Condizioni, limiti e possibili sviluppi dell'esclusione del concorrente per significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto

Marco Cappai
24 Dicembre 2018

La decisione in commento affronta la questione della ripartizione dell'onere della prova nel sub-procedimento con cui la stazione appaltante, in contraddittorio con l'interessato, verifica l'affidabilità e integrità dell'operatore economico, allorquando risulti che quest'ultimo, nell'eseguire un contratto precedentemente affidato, non abbia correttamente adempiuto a una o più obbligazioni.
Massima

L'elenco dei comportamenti valutabili dalla stazione appaltante alla stregua di un “grave illecito professionale”, apprestato dall'art. 80, comma 5, lett. c) d. lgs. n. 50 del 2016 e ulteriormente dettagliato dall'art. 2.2.1.2 delle Linee guida n. 6 dell'Anac, deve ritenersi meramente esemplificativo e non tassativo.

Nell'ambito della discrezionalità di cui gode, l'amministrazione procedente è pertanto titolata a disporre l'esclusione dell'operatore economico le cui “significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione” (dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 135 del 2018: “significative o persistenti carenze”) , pur non avendo causato la risoluzione anticipata, non avendo dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni, appaiano comunque “tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

In tale evenienza, l'onere motivazionale della stazione appaltante – che, per come precisato dall'art. 2.2.1.4 delle Linee guida n. 6 dell'Anac, si appunta sui tre elementi della inaffidabilità dell'operatore economico, della gravità della fattispecie e della connessione tra la condotta valutata e l'oggetto del contratto da affidare (l'art. 5, comma 1 del d.l. n. 135 del 2018 ha altresì onerato la stazione appaltante di motivare espressamente in merito “al tempo trascorso dalla violazione”: cfr. la lett. c-ter del novellato art. 80, comma 5 Codice del 2016)– sarà ben più rigoroso e impegnativo rispetto alle ipotesi in cui si verifichino gli eventi esemplificati dal Legislatore (e dall'Anac).

L'apertura di una fase di interlocuzione con l'operatore economico circa il suo pregresso inadempimento, cui non faccia seguito il compiuto accertamento in ordine alla presenza di elementi effettivamente suscettibili di esprimere un giudizio di non affidabilità ma che si risolva, al contrario, nella mera presa d'atto dell'evento storico nella sua materialità, costituisce una “assolutizzazione” inidonea a fondare il provvedimento di esclusione.

Il caso

La pronuncia

che, ratione temporis, non ha fatto applicazione delle modifiche apportate all'art. 80, comma 5 d. lgs. n. 50 del 2016 (“Codice del 2016”) dall'art. 5, comma 1 d.l. n. 135 del 2018 – trae origine da una procedura aperta, indetta nel 2018, per l'affidamento della concessione del servizio di bar interno a un istituto scolastico. Disposta l'aggiudicazione provvisoria nei confronti del ricorrente, la stazione appaltante, venuta a conoscenza di un precedente inadempimento contrattuale dell'aggiudicatario nell'ambito di un contratto affidato dalla Provincia (nella specie: ritardato pagamento del canone concessorio), ha avviato una fase di interlocuzione in contraddittorio con l'operatore economico interessato, all'esito della quale, confermata la sussistenza dell'evento nella sua materialità e ritenute insufficienti le osservazioni presentate dall'operatore a proprio discarico, ha proceduto alla revoca in autotutela dell'aggiudicazione ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c) d. lgs. n. 50 del 2016 (“Codice del 2016”).

La questione

La decisione in commento affronta la questione della ripartizione dell'onere della prova nel sub-procedimento con cui la stazione appaltante, in contraddittorio con l'interessato, verifica l'affidabilità e integrità dell'operatore economico, allorquando risulti che quest'ultimo, nell'eseguire un contratto precedentemente affidato, non abbia correttamente adempiuto a una o più obbligazioni.

In particolare, il Giudice amministrativo è stato chiamato a stabilire se, a fronte della segnalazione di un inadempimento contrattuale, peraltro neanche foriero delle conseguenze tipizzate dal Legislatore (risoluzione anticipata “non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio” e, post d.l. n. 135 del 2018, semplice “risoluzione per inadempimento”; condanna al risarcimento del danno o applicazione di sanzioni), la stazione appaltante possa limitarsi a chiedere all'operatore economico di dimostrare la propria affidabilità e integrità, esprimendo poi un giudizio (in questo caso: di segno negativo e non adeguatamente motivato) in merito alle evidenze per tale via raccolte.

Le soluzioni giuridiche

La declaratoria di illegittimità del provvedimento di esclusione della società si fonda sui vizi della “carenza motivazionale e della presupposta inadeguatezza istruttoria” e fa ampio richiamo alla pronuncia, recentemente resa dalla medesima Sezione e pienamente in termini, n. 955 del 5 ottobre 2018.

Quanto al secondo profilo (primo in ordine logico), il TAR Lombardia ricorda anzitutto che, in linea di principio, nulla vieta alla stazione appaltante di disporre l'esclusione del concorrente anche a fronte di un inadempimento “che non abbia prodotto gli effetti risolutivi, risarcitori o sanzionatori tipizzati dal legislatore”.

La definizione di “grave illecito professionale” di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) Codice del 2016 – più ampia rispetto a quella di cui all'art. 38, comma 1, lett. f) del Codice del 2006 (Consiglio di Stato, parere n. 2286 del 2016) – si articola infatti in due parti: la prima, immediatamente precettiva, che delinea i confini della fattispecie astratta, stabilendo che l'esclusione va disposta in tutte quelle ipotesi in cui la stazione appaltante riscontri comportamenti “tali da rendere dubbia la […] integrità o affidabilità” dell'operatore economico; la seconda, di carattere meramente esemplificativo e non tassativo (ex multis: TAR Campania, Sez. V, n. 4781 del 2017), e, con l'entrata in vigore del d.l. n. 135 del 2018, riallocate nelle lettere c-bis e c-ter del comma 5, ove si illustrano i comportamenti che, almeno di regola (e fatta salva, in ogni caso, la valutazione contraria della stazione appaltante, da motivare sulla base delle concrete risultanze istruttorie), appaiono idonei a integrare la fattispecie astratta.

Rientra pertanto nella discrezionalità dell'amministrazione disporre l'esclusione del concorrente anche in presenza di pregressi inadempimenti che non abbiano (o non abbiano ancora) prodotto gli effetti specifici della risoluzione anticipata non contestata o confermata all'esito di un giudizio (o, dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 135 del 2018, della semplice “risoluzione per inadempimento”) e/o della condanna al risarcimento del danno o dell'applicazione di altre sanzioni.

Tuttavia, in simili casi la stazione appaltante è sottoposta a un onere istruttorio (e, a cascata, motivazionale) rinforzato, essendo chiamata a dimostrare che, nonostante la mancanza degli indicatori sintomatici di “gravità” tipizzati dal Legislatore (e confermati dall'Anac), l'inadempimento risulti, avuto riguardo a tutte le circostanze concrete del caso, tale da pregiudicare in modo significativo l'affidabilità e integrità dell'operatore economico ai fini della specifica commessa a gara.

Venendo al secondo profilo, il TAR Lombardia ha dovuto valutare la congruità della motivazione addotta dalla stazione appaltante a supporto della decisione di esclusione, in cui, preso atto dell'effettivo verificarsi dell'evento, l'Amministrazione si è limitata a porre l'accento sul fatto storico dell'inadempimento (“[l'operatore economico] non ha assolto i suoi obblighi per cui risulta insolvente, ai sensi dell'art. 80, c. 5, D.Lgs. 50/2016”).

Una simile motivazione – osserva il TAR – deve ritenersi tautologica, apparente e, dunque, insufficiente, disvelando il vizio (presupposto e) originario del difetto di istruttoria. L'istituto scolastico, infatti, non si è premurato di svolgere alcun accertamento in merito alla inaffidabilità e non integrità dell'operatore economico, alla gravità della fattispecie e alla connessione tra la condotta valutata e l'oggetto del contratto da affidare (v. art. 2.2.1.4 delle Linee guida n. 6 dell'Anac). Tale carenza è ridondata nella motivazione, ove nulla è stato illustrato in quanto nulla è stato, a monte, accertato.

Osservazioni

La pronuncia in commento appare largamente condivisibile nel merito delle conclusioni raggiunte e stimola alcune considerazioni ulteriori circa le modalità di rappresentazione (da parte dell'operatore economico) e di valutazione (da parte della stazione appaltante) delle “significative [o, dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 135 del 2018, “persistenti”] carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione” suscettibili di rilevare quali “gravi illeciti professionali” ex art. 80, comma 5, lett. c) Codice del 2016 (e, dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 135 del 2018, della lett. c-ter del comma 5).

In linea di principio, nulla osta alla considerazione, quali “gravi illeciti professionali”, anche di inadempimenti contrattuali che non abbiano prodotto conseguenze risolutorie, risarcitorie e/o sanzionatorie. Come si evince anche dalla giurisprudenza e dalla prassi formatesi sul vecchio art. 38, comma 1, lett. f), l'intera disciplina sui requisiti di ammissione dell'operatore economico alle gare pubbliche persegue infatti finalità di carattere preventivo/cautelari, mirando a evitare situazioni di pericolo e allarme sociale potenzialmente derivanti dalla selezione di un soggetto inaffidabile, non assumendo, di contro, un intento sanzionatorio (Consiglio di Stato, Sez. III, 13 maggio 2015, n. 2389; id., Sez.IV, 25 agosto 2006, n. 4999; AVCP, determinazione 12 gennaio 2010, n. 1). Ne viene che l'esclusione del candidato può legittimamente intervenire, salvo ove diversamente disposto (v. ad es. l'art. 80, comma 5, lett. h Codice del 2006), anche in mancanza di un accertamento (definitivo o provvisorio) della violazione presupposta, come del resto confermano la giurisprudenza e la prassi recentemente sviluppatesi in merito agli illeciti antitrust accertati con provvedimenti “esecutivi” dell'AGCM (v. art. 2.1.3.1, n. 1 delle Linee guida Anac n. 6; TAR Lazio, Roma, Sez. I, 31 gennaio 2018, n. 1119).

Tanto premesso, nel caso di specie già un “controllo parametrico esterno” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 gennaio 2016, n. 85) consentiva di cogliere il cattivo governo che la stazione appaltante ha fatto della propria discrezionalità. I vizi denunciati dalla ricorrente non attenevano infatti al merito delle valutazioni compiute dall'Amministrazione ma si appuntavano piuttosto su un (evidente) difetto di istruttoria e di motivazione, ulteriormente aggravato dalla circostanza che – mancando gli effetti che il Legislatore tipicamente connette all'inadempimento contrattuale con attitudine a sfociare in un provvedimento di esclusione (i.e. risoluzione non contestata o confermata in giudizio; condanna al risarcimento del danno e/o applicazione di altra penale) – il sub-procedimento di accertamento di inaffidabilità e non integrità del candidato avrebbe dovuto svilupparsi, contrariamente a quanto avvenuto, con un rigore procedimentale “rinforzato” (e non certo depotenziato).

Per altro profilo, sembra interessante notare come, una volta che l'Anac avrà istituito il sistema del rating di impresa di cui all'art. 83, comma 10 Codice del 2016 (cfr., al momento, la bozza di “Linee Guida recanti Istituzione del rating di impresa e delle relative premialità”, in consultazione fino al 29 giugno 2018 e in attesa di loro pubblicazione nella versione finale), il Codice considererà le modalità di esecuzione dei contratti precedentemente affidati da due diversi (e complementari) punti di vista: in negativo, con la possibile esclusione dalla gara per “gravi illeciti professionali” (art. 80, comma 5, lett. c) e e, dopo l'entrata in vigore del d.l. n. 135 del 2018, c-ter); in positivo, con la possibile valorizzazione, sia in fase di qualificazione che in sede di valutazione delle offerte, di “requisiti reputazionali valutati sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi che esprimono la capacità strutturale e di affidabilità dell'impresa” (art. 83, comma 10).

La sorte della vicenda concorsuale esaminata dal TAR Lombardia nella pronuncia in commento, in cui si riconosce espressamente la “salvezza […] di riesercizio del potere da parte della resistente Amministrazione”, induce inoltre a porsi un quesito ulteriore.

Supponiamo, infatti, che la riedizione del potere – stavolta entro canoni procedimentali congrui e rispettosi della cornice normativa di riferimento – conduca a confermare, sulla base di una (più attenta) valutazione, l'esclusione dell'aggiudicatario per inaffidabilità e non integrità dello stesso.

In questo scenario – così come in tutti i casi di partecipazione a una gara da parte dell'operatore economico che, pur risultando inadempiente di una o più obbligazioni sorte da contratti precedentemente affidati, non abbia subito gli eventi risolutivi, risarcitori e sanzionatori tipizzati dal Codice del 2016 – si potrebbe porre il problema dell'ammissibilità di una (tardiva) richiesta di self-cleaning ai sensi dell'art. 80, commi 7 e 8 Codice del 2016.

Come noto, l'adozione delle misure di self-cleaning non può infatti avvenire in qualsiasi momento della procedura, dovendo necessariamente “interven[ire] entro il termine fissato per la presentazione delle offerte o, nel caso di attestazione, entro la data di sottoscrizione del contratto con la SOA. Nel DGUE o nel contratto di attestazione l'operatore economico deve indicare le specifiche misure adottate” (v. art. 6.2 delle Linee guida Anac n. 6).

Per di più, in questa materia l'Anac ha attribuito un ruolo cruciale al principio di leale collaborazione, invitando “la stazione appaltante [a] valut[are] con massimo rigore le misure di self-cleaning [in caso di…] violazione del [suddetto] principio” (v. art. 6.5 delle Linee guida n. 6). Coerentemente con gli indirizzi dell'Anac, la giurisprudenza ha a più riprese affermato che, in relazione alla clausola di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) Codice del 2016, la gravità dell'evento deve essere ponderata in via esclusiva dalla stazione appaltante, sicché l'operatore economico è tenuto a dichiarare, senza filtro alcuno, tutte le situazioni ed eventi potenzialmente rilevanti ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale di partecipazione alle procedure concorsuali e a rimettersi alla valutazione della stazione appaltante (Consiglio di Stato, parere n. 2042 del 2017; id., Sez. III, n. 4192 del 2017, che ha confermato TAR Veneto, Sez. III, n. 171 del 2017).

Per tutti questi motivi sembra ragionevole attendersi che, quantomeno nel corrente contesto giuridico, la richiesta di self-cleaning avanzata dall'operatore economico successivamente all'apertura di un sub-procedimento di esclusione nei suoi confronti venga almeno di regola rigettata.

Ci si chiede al riguardo se il rigore di tali orientamenti non possa temperarsi quantomeno in presenza di situazioni come quella in esame, in cui l'operatore potrebbe aver omesso di comunicare il pregresso inadempimento alla stazione appaltante (e, correlativamente, potrebbe aver deciso di non comunicare misure di self-cleaning prima della presentazione dell'offerta e del DGUE) per aver nutrito una qualche forma di affidamento nel testo della legge, in cui, ancorché in via meramente esemplificativa e non tassativa, si attribuisce efficacia (potenzialmente) escludente unicamente a quegli inadempimenti che siano sfociati in fenomeni risolutori, risarcitori e/o sanzionatori.