L’istanza di visibilità del fascicolo telematico

Giuseppe Vitrani
17 Gennaio 2019

L'istanza di visibilità si pone come momento fondamentale per la tutela della parte convenuta o resistente in qualsiasi tipologia di giudizio (ordinario, esecutivo o di volontaria giurisdizione), essendo la modalità attraverso la quale è possibile accedere al fascicolo telematico.
Introduzione

L'istanza di visibilità si pone come momento fondamentale per la tutela della parte convenuta o resistente in qualsiasi tipologia di giudizio (ordinario, esecutivo o di volontaria giurisdizione), essendo la modalità attraverso la quale è possibile accedere al fascicolo telematico ed avere contezza della documentazione prodotta dalla parte attrice o ricorrente a supporto delle domande formulate in giudizio.

Il quadro normativo

Il quadro normativo che sorregge il deposito delle istanze di visibilità, ovvero delle istanze inoltrate dai difensori delle parti non costituite per ottenere l'accesso ai fascicoli digitali presenti sugli applicativi ministeriali SICID e SIECIC, trova preciso supporto normativo all'interno del codice di rito.

Ai sensi dell'art. 76 disp. att. c.p.c., infatti, “le parti o i loro difensori muniti di procura possono esaminare gli atti e i documenti inseriti nel fascicolo d'ufficio e in quelli della altre parti e farsene rilasciare copia dal cancelliere, osservate le leggi sul bollo”.

In applicazione di tale norma, con Circolare del 28 ottobre 2014, prima, e con la Circolare del 23 ottobre 2015, dopo, il Ministero della Giustizia chiariva la necessità di garantire alle parti non costituite la visione di atti e documenti e che a tal fine sin dal 25 giugno 2014, la Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati (DGSIA) aveva rilasciato un aggiornamento delle specifiche tecniche relative al deposito di atti, finalizzato a consentire a soggetti non costituiti l'accesso temporaneo a singoli fascicoli in via telematica, eliminando la necessità di un accesso fisico ai locali di cancelleria.

Nelle Circolari in esame si chiariva altresì che la mera visione del fascicolo informatico doveva ritenersi gratuita, mentre per l'estrazione di copia e per il pagamento dei relativi diritti sarebbero valse le regole generali.

Sul punto la norma di riferimento è l'art. 269 del Testo Unico delle Spese di Giustizia, il quale, a seguito delle integrazioni apportate dal d.l. 24 giugno 2014, n. 90, dispone quanto segue:

1. Per il rilascio di copie di documenti su supporto diverso da quello cartaceo è dovuto il diritto forfettizzato nella misura stabilita dalla tabella, contenuta nell'allegato n. 8 del presente testo unico.

1-bis. Il diritto di copia senza certificazione di conformità non è dovuto quando la copia è estratta dal fascicolo informatico dai soggetti abilitati ad accedervi”.

L'intervento normativo ha dunque eliminato ogni dubbio circa la gratuità dell'estrazione di copie dal fascicolo telematico, anche ovviamente per i soggetti che accedono allo stesso a seguito di inoltro dell'istanza di visibilità.

L'istanza di visibilità nella giurisprudenza

La giurisprudenza di merito ha avuto modo di occuparsi degli effetti che può avere il deposito dell'istanza di visibilità ai fini del decorso dei termini di impugnazione (o di reclamo, nel caso specifico).

Si segnala al momento un precedente isolato secondo il quale “l'accoglimento della richiesta di visibilità del fascicolo informatico, determinando in capo alla parte la conoscenza legale del contenuto di detto fascicolo, fa decorrere il termine per proporre reclamo avverso l'ordinanza già resa che chiude il procedimento” (Trib. Rieti, ord. 20 ottobre 2016).

Nel caso di specie il difensore di una delle parti reclamanti (evidentemente non costituito nella prima fase di un procedimento cautelare) aveva chiesto ed ottenuto accesso al fascicolo informatico di causa. In ragione di ciò la parte resistente eccepiva la tardività del reclamo stesso, assumendo che il termine di legge (15 giorni dalla notificazione o – se anteriore – dalla comunicazione del provvedimento cautelare) era ormai scaduto, in quanto la richiesta visibilità del fascicolo doveva intendersi equivalente a legale conoscenza del suo contenuto (ivi compresa, quindi, l'ordinanza successivamente fatta oggetto di reclamo) e, pertanto, aveva prodotto la decorrenza del predetto termine (pacificamente già scaduto, se computato da quel dies iniziale).

In maniera invero sorprendete tale eccezione veniva accolta, tant'è che il Collegio giudicante riteneva che la visibilità del fascicolo telematico rientrasse tra i fatti o atti giuridici equivalenti alla comunicazione di Cancelleria, come tali idonei a consentire il decorso del termine per l'impugnazione.

Va detto che il provvedimento in questione si presta a forti critiche, ponendosi in forte contrasto con l'orientamento pressoché unanime della Suprema Corte, secondo la quale “sebbene le comunicazioni di cancelleria debbano avvenire, di norma, con le forme previste dall'art. 136 c.p.c. e art. 45 disp. att. c.p.c. (consegna del biglietto effettuata dal cancelliere al destinatario ovvero notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario), esse possono essere validamente eseguite anche in forme equivalenti, purchè risulti la certezza dell'avvenuta consegna e dell'individuazione del destinatario” (Cass. 21428/14 e molte altre conformi).

Nel caso di specie, evidentemente, difettava del tutto non solo la certezza dell'avvenuta consegna e dell'individuazione del destinatario richieste dalla giurisprudenza ma anche la certezza del fatto che la parte avesse avuto modo di leggere il provvedimento successivamente reclamato.

L'istanza di visibilità è infatti concessa per un tempo limitato (in genere 72 ore), decorso il quale alla parte è nuovamente precluso l'accesso al fascicolo; è evidente che, laddove il provvedimento fosse stato emesso oltre il suddetto termine la parte non ne avrebbe avuto neppure conoscenza materiale e men che meno legale.

L'istanza di visibilità nella prassi

Nella prassi, così come ben esposto nei provvedimenti di adozione dello schema di atto processuale denominato “AttoRichiestaVisibilita”, la richiesta di consultazione del fascicolo viene inoltrata alla Cancelleria utilizzando i canali telematici del Processo Civile Telematico (PCT), tramite il suddetto specifico atto.

Al Cancelliere è quindi demandato il compito, una volta ricevuta la busta telematica con la richiesta di consultazione, di rifiutare o accogliere la richiesta di visibilità temporanea del fascicolo.

In caso positivo viene dunque concesso un termine, generalmente di quattro – cinque giorni, durante il quale il difensore della parte non (ancora) costituita può prendere visione ed estrarre copia degli atti e documenti depositati. In effetti, in tale fase, costui avrà le stesse possibilità di operare che hanno gli avvocati costituiti normalmente e quindi autorizzati alla consultazione.

Un problema che si è posto nella prassi quotidiana degli uffici giudiziari è legato al fatto che talvolta le cancellerie avanzano pretese di documentazione che rallentano le procedure; non di rado accade che le istanze dei difensori vengano rifiutate perché non accompagnate dalla prova dell'avvenuta notificazione dell'atto introduttivo, atto di citazione o ricorso che sia.

Tale prassi non è evidentemente corretta in quanto, come già detto, l'art. 76 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile pone come unica condizione per l'accesso al fascicolo (analogico o telematico che sia) il possesso di procura da parte del difensore o la qualità di parte del soggetto convenuto in giudizio.

In conclusione

È evidente come la possibilità di accedere ai fascicoli digitali sia fondamentale ai fini della corretta attuazione del contradittorio processuale.

È stato dunque un bene che gli applicativi del PCT siano stati dotati molto presto di tale possibilità; prima dell'introduzione di tale specifico atto, con il fondamentale requisito della possibilità di accesso temporaneo al fascicolo.

Prima che fosse introdotto l'atto specifico, infatti, le cancellerie concedevano l'accesso al fascicolo, che però non conosceva limiti temporali; ciò creava problemi di gestione del fascicolo laddove l'avvocato che chiedeva l'accesso al fascicolo non era poi quello che si costituiva in giudizio. La novella legislativa ha fortunatamente risolto tale problema.

Guida all'approfondimento
  • N. Gargano – L. Sileni, Il Codice del PCT commentato, Giuffrè Editore, 2018.

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