Sulla dichiarazione di pubblico interesse della proposta presentata dal promotore

07 Febbraio 2019

La dichiarazione di pubblico interesse dell'opera oggetto della proposta avanzata da un promotore, non fa sì che tra questi e l'amministrazione si instauri un rapporto suscettibile di fondare una responsabilità precontrattuale, né impone alla seconda di dare corso alla procedura di finanza di progetto, prescindendo dalla valutazione della perdurante attualità dell'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera.

Il caso. Il Consiglio di Stato ha ritenuto infondata la domanda di risarcimento del danno che parte appallante aveva ravvisato nella revoca della procedura di gara per la realizzazione di un'opera mediante finanza di progetto, essendo stato violato – a suo dire - il suo legittimo affidamento sul perfezionamento del contratto per la realizzazione del progetto che questi steso aveva proposto e che l'amministrazione aveva dichiarato di pubblico interesse.

Nel caso di specie il provvedimento di revoca era sopravvenuto successivamente all'indizione della gara prevista dal comma 15 dell'art. 183 del d.lgs. n. 50 del 2016, allorché il promotore aveva non solo la chance di aggiudicarsi la gara, ma altresì la certezza dell'opzione tra l'aggiudicazione del contratto (eventualmente esercitando la prelazione) ed il rimborso delle spese sostenute per la preparazione della proposta. Secondo la prospettazione di parte appellante, di contro, le ragioni poste a sostegno della revoca avrebbero avuto la sola funzione di dissimulare una mutata scelta politica e, in quanto tali, non fossero idonee ad adeguatamente giustificare la determinazione assunta dall'amministrazione.

Il Consiglio di Stato, di tutt'altro avviso, ha ritenuto di dover confermare il consolidato indirizzo giurisprudenziale – richiamato dal giudice di prime cure – secondo cui, in materia di project financing, l'amministrazione – una volta individuato il promotore e ritenuto di pubblico interesse il progetto dallo stesso presentato – non è comunque tenuta a dare corso alla procedura di gara, essendo libera di scegliere, attraverso valutazioni attinenti al merito amministrativo e non sindacabili in sede giurisdizionale se, per la tutela dell'interesse pubblico, sia più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione ovvero rinviare la sua realizzazione ovvero non procedere affatto (ex multis, Cons. Stato, III, 20 marzo 2014, n. 1365; III, 30 luglio 2013, n. 4026; 24 maggio 2013, n. 2838; V, 6 maggio 2013, n. 2418). Ne consegue che anche dopo la dichiarazione di pubblico interesse dell'opera, l'amministrazione aggiudicatrice non è comunque tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione, per un duplice ordine di motivi (ex multis, Cons. Stato, V, 21 giugno 2016, n. 2719): i) la scelta del promotore costituisce una tipica e prevalente manifestazione di discrezionalità amministrativa, che implica ampie valutazioni relativamente all'effettiva esistenza di un interesse pubblico alla realizzazione dell'opera e che – per tali – neppure possono essere coercibili nell'ambito del giudizio di legittimità in sede giurisdizionale amministrativa; ii) la posizione di vantaggio si esplica fattivamente solo in un momento successivo a quello dell'intervento della decisione di affidamento della concessione.

Il Consiglio di Stato ha inoltre escluso che potessero essere invocati i principi espressi dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 28 gennaio 2012, n. 1 con la quale sarebbe stato chiarito che la scelta del promotore determina una immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto e che l'atto in questione è pertanto impugnabile in sede giurisdizionale amministrativa, «poiché questo vantaggio si sostanzia nella preferenza riconosciuta al progetto del promotore in sede di gara, lo stesso presuppone che l'amministrazione si sia già determinata nell'affidare la concessione». In altri termini, il vantaggio e l'aspettativa giuridicamente rilevante per il promotore si pone “a valle” della scelta della addivenire all'affidamento del contratto, che solo l'amministrazione stessa è titolata ad adottare. Per la medesima ragione non può essere preteso il rimborso per le spese di progetto previsto dai commi 12 e 15 dell'art. 183 d.lgs. n. 50 del 2016, perché esso può essere riconosciuto solo ove il promotore non risulti aggiudicatario (ossia a conclusione della gara) e deve versato dall'aggiudicatario e non dall'amministrazione.

In conclusione, dal momento che solo dopo aver stipulato il contratto, si erode lo spazio per la revoca pubblicistica, anche ove la proposta del promotore sia stata dichiarata di pubblico interesse, lo stesso non acquisisce alcun diritto pieno all'indizione della procedura, ma una mera aspettativa, condizionata dalle valutazioni di esclusiva pertinenza dell'amministrazione in ordine all'opportunità di contrattare sulla base della medesima proposta.