il rilascio in favore del familiare di un permesso di soggiorno per “assistenza minore” che consente l'esercizio di attività lavorativa e l'iscrizione al SSN, ma non la sua conversione in altro titolo alla scadenza potendosi solo chiedere eventualmente una proroga al medesimo tribunale per i minorenni.

Nell'ipotesi in cui sia uno solo dei genitori a essere irregolare va richiamata la fondamentale sentenza Cass., S.U., n. 21799/2010 che ha chiarito che l'autorizzazione alla permanenza in favore di detto genitore può essere motivata, a seguito di approfondita istruttoria, a fronte dell'apprezzamento del rischio che la rottura dell'unità familiare possa tradursi in danno allo sviluppo psico-fisico per il minore.

2. Minori affidati a parenti

Diversa la questione dell'affido formale a parenti. Va precisato che in molti Paesi soprattutto dell'est europeo esiste la possibilità di affidare i figli a parenti con un atto notarile senza la necessità di alcun intervento giudiziario.

Con questa documentazione (tradotta e apostillata) è possibile rivolgersi al Giudice Tutelare del luogo in cui risiede il parente che ospita o ospiterà il bambino (il minore, infatti, ancorché inespellibile difficilmente avrà già la residenza nel territorio italiano) per ottenere l'apertura di una tutela ed essere nominato tutore. Il codice civile, infatti, specifica chiaramente all'art. 348 c.c., che la designazione del Tutore ricada su colui che è stato indicato con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata dal genitore che per ultimo ha esercitato la responsabilità genitoriale. Se manca la designazione, sono in ogni caso preferiti gli ascendenti, i parenti prossimi e gli affini.

Generalmente, ma non in tutti i casi, il Giudice Tutelare se si tratta di minori infradodicenni, chiede ai servizi sociali una relazione sull'idoneità dell'ambiente familiare che lo accoglie nominando tutore provvisorio l'istante per poi confermarlo tutore definitivo all'esito dell'indagine.

Se invece il minore ha compiuto i 12 anni deve obbligatoriamente essere sentito. Dall'ascolto del minore il Giudice Tutelare può, secondo il suo libero convincimento, nominare quale tutore anche un soggetto terzo nell'attesa degli opportuni approfondimenti. Il ragazzo potrebbe, infatti, non aderire al progetto migratorio pensato dai suoi genitori e chiedere, per esempio, di essere rimpatriato oppure mostrare particolarità fisiche o psichiche che necessitano di interventi complessi che consigliano la nomina dell'Ente (generalmente il comune ove è domiciliato il minore) pur mantenendo il collocamento presso i parenti.

Trattandosi di nomina del Tutore, competente per l'impugnazione è il Tribunale per i Minorenni.

Nel caso, infine, di affidamenti intrafamiliari avvenuti in territorio italiano, siano essi pronunciati dall'Autorità Giudiziaria, siano essi consensuali disposti dei Servizi Sociali e resi esecutivi dal Giudice Tutelare (art. 4 l. n. 184/1983), quest'ultimo avrà una funzione di mera vigilanza.

3. Minori presenti nel territorio in programmi di cooperazione internazionale

In questi casi non è necessaria l'apertura di una tutela perché generalmente si tratta di limitati periodi di soggiorno in Italia nei quali le associazioni che si occupano del programma si assumono la responsabilità per un limitato periodo in accordo con i Paesi di provenienza secondo le loro normative. Si tratta, generalmente, di affidi estivi o durante le vacanze di bambini orfani o di minori che vengono per cure di patologie particolari.

Tuttavia, se per circostanze diverse (la morte dei genitori durante la permanenza, l'impossibilità di un rimpatrio per una guerra sopravvenuta, la manifesta volontà del minore di non tornare in patria per discriminazione di genere ecc.), il soggiorno dovesse prolungarsi può essere opportuna l'apertura di una tutela. L'istante può essere il legale rappresentante dell'associazione titolare del programma che, una volta nominato Tutore può, in accordo con il Giudice Tutelare deciderne il collocamento ai sensi dell'art. 371 c.c..

In conclusione

Nel nostro ordinamento anche i minori stranieri godono di un buon sistema di tutele nel pieno rispetto delle convenzioni internazionali e dei principi costituzionali. Tuttavia, come spesso accade in questa materia, la frammentazione delle competenze non aiuta il cittadino, straniero e non, ad orientarsi. Occorre quindi capire bene la situazione in concreto del singolo minore e della sua eventuale rete parentale avendo cura di scegliere la strada che meglio si adatta alla singola vicenda e di verificare la completezza della documentazione fornita.

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