Criteri di liquidazione ex art. 3 Decreto Balduzzi: inapplicabilità agli eventi verificatisi anteriormente la sua entrata in vigore
04 Febbraio 2019
Massima
Rimane insensibile alle disposizioni di cui all'art. 3 del c.d. “Decreto Balduzzi” il diritto al risarcimento per un fatto dannoso già presente nel patrimonio del danneggiato al momento della sua entrata in vigore per la cui liquidazione dovranno, in assenza di apposita previsione di legge, trovare applicazione le Tabelle milanesi vigenti al momento della decisione. Il caso
Tizio e Caia, in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sul minore figlio, convenivano in giudizio innanzi al Tribunale due medici del PS di un'Azienda Ospedaliera chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti direttamente dal figlio, in seguito ad errore diagnostico, e di riflesso da essi attori. Si costituivano in giudizio i due medici del PS chiamando in causa le rispettive compagnie assicurative nonché la compagnia assicurativa dell'Azienda Ospedaliera la quale, pure, si costituiva in giudizio. Il Tribunale, accertata la responsabilità solidale in capo ad un solo medico del PS ed all'Azienda Ospedaliera, respingeva le domande attoree sull'assunto che il danno era già stato integralmente ristorato sulla base dei criteri di cui all'art. 3 del c.d. “Decreto Balduzzi” entrato in vigore nelle more del giudizio. Avverso detta sentenza, Tizio, Caia ed il loro figlio, nel frattempo divenuto maggiorenne, proponevano appello. La questione
La liquidazione del danno conseguente all'attività dell'esercente la professione sanitaria può essere effettuata sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 cod. ass., come previsto dall'art. 3 del c.d. “Decreto Balduzzi”, qualora il fatto dannoso che l'ha originato sia avvenuto anteriormente alla sua entrata in vigore? Le soluzioni giuridiche
La Corte di Appello, a fronte della doglianza degli attori, sul punto - secondo cui l'applicazione nella determinazione dei danni delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 cod. ass., come stabilito dal c.d. “Decreto Balduzzi” - sarebbe in contrasto con il principio generale di irretroattività previsto dall'art. 11 prel., precisa che tale normativa non può trovare applicazione nella controversia in esame in quanto incardinata in data anteriore all'entrata in vigore del predetto decreto. Ad avviso della Corte d'Appello, se, da un lato, la normativa sopravvenuta può astrattamente applicarsi ad eventi antecedenti alla sua entrata in vigore tutte le volte che essa non incida, modificandola, sulla disciplina giuridica del fatto generatore, deve tuttavia addivenirsi a conclusioni diverse per il caso in cui il procedimento relativo a quegli stessi accadimenti sia in tale data già stato instaurato, dal momento che, diversamente, si incorrerebbe nel rischio di applicare a fatti della stessa natura, già sottoposti al vaglio del giudice, differenti regimi giuridici (nel caso di specie, risarcitori) a seconda della data di definizione della controversia, per l'ipotesi che la decisione risulti essere antecedente ovvero successiva all'entrata in vigore della disposizione recante lo ius superveniens, con un'evidente compromissione non solo del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., ma anche di quello della certezza e prevedibilità della decisione. Inoltre, osserva la Corte d'Appello che il richiamo agli artt. 138 e 139 cod. ass. operato dal c.d. “Decreto Balduzzi” si rivela in ogni caso inidoneo, allo stato, a determinare una pronuncia risarcitoria che si fondi su parametri diversi da quelli previsti dalle Tabelle milanesi. In proposito, rileva la Corte d'Appello, che la normativa del cod. ass., finalizzata al contenimento del danno liquidabile, fonda la sua ratio sull'esigenza di controllare il costo delle polizze e risulta possibile solo in ragione dalla certezza del risarcimento, che resta infatti garantito dalla previsione di un'assicurazione obbligatoria e dall'azione diretta del danneggiato contro la compagnia di assicurazione del responsabile civile o dalla possibilità di agire anche contro l'assicuratore del veicolo utilizzato (c.d. “Indennizzo Diretto”). Ne consegue, ad avviso della Corte d'Appello, che l'applicazione dell'art. 139 cod. ass. al di fuori del fatto illecito da sinistro della circolazione stradale, comporterebbe l'effetto di contenere il risarcimento del danno entro limiti ingiustificati, tali da non consentire un integrale ristoro del danneggiato, non trovando neppure ragione nel giusto bilanciamento connesso alla sicurezza del pagamento. In tal senso, prosegue la Corte d'Appello, si è autorevolmente espressa anche la Corte Costituzionale con sentenza n. 235/2014, rimarcando il carattere speciale dell'art. 139 cod. ass. e la sua ragionevolezza e, perciò, la sua conformità alla Costituzione proprio in considerazione del fatto che, nel sistema, la tutela risarcitoria dei danneggiati da sinistro stradale è più incisiva e sicura rispetto a quella dei danneggiati in conseguenza di eventi diversi, potendo solo i primi avvalersi della copertura assicurativa ex lege obbligatoria del danneggiante o, in alternativa, direttamente di quella del proprio assicuratore. Inoltre, la correlazione tra contenimento del risarcimento e assicurazione obbligatoria, pure confermata dal c.d. “Decreto Balduzzi” che - con l'art. 3, comma 3 - ha esteso i criteri risarcitori di cui agli artt. 138 e 139 cod. ass. ai danni derivanti da colpa medico-professionale in un contesto in cui è espressamente prevista (art. 3, comma 2) l'introduzione di un sistema di assicurazione obbligatoria, risulta peraltro insussistente, dal momento che l'obbligo di stipulare assicurazioni per la responsabilità civile, posto a carico dei medici esercenti la libera professione a far data dal 14 agosto 2014, è rimasto allo stato incompiuto a causa della mancata emanazione dei decreti attuativi. In tal senso, precisa la Corte d'Appello, si è pronunciato anche il Consiglio di Stato che, con parere pubblicato in data 19 febbraio 2015, ha avuto modo di affermare che «senza la definizione in sede regolamentare dell'accesso al mercato assicurativo da parte degli esercenti le professioni sanitarie, come previsto appunto dal citato art. 3 del decreto Balduzzi, non può ritenersi operativo l'obbligo per questi ultimi di dotarsi dell'assicurazione professionale, e ciò anche nella considerazione che tale obbligo, per queste particolari categorie professionali, non è più riconducibile all'originaria previsione dell'art. 3 quinto comma lett. e) del d.l. 13 agosto 2011 n. 138 ma, per effetto delle norme successive, ha ricevuto una disciplina speciale, la cui integrale attuazione ne condiziona l'operatività». Da ciò consegue che, cadendo la ratio dell'estensione delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 cod. ass. ai danni “micro-permanenti” derivanti dall'esercizio dell'attività medica, la relativa liquidazione deve avvenire secondo le Tabelle milanesi, vigenti al momento della decisione ed assurte a parametro nazionale di riferimento “equo” per la liquidazione del danno non patrimoniale, in assenza di apposita previsione di legge (Cass. civ., n. 13982/2015). Osservazioni
Poiché il diritto al risarcimento del danno sorge nel patrimonio del danneggiato al momento del fatto dannoso, l'art. 3 del c.d. “Decreto Balduzzi” non può trovare applicazione in fattispecie il cui fatto generatore sia avvenuto in un momento antecedente la sua entrata in vigore. Ciò, in quanto, trattandosi di norma di diritto sostanziale - e non di diritto processuale per la quale vige il principio tempus regit actum - fatta salva una diversa indicazione nel testo di legge, non può disciplinare i diritti già sorti non avendo, di regola, effetto retroattivo secondo il principio generale di cui all'art. 11 preleggi. Pertanto, i criteri di liquidazione del danno di cui al c.d. “Decreto Balduzzi” non possono applicarsi agli eventi verificatisi anteriormente la sua entrata in vigore. Del resto, la retroattività determinerebbe conseguenze irragionevoli ed in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. in quanto fatti dannosi della stessa natura e sorti nel medesimo momento verrebbero disciplinati con criteri liquidativi differenti solo perché differente è il momento nel quale interviene la decisione giudiziale. Pertanto, poiché il diritto al risarcimento del danno sorge in capo al danneggiato sin dal momento in cui si è verificato l'illecito e, in difetto di una diversa disciplina, lo scarto temporale tra il sorgere del diritto e la liquidazione del danno non può che avere carattere di neutralità, non è revocabile in dubbio che la fattispecie debba essere regolata dalla normativa applicabile ratione temporis. Del resto, la S.C. ha già avuto modo di precisare che, nella liquidazione del danno alla persona, è inibito al Giudice fare riferimento a tabelle medico-legali quando il sinistro si sia verificato in data anteriore alla loro entrata in vigore in quanto il decreto che le istituisce, che si pone in rapporto di specialità rispetto alla generale disciplina di cui all'art. 2056 c.c., non ha efficacia retroattiva, a meno che le parti non ne chiedano concordemente l'applicazione. Pertanto, in mancanza di accordo tra le parti, il Giudice del merito è tenuto a liquidare il risarcimento mediante una valutazione equitativa personalizzata che tenga conto della tipologia delle lesioni e delle condizioni soggettive della vittima, esponendo nella motivazione della sentenza i criteri a tal fine adottati. Peraltro, tale interpretazione parrebbe imposta anche dalla giurisprudenza sovranazionale. La Corte di Strasburgo, esaminando una fattispecie analoga a quella in esame (cfr. sentenze del 6 ottobre 2005, Draon c. Francia e Maurice c. Francia, ricorsi 1513/2003 e 11810/2003) nella quale una legge francese (nota come legge "Kouchner" o "legge anti- Perruche", del 4 marzo 2002) aveva escluso e limitato la risarcibilità di alcune voci di danno da errore medico con efficacia retroattiva, ha ritenuto la stessa lesiva dell'art. 1 del protocollo n. 1 della Convenzione Europea. Inoltre, anteriormente all'entrata in vigore del c.d. “Decreto Balduzzi”, i criteri di liquidazione del danno biologico previsti dall'art. 139 cod. ass., non potevano, neppure, trovare applicazione per il caso di danni derivanti fatti diversi dai sinistri stradali trattandosi di criteri oggetto di una previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica nel caso di danni non derivanti da sinistri stradali. Conclusivamente, come correttamente osservato dalla Corte d'Appello, il danno non patrimoniale di natura iatrogena deve essere liquidato facendo applicazione delle tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale applicate dal Tribunale di Milano che la S.C. ha ritenuto applicabili su tutto il territorio nazionale quando manchino criteri stabiliti dalla legge come nel caso di specie. |