L'errata indicazione dei costi di manodopera comporta l'esclusione dalla gara e non il ricorso al soccorso istruttorio

07 Gennaio 2019

La definizione del costo della manodopera integra un profilo essenziale dell'offerta stessa, sicché la modifica dei valori indicati non rappresenta una mera integrazione di carenze documentali superabili mediante il c.d. soccorso istruttorio, ma rappresenta “una variazione essenziale dell'offerta” ammissibile solo nell'ambito dei “limitati aggiustamenti” praticabili in sede di verifica della congruità dell'offerta stessa”.

Il caso. A seguito di una procedura di gara, l'offerta del Consorzio ricorrente si era classificata al primo posto e, conseguentemente, veniva invitato a trasmettere la documentazione necessaria alla verifica dei costi di manodopera. Nel corso della verifica indicata, l'Amministrazione riscontrava che il Consorzio, nel fornire la documentazione giustificativa, aveva indicato un nuovo importo come costo complessivo della manodopera, quantificandolo in 620.196,27 euro e specificando che la diversità del valore indicato in offerta, pari a 220.000,00 euro, sarebbe da ricondurre ad un mero errore materiale. A fronte di tale giustificazione, l'Amministrazione, rilevando che “i costi della manodopera (..) costituiscono un elemento essenziale dell'offerta presentata in sede di gara non integrabile o modificabile nemmeno con il soccorso istruttorio” non accoglieva la richiesta del Consorzio di rettificare l'importo della manodopera, disponendone, conseguentemente, l'esclusione. Tanto il provvedimento di esclusione, quanto la successiva aggiudicazione in favore della controinteressata, sono state impugnate dal Consorzio.

Le questioni controverse. Il Consorzio ricorrente lamentava, inter alia, la violazione dell'art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, in quanto: i) la rettifica del valore di costo della manodopera rientrerebbe tra le modifiche consentite in sede di verifica di congruità; ii) la previsione – contenuta nel bando di gara – dell'indicazione di tale costo non sarebbe assistita dall'esplicita previsione della sanzione dell'esclusione. Viene, inoltre, prospettata, in via subordinata, l'illegittimità costituzionale dell'art. 95, comma 10, del d.lgs n. 50/2016, per violazione dell'art. 41 Cost. .

La soluzione del TAR. Dalla lettura dell'art. 95, comma 10, c.c.p., a detta del Collegio, deriverebbe che:

a) in sede di offerta, la definizione del costo della manodopera integra un profilo essenziale dell'offerta stessa, sicché la modifica dei valori indicati non rappresenta una mera integrazione di carenze documentali superabili mediante il c.d. soccorso istruttorio, ma rappresenta, piuttosto, una variazione essenziale dell'offerta, ammissibile solo nell'ambito dei “limitati aggiustamenti” praticabili in sede di verifica della congruità dell'offerta stessa” . Le lacune non emendabili relative a tale voce di costo conducono necessariamente all'esclusione dalla gara dell'offerta, anche in mancanza di un'espressa previsione del bando, trattandosi, di lacune riguardanti i profili essenziali dell'offerta. Quanto detto, inoltre, sarebbe coerente con un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui “la verifica di congruità non è diretta ad evidenziare singole inesattezze dell'offerta (la c.d. “caccia all'errore”), ma mira ad accertare se l'offerta nel suo complesso sia attendibile ed affidabile e, dunque, se sia o meno in grado di offrire serio affidamento circa la corretta esecuzione della prestazione richiesta” (ex multis, TAR Lombardia, Milano, sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 63).

b) resta fermo, dunque, il principio dell'immodificabilità dell'offerta, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti, salva la possibilità di limitati aggiustamenti, sicché è stato ritenuto ammissibile che “a fronte di determinate voci di prezzo giudicate eccessivamente basse e, dunque, inattendibili, l'impresa dimostri che, per converso, altre voci sono state inizialmente sopravvalutate e che in relazione alle stesse è in grado di conseguire un concreto, effettivo, documentato e credibile risparmio, che compensa il maggior costo di altre voci”( Cons. St., sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3146).

c) risulta coerente con lo scopo della verifica e con il rispetto dei principi di parità di trattamento e divieto di discriminazione: i) una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo (rispetto a quelle eventualmente già fornite), lasciando, però, le voci di costo invariate; ii) un aggiustamento di singole voci di costo, dovuto a seguito di sopravvenienze di fatto o normative, “che comportino una riduzione dei costi, o che consistano in originari e comprovati errori di calcolo o in altre ragioni plausibili”.

d) nel corso della verifica della congruità delle voci di costo, compreso quella della manodopera, è ammissibile la correzione di errori materiali, tuttavia un consolidato orientamento giurisprudenziale ha precisato che “l'errore materiale direttamente emendabile è soltanto quello che può essere percepito o rilevato ictu oculi, dal contesto stesso dell'atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque” (ex multis, Cons. St., sez. V, 11 gennaio 2018, n. 113; Id., sez. VI, 2 marzo 2017, n. 978).

In conclusione, il TAR ha respinto il ricorso. Sulla base dei richiamati principi giurisprudenziali il Collegio ha ritenuto legittima la scelta compiuta dalla Stazione Appaltante in quanto, in particolare, l'esposizione del costo della manodopera di 220.000,00 euro, in luogo del valore (successivamente indicato) di 620.196,27 euro, non può essere ricondotta, in alcun modo, ad un mero errore materiale tantomeno emergente ictu oculi.

In merito alla presunta illegittimità costituzionale dell'art. 95, comma 10, c.c.p. il TAR ha chiarito che l'indicazione dei costi della manodopera, con i relativi controlli da parte dell'Amministrazione, risponde all'esigenza “di garantire il rispetto di condizioni minime inderogabili di svolgimento delle attività lavorative, poste a tutela dei lavoratori” e, in tal senso, tale disposizione rappresenta “il precipitato” dello stesso art. 41 Cost. in quanto, pur garantendo la libertà dell'iniziativa economica, ne individua i limiti costituzionali, “prescrivendo che essa non possa comunque svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

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