Responsabilità amministrativa degli enti e requisiti di moralità

Angelica Cardi
08 Febbraio 2019

La responsabilità degli enti, ai sensi del d.lgs. n. 231/2002, è amministrativa e non penale, di talchè al suo accertamento con applicazione di sanzione pecuniaria (e non interdittiva) non consegue un automatico effetto escludente.

Il caso. Una società proponeva ricorso avverso l'esclusione dall'iscrizione nell'elenco dei soggetti qualificati allo svolgimento di interventi di inclusione scolastica degli studenti con disabilità sensoriali. In particolare, l'Amministrazione aveva motivato la suddetta esclusione adducendo la mancanza di affidabilità e di moralità professionale del ricorrente per aver subito un procedimento ex d.lgs. n. 231/2002 (per un'ipotesi di reato ex art. 640, comma 2, c.p.) originato dalla condotta di un proprio precedente amministratore. Il procedimento si concludeva con sentenza ex art. 444 c.p.p. e con l'applicazione della sanzione pecuniaria nella misura minima prevista dalla norma ma senza l'applicazione di misure interdittive.

La questione. Il TAR ha rilevato l'illegittimità dell'esclusione stante la mancanza di una congrua motivazione in ordine alle ragioni per le quali dalla sentenza penale che ha applicato una sanzione pecuniaria minima all'Ente sia ritraibile un giudizio di non affidabilità a carico dell'Ente stesso.

La sanzione pecuniaria è conseguita, infatti, all'illecito amministrativo dipendente da reato ma senza che sia stata al contempo pronunciata alcuna condanna né nei confronti del legale rappresentante dell'epoca, in quanto deceduto anteriormente alla sentenza, né a carico dell'Ente.

Sul punto, il Collegio evidenzia che il d.lgs. n. 231/2001 delinea a carico degli enti una responsabilità amministrativa e non penale sicchè la società non è mai autore del reato nè concorrente nello stesso.

Il TAR, dunque, conclude affermando che al precedente penale non è ascrivibile alcuna rilevanza automaticamente ostativa, ai sensi dell'art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, ai fini della partecipazione all'avviso pubblico per cui è causa.

A ulteriore conferma dell'illegittimità dell'esclusione, il Collegio precisa che la disposta esclusione, motivata in ragione dell'illecito amministrativo conseguente al reato, si traduce inoltre nell'applicazione di una misura interdittiva applicata al di fuori dei casi di cui al d.lgs. n. 231/2002, determinando in tal senso una violazione del principio di stretta legalità che caratterizza anche l'ordinamento della responsabilità degli enti.

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