Adozione in casi particolari dei figli della ex compagna
18 Gennaio 2019
Massima
Deve essere autorizzata l'adozione in casi particolari dei minori da parte dell'ex compagno della madre biologica, sulla scorta dell'art. 44, lett. d), l. n. 184/1983, in forza della quale l'adozione mite è consentita a prescindere dalla dichiarazione dello stato di abbandono e ogni qualvolta sia corrispondente all'interesse del minore a vedere riconosciuti, anche formalmente, i legami affettivi consolidati con chi si è preso cura di lui. Il caso
Tizia, conclusasi una relazione di convivenza con Caio, dal quale aveva avuto una figlia, concepisce due gemelli con Sempronio con il quale ha intrattenuto una brevissima relazione. Solo Tizia riconosce alla nascita i gemelli che, sin dai primi giorni della loro vita, hanno instaurato una relazione con Caio che si è comportato con loro come se fosse il loro papà biologico, tenendoli con sé insieme alla figlia nei tempi di condivisione con la stessa, partecipando economicamente ai loro bisogni e collaborando con Tizia per la loro educazione e per tutte le necessità sia sul piano scolastico che medico, sportivo e ricreativo. Trascorsi tredici anni dalla nascita dei gemelli, Caio decide, d'accordo con Tizia e loro figlia divenuta nel frattempo maggiorenne, di chiedere l'adozione dei gemelli ai sensi dell'art. 44, lett. d), l. n. 184/1983, per stabilizzare il legame costruito negli anni, garantendo loro la propria presenza ed assistenza anche sul piano giuridico e formalizzando il ruolo di figura genitoriale di riferimento, di fatto già assunto nei loro confronti. L'indagine espletata nel corso del procedimento aveva accertato l'importante legame di attaccamento esistente tra Caio ed i gemelli, dei quali il medesimo si era sempre occupato da tutti i punti di vista, svolgendo di fatto il ruolo genitoriale sostitutivo, tanto da essere riconosciuto come figura di riferimento per i minori anche dai rappresentanti delle istituzioni di cui è costante interlocutore (scuola, parrocchia, operatori sanitari). La questione
Può l'ex compagno della mamma adottare i figli che quest'ultima ha avuto da una relazione successiva alla loro e che ha riconosciuto da sola? Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale, ha accolto la domanda assumendo che «non può negarsi che la fattispecie, del tutto singolare, non sia prevista esplicitamente dall'art. 44, lett. d), l. n. 184/1983. L'art. 44 della stessa legge prevede l'istituto dell'adozione “in casi particolari” che, come risulta dalla stessa titolazione, estende l'adozione anche ai minori che non siano in stato di abbandono, bensì in situazioni particolari, espressamente indicate dalla norma e meritevoli di tutela. La lettera d), invece, prevede quale presupposto dell'adozione speciale che «vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo». Il Giudice ha, in premessa, analizzato i diversi orientamenti sviluppatisi in giurisprudenza negli ultimi anni sull'interpretazione di tale requisito. L'orientamento tradizionale limita l'applicazione della fattispecie ai casi scuola e, quindi, quando sussista un'effettiva situazione di abbandono e l'impossibilità di collocare il minore sia determinata da una condizione soggettiva dello stesso (ad es. età avanzata) che rende introvabile una coppia, avente i requisiti di legge, disponibile all'adozione; ovvero quando sia inopportuno procedere in tal senso a causa di una situazione di fatto, che laddove interrotta produrrebbe gravi ed irreparabili danni al minore stesso (quale ad es. l'affidamento di lunga data ad una coppia priva dei requisiti necessari per adottare e con la quale si sia creato un legame di appartenenza); e, infine, in ipotesi specifiche in cui sia opportuno mantenere i legami con la famiglia di origine, nonostante il rientro nella famiglia di origine sia divenuto ormai impensabile. Un diverso orientamento, c.d. estensivo, in linea con l'indirizzo già espresso dalla Corte Costituzionale nella pronuncia n. 383/1999 e dalla Cassazione nella sentenza n. 12962/2016, ritiene invece che l'adozione prevista dall'art. 44 lett. d) cit. abbia carattere residuale e consente l'adozione quando, a prescindere dalla dichiarazione dello stato di abbandono, essa corrisponda all'interesse del minore a vedere riconosciuti, anche formalmente, i legami affettivi consolidati con chi si è preso cura di lui. La fattispecie disciplinata nella lettera d) va interpretata coordinandola con l'intero testo dell'articolo che non prevede come presupposto necessario la dichiarazione dello stato di abbandono ed è diretta a regolare quei casi in cui l'affidamento preadottivo non sia possibile di diritto, perché manca la pronuncia dello stato di adottabilità e non solo i casi in cui, pur dichiarato lo stato di adottabilità, non sia di fatto possibile l'affido preadottivo. Applicando questo orientamento estensivo, la Giurisprudenza (v. sul punto G. Sapi, Stepchild adoption: ammissibile l'adozione del figlio del partner se risponde all'interesse del minore, in www.ilfamiliarista.it) ha cercato di tutelare i rapporti di fatto consolidati per il minore, consentendo, ad esempio, l'adozione al convivente more uxorio della madre ovvero relativamente a minori cresciuti nell'ambito di una coppia dello stesso sesso, al fine di valorizzare il rapporto affettivo istauratosi tra l'affidatario ed il bambino, così tutelando il preminente interesse di quest'ultimo al riconoscimento formale di tale rapporto (cfr. ex plurimis Cass. n. 12962/2016, cit, nonché App. Roma, 23 novembre 2016; App. Ancona 23 dicembre 2016; App.Milano, 9 febbraio 2017; Trib min. Bologna, 6 luglio 2017; Trib. min. Bologna, 4 gennaio 2018; Trib. min. Roma 30 luglio 2015). Il Tribunale per i minorenni di Brescia ha applicato l'interpretazione estensiva e, dunque, ha ritenuto che la fattispecie, pur nella sua singolarità, possa rientrare nel disposto dell'art. 44 lett. d) cit. rispondendo pienamente alla ratio della norma, che è quella, da un lato di mantenere i legami con la famiglia di origine e, dall'altro, di rispondere all'esigenza di favorire il consolidamento dei rapporti instaurati dal minore con parenti o persone che, pur in mancanza di un legame biologico, sono da lui vissuti come figure genitoriali e tali sono riconosciuti, di fatto, anche a livello sociale, ove ciò sia rispondente al preminente interesse del minore stesso, evitando così che si protraggano sine die situazioni di fatto cui non corrisponda uno stato giuridico adeguato alle esigenze di crescita del fanciullo.
Osservazioni
La sentenza in commento non ha precedenti specifici (per un'ipotesi simile ma differente, cfr. S. Stefanelli, Adozione in casi particolari: è possibile anche in assenza di relazione di coppia?, in www.ilfamiliarista.it). È la prima volta che un Tribunale per i minorenni accogliendo la domanda di un ex convivente di adottare ai sensi dell'art. 44 lett. d) l. n. 184/1983 i figli che, appunto, la ex compagna ha avuto da una relazione successiva, dichiara di farsi luogo all'adozione dei minori. Secondo il Giudice di Brescia l'interpretazione evolutiva prospettata dalla giurisprudenza di merito, che si è uniformata alle sentenze della Corte costituzionale e di Cassazione, è conforme anche alla normativa convenzionale che vincola in modo sempre più stringente l'interprete, quando siano possibili diverse interpretazioni, a scegliere quella convenzionalmente (oltre che costituzionalmente) orientata e, tra queste, quella più idonea a perseguire il migliore interesse dei minori ed in particolare l'art. 8 CEDU. Già la Corte costituzionale, con sentenza n. 198/1986, aveva chiarito che, con riferimento all'art. 44 l. n. 184/1983, l'esigenza di adeguata considerazione dei legami di fatto trovava un riconoscimento tanto penetrante da indurre il Legislatore a derogare, in alcuni casi, al requisito generale dell'esistenza o preesistenza di un rapporto di convivenza o di coniugio tra gli affidatari al punto da consentire anche l'adozione in casi particolari alla persona single. Nella sentenza in commento viene messo anche in luce come l'interpretazione evolutiva prospettata sia conforme alle linee ispiratrici degli interventi legislativi di riforma della filiazione operati negli ultimi anni e, soprattutto, sia in linea con l'evoluzione socio-culturale e con il mutamento del concetto e del modo di “essere famiglia”, per il quale viene considerato genitore non necessariamente colui che lo ha generato ma colui che effettivamente si comporta come tale, se ne prende cura ed è legato a lui da una relazione affettiva ed educativa positiva e stabile, a prescindere dai rapporti che legano lo stesso genitore biologico e dalla genesi della relazione filiale. L'istituto previsto dall'art. 44 lett. d), e l'orientamento estensivo applicato dal Tribunale per i Minorenni di Brescia, è stato già utilizzato da altra giurisprudenza per rispondere alla finalità di tutelare rapporti di fatto consolidati per il minore, consentendo, ad esempio, l'adozione del convivente more uxorio della madre ovvero relativamente a minori cresciuti nell'ambito di una coppia dello stesso sesso, al fine di valorizzare il rapporto affettivo instauratosi tra l'affidatario e il bambino, così tutelando il preminente interesse di quest'ultimo al riconoscimento formale di tale rapporto. Oggi, non esistendo più un unico modello di famiglia nella quale crescono i figli, è necessario che la giurisprudenza adegui i propri provvedimenti tenendo a mente l'interesse esclusivo di quei minori che in quelle famiglie consolidano rapporti di fatto, così da rispondere ai principi della nostra Costituzione ma anche a quelli della normativa sovrannazionale. L'interpretazione proposta dal Tribunale per i minorenni di Brescia è in linea con tante pronunce in tema di azioni di stato laddove ormai alla verità biologica viene preferita la conservazione dello status acquisito dal minore, quando sia trascorso un significativo periodo di tempo. Tenendo in considerazione l'interesse preminente del minore viene considerato genitore non necessariamente colui che lo ha generato (genitore biologico) ma colui che lo ha cresciuto (genitore sociale) comportandosi come genitore prendendosene cura per aver costruito con lui una relazione affettiva ed educativa stabile e positiva. Nella sentenza in esame si evidenzia anche come non importa l'assenza di convivenza stabile tra i minori e l'istante dal momento che le frequentazioni sono assidue e significative, simili a quelle di un genitore separato. E si richiama a tal proposito quando disposto dall'art. 25, comma 5, l. n. 184/1983 secondo il quale se nel corso dell'affidamento preadottivo interviene separazione tra i coniugi affidatari, l'adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi i coniugi nell'esclusivo interesse del minore a vedere consolidata la relazione instaurata, e ciò a prescindere dalla convivenza. Ancora a supporto dell'interpretazione assunta dai giudici bresciani si possono richiamare le norme che regolano le unioni civili, le convivenze e la legge sulla continuità affettiva dei minori in affido familiare. La sentenza in commento ha il merito di evidenziare come sia possibile condividere il ruolo genitoriale e le conseguenti responsabilità, anche quando non si è genitori biologici ma ci si comporta come tali prendendosi cura dei minori con i quali si ha una relazione significativa. In un'epoca dove tanti genitori biologici non riescono ad esercitare la responsabilità genitoriale in modo condiviso, ci si augura che, laddove esista un adulto disponibile ad occuparsi di un minore e di tutte le sue necessità, in presenza di un rapporto significativo e sempre che ciò risponda al suo superiore interesse, mantenendo i legami con la famiglia di origine, possano vedersi consolidati sempre più rapporti instaurati dai minori con parenti o persone vissute come genitoriali, pur in mancanza di un legame biologico. |