Litispendenza internazionale e misure di protezione del minore cross-border: inquadramenti del giudice italiano
06 Febbraio 2019
Massima
Il procedimento avviato in Italia con ricorso ex art. 337-ter c.c. per ottenere provvedimenti urgenti inerenti la prole, deve essere sospeso per litispendenza internazionale ex art. 7 l. n. 218/1995 e art. 5 c.p.c., sino alla definizione del procedimento di divorzio già radicato avanti al Giudice statunitense e nell'ambito del quale sono state avanzate anche tutte le domande relative alla responsabilità genitoriale. Rimangono fermi i provvedimenti provvisori ed urgenti già adottati da altro Giudice italiano ex art. 11 Convenzione Aja 1996 e art. 20 Reg. UE 2201/2003, attesa la presenza della minore sul territorio italiano. Il caso
La fattispecie in esame coinvolge due coniugi, una cittadina statunitense e un cittadino italiano, con una figlia minore comune. I coniugi, con separazione omologata dal Tribunale di Roma il 18 dicembre 2012, concordano l'affidamento condiviso della figlia con collocamento prevalente presso la madre, un ampio diritto di vista del padre, e il successivo trasferimento della residenza abituale della bimba, insieme alla mamma, nello Stato di Washington. Trasferimento che avviene nel 2013. Il 10 aprile 2015, il padre – trasferitosi da Catania a Roma – deposita ricorso di modifica delle condizioni di separazione, incurante della mutata residenza abituale della figlia negli USA, chiedendo l'affidamento esclusivo della figlia e conseguenti provvedimenti circa il mantenimento. Il 12 novembre 2015,la madre avvia con Petition for dissolution of marriage un procedimento per divorzio negli Stati Uniti, alla competente Corte di Washington, nell'ambito del quale, la madre avanza anche istanze relative all'affidamento e al mantenimento della bambina, chiedendo la sostanziale conferma degli accordi di separazione, mentre il padre, costituitosi nel procedimento di divorzio americano, chiede l'affidamento esclusivo della figlia e i provvedimenti sul mantenimento. La signora, nell'ambito del procedimento di modifica della separazione avanti al Tribunale di Roma, contesta, in via pregiudiziale, la giurisdizione del giudice italiano e, a seguito del rigetto dell'eccezione da parte del Tribunale, propone regolamento di giurisdizione avanti la Corte di cassazione. Il Tribunale di Roma dispone CTU, pur in assenza sul territorio italiano della bimba e della mamma. La CTU si svolge tra il 21 gennaio 2016 e si conclude in data 29 maggio 2016, senza incontri peritali sia della bimba e sia della mamma. La bimba, nel giugno 2016, si reca in Italia per trascorrere le vacanze estive. In pendenza della decisione di Cassazione sul preventivo regolamento di giurisdizione, i genitori, a ciò invitati dal Tribunale di Roma, raggiungono un accordo, limitato temporalmente ed espressamente all'esito della Cassazione, che prevede la permanenza in Italia della bimba– all'epoca di otto anni -, l'affidamento temporaneo della bambina al papà, con ampio diritto di visita per la mamma (verbale udienza del 11 ottobre 2016). Il contatto effettivo con la mamma è poi stato reso, nella specie, quasi sempre impossibile. La Corte di cassazione, (Cass. 7 febbraio 2017, n. 13912) dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice italiano riconoscendo che, al momento della proposizione della domanda paterna per la modifica delle condizioni di separazione in Italia, la residenza abituale della minore fosse negli Stati Uniti. Il Tribunale di Roma, con Decreto del 21giugno/26 luglio 2017, preso atto della pronuncia della Cassazione, riconosce il proprio difetto di giurisdizione, quanto al merito delle domande proposte dal padre, e dispone, in via provvisoria e di urgenza, ex art. 20 Reg. UE 2201/2003 e art. 11 Convenzione Aja 1996, che la minore rimanga in Italia per «i prossimi anno scolastici» (incomprensibile permane l'uso contemporaneo di plurale e singolare nel dispositivo, essendosi riferito il Collegio, in motivazione, al solo anno scolastico in corso) e continui a frequentare la scuola italiana, ove era già stata iscritta e, comunque, sino al momento in cui il giudice statunitense non assuma i provvedimenti definitivi di sua esclusiva attribuzione. Il 12 settembre 2017, con ricorso ex art. 337-ter c.c, il padre adisce nuovamente il giudice italiano, chiedendo, questa volta al Tribunale di Milano (luogo dove, presumibilmente, il padre si è, nelle more, trasferito con la bimba), di «confermare e stabilire l'affidamento esclusivo» a sé della figlia e il collocamento della stessa presso di sé in Italia. La madre, anche in questo procedimento, alla luce di quanto già affermato in punto di giurisdizione dalla Cassazione, eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello americano, avanti al quale è ancora pendente il procedimento di divorzio avviato nel 2015. La questione
Il Tribunale di Milano è stato chiamato dal padre, a distanza di neanche un mese e mezzo dal provvedimento del Tribunale di Roma, a pronunciarsi, “in urgenza”, ex art. 337-ter c.c., sull'affidamento esclusivo della figlia a sé e sulle conseguenti disposizioni. Il ricorrente ha, dunque e di nuovo, investito il Giudice italiano, di domande relative alla responsabilità genitoriale e al mantenimento della figlia, pur in contemporanea pendenza avanti al Giudice americano, del procedimento di divorzio, nell'ambito del quale entrambi i genitori hanno avanzato anche tutte le domande relative alla responsabilità genitoriale. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Milano, preso atto della complessa vicenda giudiziaria a monte del procedimento avanti a sé radicato, ex art. 337-ter c.c., e ritenendo che le domande relative alla responsabilità genitoriale siano le stesse proposte anche davanti al giudice statunitense, dichiara la sospensione del procedimento per litispendenza internazionale ai sensi dell'art. 7 l. n. 218/1995 e dell'art. 5 c.p.c., nell'attesa della definizione del procedimento di divorzio radicato negli Stati Uniti. Inoltre, il Tribunale di Milano, al quale sono stati richiesti (da entrambe le parti) misure provvisorie e urgenti, conferma i provvedimenti già assunti dal Tribunale di Roma, ai sensi dell'art. 20 Reg. UE 2201/2003 (con ciò errando, come si illustrerà, nella conferma di inquadramento) e dell'art. 11 Convenzione de L'Aja 1996, ritenendoli ancora efficaci fino alla definizione del procedimento statunitense. Osservazioni
La risoluzione della questione in esame, richiedeva, in primo luogo, l'individuazione dell'esatta portata della domanda proposta dal padre al Tribunale di Milano, ex art. 337-ter c.c., dopo aver già esperito il procedimento di modifica delle condizioni di separazione, avanti al Tribunale di Roma, e dopo aver già ottenuto una chiarissima pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, sul regolamento di giurisdizione. Il padre ha, invero, protratto la stessa linea già presentata avanti al Tribunale di Roma, riproponendo domande pendenti in altra sede e, quanto al merito, in evidente e reiterato tentativo di forum shopping. L'azione introduttiva, sia pure prospettata genericamente come azione volta alla regolamentazione della responsabilità genitoriale, è unicamente tesa a far statuire, a un “nuovo” Giudice, non ancora coinvolto nella vicenda familiare de qua (quello di Milano), l'affidamento esclusivo della figlia minore al padre. La questione, tuttavia, era già stata sottoposta, ed era pendente, al competente Giudice statunitense: giudice, quest'ultimo, della residenza abituale della minore, al momento della iniziale proposizione della domanda sul merito dell'affidamento, nell'ambito del procedimento divorzile, ancora in essere, avanti al giudice americano. Il Tribunale di Milano è riuscito, sia a non farsi fuorviare dalla complessità internazional-privatistica della vicenda, sia a non farsi fuorviare dall'impropria domanda proposta dal ricorrente. Il Collegio ha, invero, e correttamente: (i) individuato le domande del ricorrente, come domande aventi pacificamente ad oggetto la responsabilità genitoriale della figlia minore e il mantenimento della stessa, nello specifico, la domanda di affidamento esclusivo a sé; (ii) ricostruito che tali domande, proposte nel giudizio incardinato a Milano, erano le medesime domande proposte, dallo stesso ricorrente avanti al Giudice degli USA, nell'ambito del giudizio di divorzio; (iii) escluso, al caso di specie, il richiamo al Regolamento Bruxelles II bis, quanto all'art. 19 del Regolamento, trattandosi di questione che occupa un Giudice di uno Stato membro (quello italiano) e un Giudice extra UE (quello statunitense), richiamando, all'uopo, la nota pronuncia della Cass., S.U., 18 marzo 2016, n. 5420; (iv) inquadrato, quindi, la fattispecie, nell'ambito della disciplina dell'art. 7 l. n. 218/1995, quanto alla litispendenza internazionale; (v) determinato il momento di individuazione della giurisdizione (in capo al Giudice straniero), ex art. 5 c.p.c., con il momento di introduzione delle domande relative alla responsabilità genitoriale, da parte del ricorrente, nell'ambito del giudizio di divorzio americano; (vi) individuato il Giudice statunitense, quale giudice dell'habitual residence della minore e, quindi, quale Giudice competente a decidere nel merito tutte le questioni relative alla responsabilità genitoriale, dichiarandosi, per gli effetti, incompetente a decidere sulle domande di affidamento e di merito. (vii) sospeso e non chiuso il procedimento, nella pregevole ottica di protezione della minore e di economia di giudizi. In particolare, deve sottolinearsi la pregevole ricostruzione di residenza abituale della minore, sviluppata dal Tribunale di Milano, nel rigettare le obbiezioni del ricorrente al riguardo. Il Tribunale ha voluto chiarire che la, incontestata in atti, legittima residenza abituale negli USA si protraeva dal 2013, a seguito di precipua condizione prevista nell'ambito della separazione omologata dal Tribunale di Roma. Ha altresì chiarito che, la permanenza sul suolo italiano della minore, a partire dal giugno del 2016, non era tale da determinare una modifica di “fatto” della habitual residence della bimba: la stessa era venuta in Italia per trascorrere il suo periodo di vacanze con il padre e, a causa degli impropri giudizi dallo stesso radicati a Roma, è rimasta sulla base di un accordo tra i genitori, temporaneo ed espressamente condizionato, risolutivamente, alla decisione della Corte di Cassazione sul regolamento di giurisdizione, introdotto dalla madre della minore. Il Tribunale di Milano ha altresì, e all'uopo, rigettato il tentativo del ricorrente di inserire il provvedimento del Tribunale di Roma, che aveva assunto misure urgenti a protezione della minore, come un provvedimento di “costituzione” giudiziaria di habitual residence. Sul punto, infatti, la giurisprudenza di legittimità è pacifica nell'affermare che i provvedimenti provvisori e urgenti, assunti laddove sia già stata accertata la carenza di giurisdizione, non giovano a modificare la competenza giurisdizionale, con la conseguenza che «permane la giurisdizione del giudice di residenza abituale ancorché l'autorità giudiziaria adita a seguito del trasferimento abbia emesso provvedimenti interinali per ragioni d'urgenza» (v. Cass., S.U., n. 16864/2011). Tuttavia, a parere di chi scrive, il Tribunale di Milano, nella seconda parte motivazionale della propria decisione e contrariamente alla corretta impostazione iniziale, ha svolto due errori di inquadramento internazional-privatistico che, necessita sottolinearlo, sono stati ininfluenti ai fini della decisione emessa (di sospensione del giudizio ex art. 7, l. n. 218/1995), ma si evidenziano per l'interesse metodologico di approccio cross-border. Il primo errore metodologico, riguarda l'inquadramento della Convenzione Aja del 19 ottobre 1996, ratificata dall'Italia con l. 18 giugno 2015, n. 101. In due passaggi, sia quanto alla possibile evenienza di un futuro trasferimento della competenza giurisdizionale (eventualmente da effettuarsi da parte del Giudice americano a favore di quello italiano), sia nella parte in cui il Tribunale si dichiara competente ai fini dell'emissione di misure provvisorie ed urgenti, il Collegio pone (non rilevando e così perpetrando l'erronea impostazione del Tribunale di Roma), a supporto normativo sovranazionale della propria motivazione, la Convenzione Aja del 19 ottobre 1996. Ciò, rispettivamente, quanto all'art. 8 (sul trasferimento del caso al Foro più appropriato) e all'art. 11 (sull'emissione delle misure urgenti e provvisorie a protezione del minore) della citata Convenzione. Il Tribunale, così facendo, ritiene correttamente l'Italia quale Stato contraente (avendola noi ratificata, come noto, con l. 18 giugno 2015, n. 101), ma erra quanto agli Stati Uniti, omettendo la verifica della ratifica da parte degli stessi, della Convenzione citata (https://www.hcch.net/en/instruments/conventions/status-table/?cid=70). Gli USA hanno, infatti, sì siglato la Convenzione del 1996, il 22 ottobre 2010, ma non l'hanno ancora ratificata: da qui, la non applicabilità della Convenzione agli Stati Uniti, in quanto Stato non Contraente (ma semplicemente firmatario). Ai sensi della Convenzione Aja 96, possono, dunque, assumere rilievo, rispetto a fattispecie che coinvolgano gli USA, nei rapporti con l'Italia, solo ed esclusivamente, quelle disposizioni che estendono il proprio ambito applicativo anche a Stati non Contraenti, con i presupposti e nei limiti ivi indicati. Questo è precisamente quanto si verifica rispetto all'art. 11 della Convenzione, il cui paragrafo 3 riconosce ai giudici dello Stato contraente (nella fattispecie, l'Italia), sul cui territorio si trovi il minore, il potere di assumere provvedimenti provvisori e urgenti, anche nel caso in cui la residenza abituale del minore sia in uno Stato non contraente (nella fattispecie, gli Stati Uniti) (Cfr. Relazione esplicativa di Paul Lagarde, consultabile sul sito dell'Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza, all'indirizzo https://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/convenzione-aja-1996-prontuario-operatore-giuridico.pdf). Il Tribunale di Milano, quindi, si è dichiarato correttamente competente ai sensi dell'art. 11 della Convenzione Aja 1996, ma ha inquadrato la propria competenza erroneamente. Ha, invece, impropriamente previsto un eventuale e futuro trasferimento del caso, in base all'art. 8 della Convenzione stessa, non potendosi applicare il suddetto articolo tra Stato Contraente e Stato non Contraente. Il secondo errore metodologico, riguarda l'ambito di applicazione ratione loci del al Regolamento (CE) n. 2201/2003, c.d. Bruxelles II Bis. Se, infatti e come visto, il Collegio, ha correttamente escluso, quanto alla pretesa applicazione dell'art. 19 del Regolamento (sulla litispendenza e connessione), l'applicabilità al caso de quo, del Regolamento stesso, trattandosi di questione che coinvolge uno Stato Membro (l'Italia) e uno Stato extra UE (gli USA), non altrettanto correttamente richiama l'art. 20 del Regolamento, per legittimare l'adozione di provvedimenti provvisori e urgenti a protezione di minore presente sul territorio italiano, ma la cui residenza abituale sia extra territorio UE. Sostiene, infatti, il Tribunale di Milano, perpetrando così l'errore del Tribunale di Roma, previamente adito, di essere competente a norma dell'art. 20 Reg. UE 2201/2003, quando – come visto – ciò è da escludersi ed è improprio. L'art. 20 rientra, infatti (come recentemente affermato anche dalla Corte di Giustizia UE) tra quelle disposizioni del Regolamento che presuppongono necessariamente, come indica la loro stessa formulazione letterale, un potenziale conflitto di competenza tra le autorità giurisdizionali di diversi Stati membri [Cfr. Corte di Giustizia UE, 17 ottobre 2018 (§ 29-41). La Corte ha fornito importanti precisazioni in merito all'ambito di applicazione del Regolamento (CE) 2201/2003, evidenziando come, in casi che interessano sia uno Stato membro e sia uno Stato extra UE, sia necessario interrogarsi, non tanto sul campo di applicazione ratione loci del Regolamento nella sua totalità, bensì sull'applicabilità al caso specifico, di ciascuna disposizione. Alcune disposizioni del Regolamento Bruxelles II Bis, non sono subordinate alla condizione della necessaria esistenza di un rapporto giuridico implicante più Stati membri (v. art. 8 sulla regola di competenza generale dello Stato membro di residenza abituale del minore), mentre altre disposizioni presuppongono, necessariamente, un potenziale conflitto di potere giurisdizionale tra le autorità di due Stati membri (v. artt. 9, 10, 15, 19 e 20 nonché le disposizioni sul riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze). Sul punto cfr. anche Conclusioni dell'Avvocato Generale Henrik Saugmandsgaard Oe del 20 settembre 2018, § 22-31]. Infine, il Tribunale di Milano, a parere di chi scrive, ha perso un'occasione preziosa di dare concreta applicazione alla misura di protezione di cui all'art. 11 Convenzione Aja 1996. Dopo aver correttamente riconosciuto e affermato la propria legittimazione ad adottare provvedimenti provvisori e urgenti a tutela della minore, il Giudice milanese avrebbe forse potuto sfruttare – vista la delicatezza del caso – l'occasione processuale e sostanziale per integrare, meglio specificare e, comunque, aggiornare le misure provvisorie, già adottate dal Tribunale di Roma, e contraddistinte, purtroppo, da assoluta genericità ed indeterminatezza. In particolare, il Tribunale di Roma, si era limitato a disporre che la bambina continuasse a frequentare per i «prossimi anni scolastici» la scuola dove era già iscritta (all'epoca, presumibilmente, Catania). Il radicamento del giudizio a Milano, a seguito dell'ennesimo e arbitrario trasferimento del padre con la figlia (da Catania a Roma, da Roma a Bristol, da Bristol a Milano), avrebbe reso, per ciò solo, forse, opportuna una nuova ed aggiornata pronuncia d'urgenza, in merito al percorso di scolarizzazione della bambina in Italia (per quale anno scolastico? presso quale istituto scolastico?), in merito alla permanenza e al contatto effettivo con l'altro genitore, in merito al supporto psicologico e, vista la permanenza temporanea sul territorio italiano della bimba da oltre 20 mesi, anche ed eventualmente all'accertamento delle condizioni di vita della minore, mediante indagine psico-sociale. Tutti provvedimenti urgenti e di protezione immediata del minore, comunque, destinati ad avere efficacia soltanto fino all'adozione dei provvedimenti definitivi sulla responsabilità genitoriale, da parte del Giudice statunitense. |