Disconoscimento di paternità: quando la verità biologica prevale su quella legale

Giulia Eleonora Aresini
08 Febbraio 2019

La questione principale sottesa alla sentenza in esame attiene alla valutazione circa la prevalenza, nel giudizio di disconoscimento della paternità, del principio del favor veritatis, inteso quale interesse a far prevalere la verità biologica, sull'interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari e alla prevalenza della cd. verità legale.
Massima

Il minore ha il diritto di vedere riconosciuto il suo effettivo status filiationis nel rispetto del diritto alle proprie origini trattandosi di un aspetto fondamentale del diritto di ogni persona alla propria identità personale.

Il caso

Caia, coniugata con Tizio, intraprendeva nel marzo 2013 una relazione sentimentale con Sempronio. Durante tale relazione, Caia e Sempronio concepivano un bambino, ma nel settembre 2013 la gravidanza sfociava in un aborto. Spinti dal desiderio di avere un figlio, Caia e Sempronio si rivolgevano a un centro specializzato in Spagna, ove veniva effettuata la fecondazione eterologa di Caia tramite ovociti di donatrice anonima, fecondati in vitro con il liquido seminale di Sempronio. L'intervento aveva esito positivo e Caia partoriva la minore Mevia. Caia, tuttavia, non dichiarava di aver concepito Mevia con Sempronio e, in forza della presunzione di paternità, Mevia veniva denunciata all'anagrafe come figlia di Caia e Tizio.

A seguito di un esposto presentato da Sempronio alla Procura della Repubblica del Tribunale di Genova, il Tribunale nominava un curatore speciale alla minore Mevia, il quale esercitava azione di disconoscimento della paternità ai sensi dell'art. 244, u.c., c.c.. Nel corso del procedimento veniva disposta consulenza tecnica d'ufficio, la quale accertava la paternità biologica di Sempronio.

La questione

La questione principale sottesa alla sentenza in esame attiene alla valutazione circa la prevalenza, nel giudizio di disconoscimento della paternità, del principio del favor veritatis, inteso quale interesse a far prevalere la verità biologica, sull'interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari e alla prevalenza della cd. verità legale.

La pronuncia si sofferma altresì sull'ammissibilità o meno dell'intervento in causa del sedicente padre biologico diretto ad ottenere una pronuncia di riconoscimento della paternità.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Genova, con la pronuncia in esame, afferma il principio della prevalenza, in materia di azioni di stato, del favor veritatis su quello del favor minoris, facendo proprie alcune considerazioni svolte da Cass.,sez. I civ.,15 febbraio 2017, n. 4020. In particolare, la pronuncia in commento ribadisce come la ricerca della verità biologica abbia assunto, sia a livello di giurisprudenza nazionale che sovranazionale, un'importanza costituzionale primaria, in quanto espressione del diritto fondamentale dell'individuo all'identità personale. La ricerca delle proprie origini, anche biologiche, assume infatti valore preminente rispetto all'interesse del minore alla conservazione dei rapporti familiari, il cui accertamento viene relegato nel solo procedimento per la nomina del curatore speciale.

Pur prendendo le mosse da tali considerazioni, il Tribunale di Genova ritiene di dover effettuare, anche nel giudizio introdotto con l'azione di stato, un bilanciamento degli interessi in gioco, teso a verificare il contemperamento tra l'esigenza di accertare la verità biologica e l'interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari. In particolare, il Tribunale ritiene di dover dare rilevanza al comportamento del padre biologico, intenzionato a veder riconoscere la propria paternità, al suo apporto, sia morale che materiale, nella crescita della minore, nonché alla tenera età di quest'ultima.

Quanto all'intervento in causa del padre biologico nell'ambito del giudizio di disconoscimento di paternità, il medesimo viene dal Tribunale dichiarato inammissibile, essendo il padre biologico escluso dal novero dei soggetti previsti dall'art. 244 c.c., in quanto interessato solo in via mediata dagli effetti della sentenza di disconoscimento della paternità altrui. Sul punto ribadisce infatti come tra il procedimento di disconoscimento della paternità e quello instaurato per il riconoscimento della paternità biologica non sussista un nesso di pregiudizialità (cfr. Cass. civ., sez. I, 13 gennaio 2014, n.487).

Osservazioni

La sentenza in commento, nell'affermare la prevalenza del principio del favor veritatis su quello del favor minoris nell'ambito dei procedimenti di disconoscimento della paternità, richiama espressamente la pronuncia Cass. 15 febbraio 2017, n. 4020, la quale, ribadendo l'importanza del legame genetico quale espressione del diritto fondamentale all'identità personale, opererebbe – secondo il Giudice di merito - un contemperamento degli interessi rilevanti, giungendo alla conclusione di ritenere prevalente il favor veritatis sul favor minoris.

Proprio il richiamo effettuato dalla sentenza in commento alla pronuncia della Suprema Corte rende opportuno un breve cenno alle considerazioni ivi contenute. In particolare la citata pronuncia si sofferma – discostandosi da alcuni precedenti – su quale sia la sede deputata alla valutazione dell'interesse del minore alla conservazione della stabilità dei rapporti familiari; interesse potenzialmente contrapposto a quello della ricerca della verità biologica. Sul punto, la Suprema Corte rileva come l'interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari instaurati all'interno della cd. famiglia sociale non debba essere oggetto di accertamento nella fase di merito del giudizio di disconoscimento, essendo tale valutazione rimessa alla fase – preliminare – della nomina del curatore speciale ai sensi degli artt. 244 e 737 c.p.c.. Tale è infatti la sede destinata ad ospitare l'apprezzamento giudiziale dell'interesse del minore, nell'ambito della quale è possibile l'acquisizione di tutti i necessari elementi di valutazione. Diversamente opinando, ritiene la Corte, l'ulteriore apprezzamento dell'interesse del minore nella fase di merito, oltre a non avere una base normativa, rappresenterebbe «un'inutile duplicazione di una indagine già compiuta e sottoposta al vaglio del giudice ai fini della nomina del curatore speciale».

Dalla motivazione in esame si può dunque rilevare come il Giudice di legittimità, più che operare un bilanciamento tra i due principi in considerazione, ne delimiti il diverso ambito di operatività: mentre il principio del favor minoris assumerebbe rilievo nell'ambito del procedimento deputato alla nomina del curatore speciale, il principio del favor veritatis sarebbe destinato ad agire come regola di giudizio nell'ambito del procedimento di disconoscimento della paternità.

Ciò premesso, il Giudice di merito – pur aderendo espressamente a quanto affermato dalla Corte di cassazione nella pronuncia citata – sembra in realtà discostarsene, ritenendo di non poter prescindere dalla «opportunità di effettuare una verifica sul bilanciamento fra l'esigenza di accertare la verità biologica e l'interesse alla stabilità dei rapporti familiari», in tal modo operando, anche in sede di disconoscimento della paternità, un giudizio di contemperamento tra il favor veritatis e l'interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari, sottintendendo, per questa via, la possibilità che quest'ultimo possa in alcuni casi assumere rilevanza preminente.

Alla luce di quanto precede, sembra dunque potersi affermare che l'orientamento espresso dalla pronuncia in commento sia riconducibile non tanto alla decisione dalla stessa richiamata in motivazione, quanto a un diverso orientamento fatto proprio da talune pronunce di legittimità, secondo le quali permarrebbe, nel giudizio di disconoscimento della paternità, la centralità del bilanciamento fra l'esigenza di affermare la verità biologica e la necessità di tutelare l'interesse del minore alla stabilità dei rapporti familiari. Secondo tali ultime pronunce, occorrerebbe infatti sgombrare il campo dalla «suggestione che il giudice investito della domanda proposta dal curatore speciale sia esonerato dalla valutazione della rispondenza o meno degli effetti del disconoscimento all'interesse del minore, perché già effettuata in relazione all'istanza del pubblico ministero in relazione alla nomina del curatore speciale stesso»(Cass. civ., sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26767). La valutazione operata in sede di nomina del curatore speciale sarebbe, infatti, insufficiente perché effettuata all'esito di “sommarie informazioni” inerenti all'opportunità o meno di procedere alla nomina del curatore speciale, vale a dire al promovimento dell'azione di disconoscimento in nome e per conto del minore. Il bilanciamento tra gli interessi in gioco dovrebbe dunque essere effettuato anche dal Giudice di merito, con conseguente non necessaria prevalenza, nel giudizio di disconoscimento della paternità, del valore della verità della procreazione.

In conclusione, la pronuncia del Tribunale di Genova, al di là dei riferimenti giurisprudenziali citati, sembrerebbe porsi a metà strada tra quanto affermato dai diversi orientamenti della Corte di cassazione: se da un lato esalta il principio del favor veritatis, dall'altro lato non si esime dal valutare, nel caso concreto, l'interesse del minore alla conservazione del legame genitoriale già esistente.

La mancanza di punti fermi sulla questione, testimoniato sia dalla pronuncia in commento che dalla presenza delle pronunce di legittimità richiamate, non può che rendere auspicabile un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

Guida all'approfondimento

M. Sesta, L'accertamento dello stato di figlio dopo il D.lgs. n. 154/2013, in Fam. Dir., 5/2014, 456 e ss.;

C. Campiglio, L'accertamento dello stato di figlio: criteri sovranazionali e norme italiane, in Fam. Dir., 3/2016, 313 e ss.;

R. Senigaglia, Genitorialità tra biologia e volontà. Tra fatto e diritto, essere e dover-essere, in Europa e Diritto Privato, fasc. 3, 1.9.2017, 952 e ss.

S. Sonelli, L'interesse superiore del minore. Ulteriori « ;tessere ;» per la ricostruzione di una nozione poliedrica, in Riv. Trim. di Dir. e Proc. Civ., fasc.4, 1 dicembre 2018, 1373 e ss.

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