Alla CGUE la qualificazione della F.I.G.C. come organismo di diritto pubblico
14 Febbraio 2019
Il caso. Un operatore impugnava gli esiti della procedura negoziata indetta dalla F.I.G.C. - Federazione italiana giuoco calcio, per l'affidamento dei “servizi di facchinaggio” da svolgere al seguito delle squadre nazionali e presso il magazzino federale di Roma, contestando le modalità di svolgimento della procedura di gara sotto il profilo della violazione delle regole di pubblicità previste dal Codice dei contratti pubblici. Nel giudizio di primo grado Il TAR Lazio (Roma, sez. I n. 4101/2018), dopo avere qualificato la suddetta Federazione come “organismo di diritto pubblico” e respinto l'eccezione di difetto di giurisdizione, accoglieva il ricorso e annullava l'aggiudicazione. Sia il consorzio aggiudicatario che la FIGC proponevano appello contestando sia la sussistenza della giurisdizione che la presupposta qualificazione come organismo di diritto pubblico.
Il rinvio pregiudiziale in Corte di Giustizia dell'UE. Il Consiglio di Stato, dopo una ricognizione normativa sull'ordinamento sportivo italiano, ha evidenziato, in termini generali, che «l'approccio dell'ordinamento italiano rispetto allo sport non è circoscritto ad un mero riconoscimento del fondamento di libertà individuale insito nella pratica sportiva agonistica, proveniente dalla società civile, ma per le esigenze riferibili all'ordinamento giuridico generale di organizzazione del fenomeno nel suo complesso, e per la manifesta rilevanza sociale ed economica delle competizioni ad esso relative, vi prepone un ente pubblico [il C.O.N.I., n.d.R.], cui assegna funzioni di carattere amministrativo e poteri autoritativi”, ma che “(…) alle Federazioni sportive è invece attribuita natura di associazioni private, sebbene le stesse siano competenti a svolgere nella singola disciplina compiti ed attività definite espressamente di «valenza pubblicistica». La «valenza pubblicistica» delle attività svolte dalle Federazioni sportive, ai sensi dell'art. 23 dello statuto del C.O.N.I., tuttavia «non modifica l'ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesseÀ (art. 23, comma 1-bis, dello Statuto del C.O.N.I.). Con particolare riferimento alla qualificazione della F.I.G.C. come organismo di diritto pubblico il Collegio evidenzia il pacifico possesso del requisito della personalità giuridica (art. 3, co. 1, lett. d), n. 2), del Codice), considerando invece “controverso” il:
In relazione a tali aspetti la V sezione ha pertanto sottoposto due distinti quesiti pregiudiziali alla CGUE.
(A) Sulla sussistenza del cd. “requisito teleologico”. Il Collegio evidenzia che l'impiego del concetto di «istituzione specifica» e il vincolo funzionale ad «interessi di carattere generale» rimanda ad un atto autoritativo dei pubblici poteri (legge o sentenza) che nel caso delle Federazioni sportive “non sembra ravvisabile, nella misura in cui in base alla legge di riordino del C.O.N.I. a tali enti è attribuita la natura di enti a base associativa, con personalità giuridica di diritto privato, soggetti in via residuale alle norme del codice civile (art. 15, comma 2, d.lgs. n. 242 del 1999)”. Anche in quest'autonomia, tuttavia le Federazioni sportive sono per legge tenute al perseguimento di fini di pubblico interesse assumendo un «carattere in realtà istituzionale ed eterodeterminato, per legge o atto dell'autorità (o degli organismi sportivi internazionali), non solo dei profili strutturali essenziali, ma anche degli ambiti principali di azione e delle modalità con cui questa deve essere svolta». Se, da un parte, i compiti a “valenza pubblica” sembrano «esaurire l'intero ambito di operatività delle Federazioni e le ragioni stesse della loro costituzione” e “inglobare” ogni ulteriore attività, (ivi compreso il servizio di facchinaggio) collocato in rapporto di strumentalità, d'altra parte, proprio per tali attività strumentali si “potrebbe” riespandere “una generale capacità di diritto privato, senza vincoli di perseguire esigenze di interesse generale e pertanto senza vincolo al rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza enunciati nello statuto del C.O.N.I.(richiamando sul punto la sentenza CGUE, 15 gennaio 1998, C-44/96 Mannesmann). L'ordinanza dopo aver esaminato la peculiare relazione tra il C.O.N.I. e la F.I.G.C., si domanda se l'intero complesso delle attività svolte dalla Federazione sia attratta alla sfera istituzionale pubblicistica del primo anche in considerazione della «prevalenza di risorse proprie rispetto alla quota di finanziamento del C.O.N.I.”. A differenza di altre Federazioni, viste le risorse economiche che gravitano nel mondo del calcio, (primo sport nazionale per diffusione presso il pubblico italiano) la F.I.G.C. non beneficia di un finanziamento maggioritario da parte del C.O.N.I. – né i suoi organi sono nominati per “più della metà” dal Comitato olimpico nazionale italiano. La capacità di autofinanziamento, induce a ritenere che “nei suoi confronti non si pongano le esigenze del rispetto delle norme di evidenza pubblica, finalizzate a garantire l'imparziale contrattazione con il mercato di soggetti pubblici operanti secondo logiche non concorrenziali”.
Il Collegio ha pertanto, in primo luogo, domandato alla CGUE:
(B) Sul requisito dell'influenza dominante. Il secondo punto controverso è se la F.I.G.C. sia sottoposta all'influenza pubblica dominante del C.O.N.I., in virtù dei poteri di «riconoscimento a fini sportivi, di controllo e indirizzo sulle attività a valenza pubblicistica, e di approvazione dei bilanci e di commissariamento». Il Collegio evidenzia che tale questione pone profili di “maggiore incertezza” rispetto a quella relativa alla sussistenza del requisito teleologico, in ragione:
Il Consiglio di Stato ha pertanto domandato alla CGUE:
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