La “pronta soluzione” della CGUE sul rito “super-speciale”

19 Febbraio 2019

L'ordinanza del 14 febbraio 2019 della IV sezione della CGUE risponde, tramite il richiamo ai principi consolidati nella giurisprudenza della stessa Corte, ai due quesiti pregiudiziali sollevati nel 2018 dal TAR Piemonte relativamente alla compatibilità del rito “super-speciale” con il diritto euro-unitario.

Il caso La “Cooperativa Valdocco”, seconda classificata ad una gara per l'affidamento di servizi di assistenza domiciliare, indetta nel febbraio 2017 (dunque precedentemente all'entrata in vigore del decreto “correttivo” n. 56 del 2017, n.d.R.), contestava gli atti di gara, lamentando, inter alia, la mancata esclusione dell'aggiudicataria, nonostante il mancato possesso dei requisiti di capacità tecnica e professionale.

Sebbene la stazione appaltante avesse comunicato ai partecipanti le ammissioni alla gara ai sensi dell'art. 29 del Codice dei contratti (non è tuttavia evincibile dalle pronunce se, nella specie, la stazione appaltante si fosse limitata alla comunicazione del mero elenco degli ammessi/esclusi o l'avesse corredato con le relative motivazioni), il ricorso veniva proposto solo a conclusione del procedimento di gara, una volta intervenuta l'aggiudicazione.

Il TAR Piemonte con sentenza non definitiva (sez. I, 13 novembre 2017, n. 1129), precisava che, nonostante le censure denunciassero l'assenza dei requisiti di partecipazione in capo al all'aggiudicatario della gara, la preclusione processuale stabilita dall'art. 120, comma 2-bis c.p.a. imponeva, nella specie, la declaratoria di irricevibilità del ricorso, impedendone quindi l'esame, sicché con ordinanza del 17 gennaio 2018, n. 88 (come segnalato nella News: «Netto il contrasto con il principio di effettività sostanziale della tutela: il rito super-speciale al vaglio della Corte di Giustizia dell'UE!»), rimetteva in via pregiudiziale due quesiti alla CGUE:

  • prima questione: se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e l'art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l'art. 120 comma 2-bis c.p.a, che, impone all'operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l'ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l'ammissione/esclusione dei partecipanti;
  • seconda questione: se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e l'art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, osti ad una normativa nazionale quale l'art. 120 comma 2-bis c.p.a, che preclude all'operatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l'illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell'aggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato l'atto di ammissione nel termine suindicato.

Nelle more della decisione della CGUE, la stazione appaltante confermava l'aggiudicazione e stipulava il contratto. La ricorrente domandava la sospensione dell'aggiudicazione, negata dal TAR «stante la incertezza dei tempi di definizione del ricorso, in attesa della decisione della Corte di Giustizia” (…) rilevato altresì che non si ravvisa il presupposto del periculum, a fronte della possibilità per la Cooperativa ricorrente di subentro ovvero del risarcimento dei danni» (ordinanza 22 febbraio 2018, n. 86). Il 24 gennaio 2019 con l'ordinanza n. 77, il TAR Piemonte ammetteva l'intervento adesivo alla posizione della ricorrente, spiegato a fronte del rinvio pregiudiziale, dall'Associazione Italiana degli Avvocati Amministrativisti, dall'Associazione Amministrativisti.it e dalla Camera degli Avvocati Amministrativisti.

L'ordinanza della CGUE. La CGUE ha considerato le suddette questioni di “pronta soluzione”, risolvibili tramite il richiamo ad alcuni propri precedenti, senza necessità né della discussione in udienza né delle conclusioni dell'Avvocato generale. Il 14 febbraio 2019, dopo lo scambio delle osservazioni scritte tra le parti, i due quesiti sono stati pertanto definiti con un'ordinanza, adottata ai sensi dell'articolo 99 del Regolamento di procedura della CGUE (ai sensi del quale «Quando una questione pregiudiziale è identica a una questione sulla quale la Corte ha già statuito, quando la risposta a tale questione può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza o quando la risposta alla questione pregiudiziale non dà adito a nessun ragionevole dubbio, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l'avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata»).

Sulla prima questione.

Il termine di 30 giorni per impugnare gli atti di ammissione e esclusione dalla gara scatta solo se, con la relativa comunicazione, sono “conosciute o conoscibili” anche le motivazioni su cui si fondano tali decisioni. L'ordinanza evidenzia preliminarmente che in base all'art. 2-quater della direttiva 89/665/CE gli Stati membri devono garantire un termine per ricorrere di almeno 10/15 giorni (a seconda della modalità con cui è stato comunicato il provvedimento) decorrente dalla comunicazione del provvedimento accompagnata dalla «relazione sintetica dei motivi pertinenti».

La Corte sottolinea che «l'obiettivo di celerità» nella definizione delle procedure di ricorso perseguito dalle «direttive ricorsi» deve essere tuttavia «realizzato nel diritto nazionale nel rispetto delle esigenze di certezza del diritto», sicché gli Stati membri hanno «l'obbligo di istituire un sistema di termini di decadenza sufficientemente preciso, chiaro e prevedibile onde consentire ai singoli di conoscere i loro diritti ed obblighi» (paragrafo 29 dell'ordinanza)

Il termine di 30 giorni previsto dall'art. 120, comma 2-bisc.p.a. è pertanto compatibile con le “direttive ricorsi” solo a condizione che i provvedimenti comunicati siano accompagnati da «una relazione dei motivi pertinenti, tale da garantire che i suddetti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell'Unione dagli stessi lamentata» (paragrafo 32 dell'ordinanza).

La Corte richiama la sua costante giurisprudenza secondo cui, l'efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall'articolo 47 della Carta di Nizza, presuppone che «l'interessato possa conoscere la motivazione su cui si fonda la decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, al fine di consentirgli di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, nonché per porre pienamente in grado quest'ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione» (paragrafo 33 dell'ordinanza).

L'autonoma impugnabilità dell'atto di ammissione. L'ordinanza non condivide i dubbi sollevati dal giudice a quo circa la mancanza di interesse a ricorrere contro gli atti (di ammissione) adottati in una fase della gara in cui non è ancora noto l'esito della procedura (vale a dire in un momento in cui il ricorrente «non è in grado di stabilire se abbia realmente interesse ad agire, non sapendo se alla fine il suddetto concorrente sarà l'aggiudicatario oppure se sarà egli stesso nella posizione di ottenere l'aggiudicazione»).

La Corte richiama l'art. 1, par. 3 della direttiva n. 89 del 665 laddove stabilisce chi sono gli operatori legittimati a ricorrere contro gli atti di gara (i.e. “per lo meno” chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione), precisando che tale previsione comprende «qualunque offerente che ritenga che un provvedimento di ammissione di un concorrente a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico sia illegittimo e rischi di cagionargli un danno, in quanto simile rischio è sufficiente a giustificare un immediato interesse ad impugnare detto provvedimento, indipendentemente dal pregiudizio che può inoltre derivare dall' assegnazione dell'appalto ad un altro candidato». (paragrafo 36 dell'ordinanza). Sul punto la Corte richiama il precedente in cui aveva espressamente riconosciuto l'autonoma impugnabilità degli atti di ammissione alla gara (sentenza C-391/15, “Marina del Mediterraneo”).

In conclusione, con riferimento alla prima questione la CGUE ha pertanto affermato il seguente principio: «(…) la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell' articolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che, in mancanza di ricorso contro i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione degli offerenti alla partecipazione alle procedure di appalto pubblico entro un termine di decadenza di 30 giorni dalla loro comunicazione, agli interessati sia preclusa la facoltà di eccepire l'illegittimità di tali provvedimenti nell'ambito di ricorsi diretti contro gli atti successivi, in particolare avverso le decisioni di aggiudicazione, purché tale decadenza sia opponibile ai suddetti interessati solo a condizione che essi siano venuti o potessero venire a conoscenza, tramite detta comunicazione, dell'illegittimità dagli stessi lamentata».

Sulla seconda questione pregiudiziale.

La preclusione posta dall'art. 120 comma 2-bis c.p.a. all'impugnazione dell'aggiudicazione è compatibile con il diritto euro-unitario solo se il ricorrente è posto nelle condizioni di proporre un ricorso consapevole contro l'ammissione. Con riferimento al secondo quesito la CGUE richiama la propria giurisprudenza in cui ha ripetutamente affermato che la «realizzazione completa degli obiettivi perseguiti dalla direttiva 89/665 sarebbe compromessa se ai candidati e agli offerenti fosse consentito far valere, in qualsiasi momento del procedimento di aggiudicazione, infrazioni alle norme di aggiudicazione degli appalti, obbligando quindi l'amministrazione aggiudicatrice a ricominciare l'intero procedimento al fine di correggere tali infrazioni». L'ordinanza tuttavia sottolinea che il suddetto principio, sancito in astratto, non esclude - una volta applicato in concreto – che un termine di decadenza per contestare gli atti di gara «possa pregiudicare i diritti conferiti ai singoli dal diritto dell'Unione, segnatamente il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito dall'articolo 47 della Carta».

La Corte pertanto rimette al giudice a quo la verifica se:

  • nelle circostanze di cui alprocedimento principale, il ricorrente fosse effettivamentevenuto o sarebbe potuto venire a conoscenza, grazie alla comunicazione da partedella stazione appaltante del provvedimento di ammissione ai sensi dell'articolo 29del Codice e dei relativi motivi di illegittimità e dunque sia stato posto «effettivamente in condizione di proporre un ricorso entro il termine di decadenzadi 30 giorni di cui all'articolo 120, comma 2-bis, c.p.a
  • l'applicazione degli artt. 29 e 53, commi 2 e 3, del Codice non impediscano alla ricorrente di «venire effettivamente a conoscenza dell'illegittimità del provvedimento di ammissione del raggruppamento di imprese aggiudicatario dalla stessa lamentata e di proporre un ricorso, a decorrere dal momento in cui la medesima ne ha avuto conoscenza, entro il termine di decadenza di cui all'articolo 120, comma 2-bis, del codice delprocesso amministrativo» (paragrafi 46 e 47 dell'ordinanza).

L'ordinanza precisa che «il giudice nazionale deve fornire alla normativa interna che è chiamato ad applicare un'interpretazione conforme agli obiettivi della direttiva 89/665» e che qualora tale interpretazione non fosse possibile «deve disapplicare le disposizioni nazionali contrarie a tale direttiva (..) dal momento che l'articolo 1, paragrafo 1, della stessa è incondizionato e sufficientemente preciso per essere fatto valere nei confronti di un'amministrazione aggiudicatrice» (paragrafo 48 dell'ordinanza).

In conclusione, con riferimento al secondo quesito, la Corte afferma pertanto il seguente principio “ la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell'articolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che, in mancanza di ricorso contro i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione degli offerenti alla partecipazione alle procedure di appalto pubblico entro un termine di decadenza di 30 giorni dalla loro comunicazione, agli interessati sia preclusa la facoltà di eccepire l'illegittimità di tali provvedimenti nell'ambito di ricorsi diretti contro gli atti successivi, in particolare avverso le decisioni di aggiudicazione, purché tale decadenza sia opponibile ai suddetti interessati solo a condizione che essi siano venuti o potessero venire a conoscenza, tramite detta comunicazione, dell'illegittimità dagli stessi lamentata”.

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