L'enunciazione delle liberalità come metodologia operativa nell'attività notarile

Barbara D'Amato
22 Gennaio 2019

In caso di donazioni indirette sottese ad un diverso negozio posto in essere tra i contraenti, parte della dottrina riconosce l'esplicitazione dell'intento liberale - expressio causae - quale metodologia operativa più corretta da seguire, non solo per l'esatta qualificazione della fattispecie sul piano degli effetti e della disciplina ma anche al fine di garantire una pianificazione trasparente del trapasso generazionale della ricchezza familiare. La riduzione delle donazioni indirette non mette in discussione la titolarità dei beni donati, di tal che l'expressio causae relativa non incide negativamente sul piano della circolazione dei beni.
Donazioni indirette: breve inquadramento

Il tema delle donazioni indirette è di grande interesse sia con riferimento all'indagine sulla relativa modalità attuativa e quindi sulle tipologie negoziali - e non - attraverso le quali possono estrinsecarsi, sia per le conseguenze sotto il profilo giuridico (e segnatamente dei rimedi previsti per la tutela dei legittimari) dell'utilizzo di questi “percorsi alternativi” da parte dell'autonomia privata, in quanto sempre più spesso, per la realizzazione di liberalità, si preferisce l'utilizzo di strumenti differenti dalla classica donazione di cui all'art. 769 c.c..

Le donazioni indirette costituiscono, secondo parte della dottrina, una specie del genere del negozio indiretto, nel quale sussiste una divergenza tra lo scopo perseguito dalle parti e la funzione tipica del negozio stesso.

Il tenore letterale della rubrica dell'art. 809 c.c. «Norme sulle donazioni applicabili ad altri atti di liberalità», suggerisce come sia poco agevole inquadrare la realtà magmatica delle donazioni indirette in una categoria unitaria, comprendendo le stesse una varietà di condotte eterogenee (negozi giuridici e atti materiali) poste in essere con la medesima finalità di raggiungere gli stessi effetti economici del contratto di donazione. Come efficacemente sottolineato in dottrina, il mezzo può essere il più vario, ma il “colore” è sempre lo stesso.

Gli elementi che caratterizzano questa figura sono sostanzialmente tre: l'utilizzo di uno schema negoziale (ovvero di una sequenza di atti materiali, al ricorrere di altri presupposti) diverso da quello della donazione tipica; l'elemento oggettivo consistente nell'arricchimento del beneficiario indiretto; l'elemento soggettivo consistente nella volontà del beneficiante indiretto di avvantaggiare il beneficiario.

La funzione dell'expressio causae nell'attività notarile

Come sottolineato in dottrina, il suddetto elemento oggettivo non è da solo idoneo a contraddistinguere una donazione indiretta potendo, all'arricchimento del beneficiario, essere sottesa una finalità differente da quella liberale; ci si riferisce, ad esempio, ai casi nei quali il soggetto apparentemente beneficiante sia in realtà animato da un intento solutorio (adempimento solvendi causa) di una pregressa obbligazione già assunta nei confronti del destinatario del negozio. Oppure alle ipotesi nelle quali l'arricchimento perfezionatosi mediante il negozio indiretto diventi a sua volta titolo per un'obbligazione restitutoria (adempimento obligandi causa) a carico del beneficiario, con esclusione di ogni intento donativo.

La medesima fattispecie oggettiva (es. pagamento del prezzo di una compravendita da parte di un soggetto diverso dall'acquirente) può quindi assumere una differente coloritura a seconda dell'elemento soggettivo ivi sotteso, con conseguenze significative per l'individuazione della disciplina applicabile.

Ecco perché il ruolo del Notaio incaricato di ricevere l'atto notarile è particolarmente delicato, dovendo provvedere senz'altro a richiamare l'attenzione delle parti sull'opportunità di evidenziare la liberalità atipica che si annida nell'attività negoziale.

Parte sempre più cospicua della dottrina, infatti, nelle ipotesi di donazioni indirette, ritiene l'expressio causae, ovvero l'esplicitazione dell'intento liberale sotteso al diverso negozio posto in essere, la metodologia operativa più corretta da seguire nell'attività professionale.

Se, da una parte, non sussiste un obbligo giuridico di effettuare nell'atto notarile l'enunciazione della causa dell'adempimento operato da un terzo, dall'altra parte, la dottrina sottolinea che non è corretto presumere l'esistenza di una liberalità in una fattispecie che solo in astratto potrebbe assumere coloritura causale liberale: infatti l'esistenza dell'animus donandi deve essere provata da parte di chi ha interesse a qualificare una determinata operazione come liberalità, stanti le rilevanti conseguenze che discendono dall'attrazione della fattispecie nel campo donativo (applicandosi anche alle liberalità indirette le norme sulla riduzione per integrare la quota spettante ai legittimari, sulla riunione fittizia, sulla revocazione per ingratitudine o per sopravvenienza di figli).

Inoltre, l'expressio causaecostituisce uno strumento funzionale a garantire una pianificazione trasparente del trapasso generazionale della ricchezza familiare disvelando, ad esempio, le attribuzioni ancorché indirette, che i genitori intendono effettuare in favore dei discendenti, in guisa da evitare che all'apertura della loro successione possano coesistere donazioni dirette, nella forma di cui all'art. 769 c.c., in favore di un figlio ed altre indirette e non palesate in favore di altri, con apparente squilibrio nella devoluzione ereditaria.

L'expressio causae e la tutela dei legittimari

Il principale ostacolo (giuridico) all'esplicitazione dell'intento liberale è stato per lungo tempo identificato nelle problematiche correlate all'applicabilità delle norme di cui all'art. 563 c.c.: il timore era che l'expressio causae, in una vendita con pagamento del prezzo da parte dei genitori dell'acquirente, potesse inficiare la stabilità dell'acquisto immobiliare e la certezza degli effetti negoziali prodotti, stante il rischio che gli stessi potessero essere vanificati da una successiva obbligazione restitutoria del bene, a seguito del vittorioso esperimento dell'azione di riduzione e restituzione da parte dei legittimari aventi diritto.

Invero, già prima del 2010, parte della dottrina aveva sottolineato che per le donazioni indirette non poteva operare il meccanismo della retrocessione del bene derivante dall'azione di riduzione e restituzione, poiché in tali casi detto bene non era mai transitato nel patrimonio del donante, ma acquistato direttamente dal donatario nella sua sfera giuridico-patrimoniale.

Una svolta decisiva si è avuta con la sentenza della Cassazione 12 maggio 2010, n. 11496 che non solo ha precisato che l'acquisto di un immobile con denaro del disponente e intestazione ad altro soggetto (costituendo lo strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario) integra una donazione indiretta del bene stesso e non del denaro, ma anche ha sancito che alla riduzione delle liberalità indirette non si può applicare il principio della quota legittima in natura, connaturale invece all'azione nell'ipotesi di donazione ordinaria di immobile (art. 560 c.c.). Con la conseguenza che nel campo delle liberalità indirette l'acquisizione riguarda il controvalore mediante il metodo dell'imputazione, come nella collazione (art. 724 c.c.).

La conclusione è che la riduzione delle donazioni indirette non mette in discussione la titolarità dei beni donati, di tal che l'expressio causae relativa non incide negativamente sul piano della circolazione dei beni.

Valenza fiscale dell'expressio causae

La pronuncia della Corte di cassazione 24 giugno 2016, n. 13133 - invero criticata da parte della dottrina - ha colorito l'importanza dell'expressio causae anche di una valenza fiscale. L'art. 1, comma 4-bis, d.lgs. n. 346/1990 prevede che l'imposta di donazione non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale o dell'imposta sul valore aggiunto. Detta norma sancisce il principio di assorbimento della tassazione del negozio indiretto in quella del negozio principale, cherichiede un collegamento tra la liberalità indiretta e l'atto di trasferimento, senza peraltro, esplicitare se e con quali modalità formali detto collegamento debba essere palesato. La Corte di cassazione con la sentenza in esame ha ritenuto che:

  1. per l'operatività del beneficio fiscale, tale collegamento debba essere esplicitato nell'atto notarile attraverso apposita dichiarazione circa la provenienza della provvista, elevando l'expressio causae ad elemento costitutivo della fattispecie fiscale di esenzione dall'imposta;
  2. la fruizione del beneficio fiscale presuppone l'esplicito esercizio del diritto corrispondente da parte del contribuente il quale a tal fine è onerato di farne espressa dichiarazione in atto.
Enunciazione successiva di liberalità pregresse

L'opportunità dell'enunciazione delle donazioni indirette emerge anche da un punto di vista pratico: laddove siano state perfezionate pregresse liberalità indirette senza alcuna contestuale expressio causae, potrebbe risultare difficile gestire il trapasso generazionale del patrimonio familiare senza con ciò creare ingiustificati – e spesso non voluti – squilibri nel trattamento dei diversi membri della famiglia.

Basti pensare all'ipotesi in cui i genitori, per consentire al primo figlio di acquistare un immobile, gli forniscono la provvista necessaria per il pagamento del prezzo, senza che venga palesata nell'atto di vendita la provenienza della somma; se gli stessi, proprio al fine di evitare disparità di trattamento tra i figli, intendono poi donare un immobile già facente parte del loro patrimonio al secondo figlio (attraverso cioè una donazione diretta ex art. 769 c.c.), la mancata enunciazione della precedente liberalità indiretta finirebbe paradossalmente per far apparire uno squilibrio nella devoluzione patrimoniale in favore dei due figli, dei quali uno soltanto risulterebbe formalmente beneficiario di una donazione.

Eppure situazioni del genere sono assai frequenti nella realtà.

In simili evenienze può risultare utile un'enunciazione successiva rispetto alla liberalità indiretta, legittima senza dubbio sul piano sostanziale, dal momento che l'enunciazione della causa liberale sarebbe stata già possibile al momento dell'atto.

La dottrina ammette infatti che si possano concludere atti di accertamento di donazioni indirette precedenti, aventi struttura preferibilmente bilaterale, ma anche unilaterale, con la finalità di definire il rapporto dipendente dalla donazione indiretta, eliminando la precedente situazione di incertezza.

Enunciazione "successiva", durante la vita del donante, contenuta in atti inter vivos

1. Negozio bilaterale

La soluzione preferibile è stata individuata dalla dottrina nel negozio al quale partecipano sia il donante che il donatario, perfezionando in tal guisa un vero e proprio negozio di accertamento. La bilateralità del negozio elimina per il futuro qualsiasi incertezza nella qualificazione della pregressa liberalità.

Laddove non possano partecipare entrambe le parti al negozio (per età avanzata o per problemi di salute del donante, o perché il donatario non voglia), il riconoscimento della pregressa liberalità indiretta può essere effettuato anche attraverso un negozio unilaterale?

2. Negozio unilaterale, perfezionato dal donatario

Il donatario è la parte che può avere un interesse contrario all'accertamento della donazione indiretta perfezionata in suo favore dal donante: svelare la pregressa sussistenza dell'animus donandi espone, infatti, il donatario a tutte le conseguenze derivanti dall'attrazione del suo acquisto nell'ambito delle donazioni indirette.

Nel sistema normativo sono invero previste talune fattispecie di atti ricognitivi unilaterali, perfezionate dal soggetto che ha interesse contrario al fatto dichiarato, come nel caso della ricognizione di debito ex art. 1988 c.c., oppure della confessione stragiudiziale di cui all'art. 2735 c.c..

Pertanto parte della dottrina ammette che il donatario indiretto possa perfezionare da solo l'expressio causae: la sua dichiarazione finisce per eliminare qualsiasi incertezza relativamente alla natura liberale dell'attribuzione, alla stregua del negozio di accertamento bilaterale al quale partecipi anche il donante indiretto.

3. Negozio unilaterale, perfezionato dal solo donante

Diversamente, il riconoscimento da parte del donante della precedente donazione indiretta non è in grado di accertare definitivamente la situazione pregressa, in quanto manca la dichiarazione di volontà della parte che ha un interesse contrario all'accertamento della fattispecie.

Tuttavia non sembra che possano ravvisarsi ragioni ostative all'ammissibilità di un riconoscimento tardivo della liberalità indiretta da parte del donante che al più potrebbe concretare un atto ricognitivo che, attraverso la rappresentazione del fatto passato, “rafforza” una posizione giuridica.

Autorevole dottrina, infatti, rileva come svelando l'animus donandi pregresso risultano rafforzate le posizioni dei soggetti nell'interesse dei quali è dettata la disciplina giuridica di cui agli artt. 809 e 737 ss c.c..

Altra parte della dottrina inquadra la dichiarazione unilaterale del donante nell'ambito della confessione stragiudiziale ex art. 2735 c.c., liberamente apprezzabile dal giudice, in quanto dichiarazione di un fatto a sé sfavorevole: il donante, palesando l'animus donandi sotteso alla sua pregressa condotta, rinuncia a poter in futuro pretendere alcuna restituzione nei confronti del beneficiario.

In conclusione

Alla luce delle riflessioni che precedono, considerata anche la ricostruzione dei Giudici di legittimità circa le modalità applicative della normativa fiscale, si comprende come sia oggi particolarmente delicato il ruolo del Notaio chiamato a ricevere un atto di compravendita con pagamento del prezzo da parte del genitore (ovvero le altre fattispecie negoziali alle quali siano comunque sottese liberalità indirette), dovendo paventare al cliente il ventaglio dei possibili riflessi non solo giuridici ma anche fiscali della mancata enunciazione della liberalità indiretta in atto.

Guida all'approfondimento

V. Tagliaferri, L'intestazione di immobile in nome altrui tramite contratto a favore di terzo, in AA.VV., Liberalità non donative e attività notarile, I Quaderni della Fondazione del Notariato, Milano, 2008, 107ss.;

G. Amadio, La nozione di liberalità non donativa nel codice civile, in AA.VV., Liberalità non donative e attività notarile, I Quaderni della Fondazione del Notariato, Milano, 2008, 18 ss.;

G. Iaccarino, Liberalità indirette, Enunciazione dell'intento liberale quale metodologia operativa, in Notariato e diritto di famiglia, Collana diretta da G. Laurini, Milano, 2011, 155 ss..

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