Giudizio dinnanzi ai tribunali delle acque pubbliche

Lunella Caradonna
09 Gennaio 2019

La disciplina del tribunale superiore delle acque pubbliche e dei tribunali regionali è dettata dagli artt. 138 – 210 R.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici).
Inquadramento

La disciplina del tribunale superiore delle acque pubbliche e dei tribunali regionali è dettata dagli artt. 138 – 210 R.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici).

I tribunali regionali hanno natura di organo specializzato dell'autorità giudiziaria, sia perché l'art. 138, comma 2, R.d. n. 1775/1933, espressamente prevede che il «tribunale è costituito da una sezione della corte d'appello»; sia perché l'art. 64, comma 2, R.d. 30 gennaio 1941 n. 12 precisa che «il tribunale regionale delle acque pubbliche costituisce una sezione della corte di appello presso la quale è istituito».

La teoria maggioritaria definisce i tribunali regionali come organi specializzati della magistratura ordinaria, mentre il Tribunale Superiore delle acque pubbliche è giudice ordinario, quando giudica in appello sulle pronunce dei Tribunali regionali, ed è giudice speciale, quando giudica in unico grado, in tema di interessi legittimi.

I componenti tecnici dei tribunali delle acque pubbliche

La materia trattata dai tribunali delle acque pubbliche è molto eterogenea e comporta l'esame di aspetti tecnici che rende, secondo una certa dottrina, necessaria la presenta di componenti tecnici al loro interno.

Al riguardo sono sorti dei forti dubbi di costituzionalità sulle norme che prevedono la composizione dei tribunali regionali e del Tribunale superiore delle acque pubbliche con dei soggetti che, dopo la nomina, continuano a prestare servizio presso le loro amministrazioni di appartenenza, con vincolo gerarchico nei confronti dei loro superiori.

La Corte costituzionale ha dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 138 del regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775 «nella parte in cui prevede che siano aggregati al Tribunale regionale delle acque pubbliche tre funzionari dell'ex Genio civile, uno dei quali deve intervenire nel collegio giudicante » è ha affermato la necessità di garantire il rispetto «del principio di indipendenza e terzietà del giudice, quale elemento essenziale alla stessa intrinseca natura della giurisdizione, che si identifica nella indipendenza istituzionale del giudice e nella sua posizione di terzo imparziale, qualunque siano le parti in giudizio, compresa la pubblica amministrazione; necessità che deve essere salvaguardata anche con riferimento all'inserimento di estranei alla magistratura in sezioni specializzate di organi giudiziari ordinari o negli organi speciali di giurisdizione previsti dall'art. 102, comma 2 e 108, comma 2 della Costituzione» (Corte cost., 17 luglio 2002, n. 353).

É stato posto il problema (che non ha trovato alcuna soluzione) se i principi affermati dai giudici delle leggi potessero fare ravvisare, nella nomina dei componenti tecnici del Tribunale superiore delle acque pubbliche, gli stessi rischi per l'indipendenza del giudice già ravvisati nel caso dei tribunali regionali; anche se, nel caso del Tribunale superiore, il pericolo per l'indipendenza del giudice tecnico sarebbe minore, in quando non riguarderebbe lo svolgimento delle funzioni di amministrazione attiva nell'ufficio di appartenenza, ma la partecipazione al Consiglio superiore dei lavori pubblici, organo caratterizzato da attribuzioni per lo più consultive.

La competenza

Il Tribunale Superiore delle acque pubbliche giudica, con diversa composizione, sia in materia di diritti soggettivi che di interessi legittimi.

Nel primo caso, a sensi dell'art. 142R.d. n. 1775/1933, conosce in grado di appello tutte le cause decise in primo grado dai tribunali regionali delle acque pubbliche aventi sede nelle Corti d'Appello di Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari sulle materie di loro competenza indicate negli artt. 140 e 141 R.d. n. 1775/1933, ovvero controversie intorno alla demanialità delle acque, circa i limiti dei corsi o bacini loro alvei e sponde; controversie aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica; controversie di qualunque natura, riguardanti la occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le conseguenti indennità; controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione; ricorsi previsti dagli artt. 25 e 29 del testo unico delle leggi sulla pesca approvato con R.d. 8 ottobre 1931, n. 1604.

Nel secondo caso, quale organo di giurisdizione amministrativa, ha cognizione diretta sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti presi dalla amministrazione in materia di acque pubbliche; sui ricorsi, anche per il merito, contro i provvedimenti dell'autorità amministrativa indicati nell'art. 217 R.d. n. 1775/1933 riguardanti l'esecuzione di opere idrauliche e nell'art. 221 in tema di contravvenzioni che alterino lo stato delle cose, nonché contro i provvedimenti adottati dall'autorità amministrativa in materia di regime delle acque pubbliche; sui ricorsi in materia di diritti esclusivi di pesca (art. 143 R.d. n. 1775/1933).

La giurisdizione di legittimità in unico grado attribuita al Tribunale superiore delle acque pubbliche dall'art. 143, comma 1, lett. a), del R.d. n. 1775/1933, con riferimento ai «ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche», sussiste solo quando provvedimenti amministrativi impugnati siano caratterizzati da incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche, nel senso che concorrano, in concreto, a disciplinare la gestione, l'esercizio delle opere idrauliche, i rapporti con i concessionari o a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio ed alla realizzazione delle opere stesse od a stabilire o modificare la localizzazione di esse o ad influire nella loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti, mentre restano fuori da tale competenza giurisdizionale tutte le controversie che solo in via di riflesso, o indirettamente, abbiano una siffatta incidenza (Cass. civ., 31 luglio 2017, nn. 18976 e 18977).

I rapporti riguardanti gli ambiti territoriali ottimali rientrano, ai sensi dell'art. 143, comma 1, lett. a), R.d. n. 1775/1933, tra quelli riservati alla cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, in unico grado di legittimità, quando da loro discendano ricadute sulla gestione e sulla conduzione del sistema idrico integrato che, mirando a garantire la gestione di racconto servizio in termini di efficienza, efficacia ed economia, accesso diretto al regime delle acque pubbliche e del loro utilizzo (Cass. civ., Sez. Un., 11 giugno 2018, n. 15105).

Il Tribunale Superiore delle acque pubbliche ha anche competenza, sia in grado di appello che in sede di legittimità, per le controversie relative alle acque pubbliche sotterranee e per quelle concernenti la ricerca, l'estrazione e l'utilizzazione delle acque sotterranee nei comprensori soggetti a tutela sempre che le controversie interessino la pubblica amministrazione (art. 144 R.d. n. 1775/1933).

In evidenza

Non sussiste la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche in ordine all'impugnazione di un'ordinanza comunale con la quale venga disposto il divieto di utilizzazione come discarica di un'area di proprietà del demanio idrico (coincidente con il corso di un torrente), trattandosi di un provvedimento rivolto esclusivamente a scongiurare il danno ambientale insito nelle discariche incontrollate, privo d'incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche e conseguentemente assoggettato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Cass. civ., Sez. Un., 9 novembre 2011, n. 23300).

A seconda se il Tribunale Superiore delle acque pubbliche giudichi in sede di appello o in unico grado varia la composizione del collegio e mentre in grado di appello decide con cinque votanti (il Presidente, due consiglieri di Cassazione, un consigliere di Stato e un tecnico); in sede di giurisdizione amministrativa decide con sette votanti (il Presidente, due consiglieri di Cassazione, tre consiglieri di Stato e un tecnico).

La Corte costituzionale ha dichiarato «l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 139 e 143, comma 3, R.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), nella parte in cui non prevede meccanismi di sostituzione del componente astenuto, ricusato o legittimamente impedito del Tribunale superiore delle acque pubbliche» (Corte cost., 3 luglio 2002, n. 305).

La procedura del Tribunale Superiore delle acque pubbliche

L'art. 190 R.d. n. 1775/1933 dispone che per i giudizi di appello innanzi al Tribunale Superiore delle acque si osservano le forme indicate negli articoli 138 e ss. del R.d. n. 1775/1933.

Inoltre, per tutto ciò che non sia regolato da specifiche disposizioni si osservano le norme del codice di procedura civile, dell'ordinamento e del regolamento giudiziario, approvati con i regi decreti 6 dicembre 1865, n. 2626 e 14 dicembre 1865, n. 2641, e delle successive leggi modificatrici ed integratrici, nonché, per i ricorsi previsti nell'art. 143, le norme del Titolo III, Capo II, del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, delle leggi sul Consiglio di Stato (art. 208 R.d. n. 1775/1933).

Nel procedimento di secondo grado davanti al Tribunale superiore delle acque pubbliche avverso pronuncia del tribunale regionale, in mancanza di una norma che espressamente disciplini il contenuto dell'atto introduttivo del giudizio d'appello, si applicano, in forza del rinvio contenuto nell'art. 208 del R.d. n. 1775/1933, le regole del codice di procedura civile e, dovendo detto rinvio intendersi di natura non già recettizia, bensì formale, e, quindi, dinamicamente riferito alle corrispondenti norme del codice vigente che regolano il giudizio di gravame, anche l'appello dinanzi al Tribunale superiore deve seguire le prescrizioni dettate dall' art. 342 c.p.c., nel testo formulato dal decreto-legge n. 83 del 2012 , convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134/2012 (Cass. civ., Sez. Un., 28 dicembre 2017, n. 31113).

La procedura davanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche prevede una fase di istruttoria molto articolata condotta da un giudice delegato dal Presidente.

Le istanze vengono proposte con ricorso notificato con le norme previste dal codice di procedura civile e, se si tratta di Amministrazioni dello Stato, con l'osservanza dei principi sul foro erariale.

É prevista anche la notificazione per pubblici proclami e il ricorso deve contenere la citazione a comparire dinanzi al giudice del Tribunale delle acque, delegato a norma dell'art. 157 R.d. n. 1775/1933.

Il ricorso è sottoscritto dalla parte o dal difensore e il mandato può essere scritto in calce al ricorso, ovvero conferito con procura speciale o generale alle liti, anche in data posteriore al ricorso.

Nei giudizi devoluti in unico grado al Tribunale superiore delle acque pubbliche, ai sensi dell'art. 143, comma 1, del R.d. n. 1775/1933, la tardività del ricorso introduttivo che non sia stata eccepita né rilevata dal Tribunale, può essere dalla parte dedotta per la prima volta nel giudizio in cassazione, perché si tratta di questione rilevabile anche d'ufficio dalla Suprema Corte, non essendosi formato alcun «decisum» su di essa (Cass. civ., Sez. Un., 6 dicembre 2017, n. 29201).

La parola «parte», per espressa previsione di legge, indica anche i procuratori o avvocati legalmente costituiti, con la conseguenza che sono sempre valide le notificazioni degli atti del procedimento, delle ordinanze e delle sentenze, fatte al procuratore o avvocato legalmente costituito (art. 154 R.d. n. 1775/1933).

I termini a comparire sono di venti o di trenta giorni, a seconda del luogo di residenza del resistente, ma la parte citata può con un contro-ricorso fissare un termine più breve, ma in ogni caso a venti e trenta giorni.

Una peculiarità del giudizio dinnanzi al Tribunale Superiore delle acque pubbliche è la figura del giudice delegato (che non può essere un giudice tecnico), nominato dal presidente con ordinanza stesa in calce al ricorso e annotata nel fascicolo di causa, davanti al quale le parti possono comparire personalmente o a mezzo di avvocato.

Il giudice, tuttavia, se lo ritiene necessario, può disporre che la parte comparsa personalmente si faccia assistere da un difensore.

All'udienza fissata dal Presidente dinnanzi al giudice delegato, il convenuto può dare la sua risposta oralmente o per iscritto, se non lo abbia già fatto con il contro-ricorso e il giudice delegato può rinviare l'udienza per consentire al convenuto di dare la risposta o produrre i documenti.

Le domande riconvenzionali proposte dal convenuto vanno specificamente notificate al ricorrente.

In generale, le istanze e le difese ulteriori possono proporsi oralmente o per iscritto nelle udienze successive alle quali sia eventualmente rinviata la causa, ma i rinvii possono essere consentiti dal giudice delegato soltanto per giustificati motivi e la causa non trattata o non differita è cancellata dal ruolo.

Si applicano i principi della connessione e il regolamento di competenza che una parte può chiedere con domanda proposta al presidente del Tribunale Superiore delle acque che provvede entro trenta giorni con ordinanza non soggetta a reclamo al collegio, nè a denuncia per cassazione, nè a revocazione.

Nel caso in cui uno dei due tribunali aditi con cause connesse abbia già pronunciato sentenza definitiva, la domanda di regolamento della competenza non è più possibile.

Le ordinanze del giudice sull'ammissione dei mezzi istruttori possono essere emesse sull'accordo delle parti.

Se sono pronunciate senza accordo possono essere impugnarsi nel termine di tre giorni dalla pronuncia o se emesse in udienza o dalla loro comunicazione in ogni altro caso e il giudice le può dichiarare esecutive nonostante il gravame.

La procedura davanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche consente l'interrogatorio formale, il giuramento decisorio e la prova testimoniale che può essere dedotta oralmente o per iscritto e può essere disposto anche d'ufficio dal giudice delegato e ancora accertamenti tecnici.

In questo caso, se sorge la necessità di sentire testimoni, il giudice può procedere senza formalità e riassumendo nel verbale le loro dichiarazioni.

In casi eccezionali, il giudice può nominare un tecnico per i rilievi necessari, la descrizione dei luoghi e la constatazione dello stato di fatto.

Il giudice delegato può disporre in ogni momento la comparizione personale delle parti, che sono interrogate separatamente o in confronto fra loro, a seconda delle circostanze e quando dall'esame delle parti si manifesti la possibilità' di transigere o conciliare la lite, il giudice si adopera in tale senso, redigendo verbale della conciliazione.

Il verbale ha efficacia esecutiva nei confronti delle parti intervenute.

L'intervento di altre parti nel giudizio è ammissibile fino a quando il giudice delegato non rimette le parti al Tribunale e se sorgono controversie sull'intervento in causa e sulla chiamata in garanzia il giudice provvede con ordinanza soggetta ad impugnativa dinanzi al Tribunale.

L'Amministrazione dello Stato ha sempre l'interesse a intervenire nelle cause, anche fra i privati, che comunque si riferiscano ad acque pubbliche.

Il giudice delegato, dopo avere compiuto l'istruttoria e dopo la presentazione delle conclusioni all'udienza di spedizione rimette le parti al Tribunale, con possibilità di presentare memorie fino a sette giorni prima della discussione.

Le parti possono presentare memorie scritte ad illustrazione delle conclusioni, ma non sono ammesse, dopo tale provvedimento, a produrre nuovi documenti e a cambiare le conclusioni già prese.

La sentenza emessa dal Tribunale può essere di rigetto se il ricorso è infondato, o di annullamento dell'atto amministrativo , salvi gli ulteriori provvedimenti dell'autorità emanante, o di quella eventualmente competente.

L'art. 186 del R.d. n. 1775/1933 prevede una specifica forma di perenzione se per il corso di sei mesi non sono stati fatti atti della procedura.

In evidenza

Sulla istanza delle parti può essere ordinata la esecuzione provvisoria delle sentenze dei Tribunali di prima istanza, ma nei confronti dell'amministrazione dello Stato l'esecuzione provvisoria non può essere accordata.

Le sentenze emesse dal Tribunale Superiore in grado di appello sono esecutive e il ricorso per Cassazione non ne sospende l'esecuzione.

Per l'esecuzione si osservano le norme stabilite dal codice di procedura civile.

In particolare, l'appello

Il termine per proporre appello è di trenta giorni dalla notificazione del dispositivo e si presenta con ricorso.

Le decisioni interlocutorie dei Tribunali di primo grado e quelle che pronunzino su questioni pregiudiziali sono impugnabili soltanto insieme con la sentenza definitiva, mentre la sentenza che in parte sia interlocutoria o pronunzi su questioni pregiudiziali e in parte sia definitiva può essere impugnata solo per la parte definitiva.

É comunque consentita la riserva di appello a dopo la pronunzia della sentenza che pone termine all'intero giudizio, con regolare atto di notificazione da depositare entro il termine assegnato per l'appello.

I ricorsi al Tribunale Superiore delle acque pubbliche vanno notificati sia all'autorità che ha emanato l'atto o provvedimento impugnato, sia alle persone alle quali l'atto o provvedimento direttamente si riferisce.

A pena di decadenza, il ricorrente deve depositare, almeno cinque giorni prima che scada il termine per la comparizione, assegnato nel ricorso al Tribunale Superiore, il ricorso col provvedimento impugnato.

La mancanza del deposito del provvedimento impugnato non importa decadenza se dipende dall'impossibilità di produrlo a causa del rifiuto dell'Amministrazione alla domanda di rilascio della copia di esso, ma il rifiuto deve risultare al verbale dell'ufficiale giudiziario o di notaio da depositarsi insieme col ricorso.

La Corte cost. ha dichiarato, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 194, comma 1, R.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, limitatamente alla parola «definitivo» (Corte cost., sent., 31 gennaio 1991, n. 42).

La proposizione del gravame non ha effetto sospensivo; ma l'esecuzione dell'atto o del provvedimento può essere sospesa per gravi ragioni con ordinanza motivata del giudice delegato, ad istanza del ricorrente.

É previsto un potere istruttorio del giudice delegato del Tribunale Superiore, quando l'istruttoria è incompleta o i fatti affermati nell'atto o nel provvedimento impugnato sono in contraddizione coi documenti.

In questi casi, il giudice delegato può richiedere all'Amministrazione interessata nuovi chiarimenti e documenti ovvero ordinare alla stessa di fare nuove verificazioni, autorizzando le parti ad assistervi ed anche a produrre determinati documenti.

Il Tribunale Superiore, se riconosce infondato il ricorso, lo rigetta.

Se lo accoglie per motivi di incompetenza, annulla l'atto o il provvedimento impugnato e rimette l'affare all'autorità amministrativa competente.

Se l'accoglie per altri motivi annulla l'atto o il provvedimento, salvo gli ulteriori provvedimenti dell'autorità amministrativa.

Ai sensi dell'art. 199 R.d. n. 1775/1933 le sentenze pronunciate dal Tribunale superiore delle acque pubbliche, tanto in contraddittorio che in contumacia, possono essere revocate dallo stesso Tribunale su istanza della parte.

Contro le decisioni pronunciate in grado di appello dal Tribunale superiore delle acque pubbliche è ammesso il ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione per incompetenza o eccesso di potere; per violazione o falsa applicazione di legge; per difetto di giurisdizione o per vizio di motivazione (art. 360, ultimo comma, c.p.c.).

Nei casi di annullamento per violazione di legge o vizio di motivazione, la causa è rinviata allo stesso Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche il quale deve conformarsi alla decisione della Corte di cassazione sul punto di diritto sul quale essa ha pronunciato.

Contro le decisioni del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche nelle materie contemplate nell'art. 143 è ammesso il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione soltanto per difetto di giurisdizione.

In evidenza

Il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione avverso la sentenza del Tribunale Superiore della Acque pubbliche è disciplinato dalle norme del vigente codice di procedura civile che regolamentano l'ordinario ricorso per cassazione, atteso che il rinvio operato dalle norme contenute nel R.d. n. 1775/1933 alla disciplina del codice processuale civile non deve intendersi come recettizio, ma come rinvio formale, ossia non alle specifiche norme richiamate, bensì al contenuto di esse come mutato nel tempo.

É previsto, infine, un procedimento di rettificazione delle sentenze, che nel caso di dissenso va introdotto con ricorso.

Riferimenti

Mastrangelo Giovanni, I tribunali delle acque pubbliche, Il Corriere giuridico, Monografie, Collana diretta da Vincenzo Carbone, Milano, Ed. 2009.

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