Stato di adottabilità e mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine

25 Febbraio 2019

Può il Tribunale per i Minorenni una volta dichiarato lo stato di adottabilità di un minore, con sentenza divenuta irrevocabile, disporre incontri di quest'ultimo con la sua famiglia d'origine?
Massima

La volontà espressa dal minore di mantenere contatti con i genitori, nonostante la dichiarazione dello stato di abbandono, può essere ritenuta meritevole di apprezzamento soprattutto se accompagnata da un disagio manifestato dallo stesso minore a seguito dell'interruzione dei contatti con la famiglia di origine. Il giudice, con il provvedimento di sospensione della responsabilità genitoriale, può pertanto autorizzare gli incontri tra il minore e i genitori, qualora ciò risponda al superiore interesse del figlio.

Il caso

Con sentenza divenuta irrevocabile, il Tribunale per i minorenni di Caltanissetta dichiarava lo stato di adottabilità di Tizia che, rifiutando di essere accolta da una nuova famiglia, si trovava istituzionalizzata ormai da tempo. Successivamente, divenuta irrevocabile la sentenza di adottabilità, emerso dall'ascolto di Tizia, ormai sedicenne, il suo desiderio di poter riabbracciare la madre alla quale riferiva di essere molto legata nonostante il tempo trascorso dall'ultimo incontro, veniva nuovamente adito il Tribunale per i minorenni di Caltanissetta. Nel corso del procedimento veniva quindi sentita Tizia - valutata dal Tribunale per i minorenni matura e consapevole - che anche in tale occasione dichiarava di voler rivedere la madre ribandendo la propria volontà di poterla riabbracciare e al contempo confermando anche di non voler più essere inserita in alcuna famiglia adottiva.

La questione

Può il giudice (il Tribunale per i Minorenni) una volta dichiarato lo stato di adottabilità di un minore, con sentenza divenuta irrevocabile, disporre incontri di quest'ultimo con la sua famiglia d'origine?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento apre ad una nuova forma di adozione, così detta aperta, non espressamente contemplata né normata nel nostro ordinamento, e frutto da qualche tempo di una, per ora limitata, applicazione giurisprudenziale, che consente al minore adottato, di mantenere con modalità e misure idonee a salvaguardare il suo superiore interesse, i rapporti con la famiglia di origine.

Si parla di adozione aperta per riferirsi all'open adoption normata nel diritto anglosassone che prevede, appunto, il mantenimento dei legami del minore con la famiglia di origine preservando così i legami affettivi positivi costruiti dal minore.

La sentenza in commento si allontana, quindi, dalla consolidata giurisprudenza italiana che, invece, seguendo il dato normativo, ritenuto sussistente lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione dello stato di adottabilità, vede l'adozione legittimante come una seconda possibilità per il minore, una seconda vita sul presupposto che si possa cancellare la storia precedente del minore.

Oggi il rigore della previsione normativa, che impone la cessazione dei rapporti con la famiglia di origine del minore, è stato smussato nella prassi di alcuni Tribunali per i Minorenni – tra cui quello che ha emesso la sentenza in commento - che, in situazioni particolari, spesso laddove i minori hanno un'età tale da aver sviluppato relazioni significative con i genitori, ritengano si possa far permanere rapporti interpersonali, nonostante vengano interrotti quelli giuridici.

Già App. Milano 5 dicembre 2014, n. 9 aveva ritenuto non violare «il disposto dell'art. 27 ultimo comma della legge perché, avuta ben presente la distinzione tra rapporti giuridici e rapporti interpersonali, è evidente che un eventuale rapporto del minore con il nucleo di origine non postula il permanere di rapporti giuridici. Sicché deve ritenersi consentito al giudice prevedere contestualmente alla pronuncia di adozione il mantenimento di relazioni interpersonali tra il minore adottato e figure significative della sua situazione precedente, quando ciò risponda al suo preminente interesse che, com'è stato sottolineato da autorevole dottrina, non può essere inteso semplicemente come interesse alla non dispersione della storia familiare, ma richiede un elemento in più, che questa Corte ravvisa nel pregiudizio che deriverebbe al minore dal recidere alcuni rapporti».

Trib. min. Milano 14 novembre 2017,n. 304 ha, poi, ritenuto che «in assenza di una soluzione giuridica strettamente attinente alla fattispecie è compito del Tribunale individuare il progetto che maggiormente risponde all'interesse del minore, che deve essere identificato nell'adozione legittimante, in considerazione del forte bisogno evidenziato dal minore medesimo di essere inserito in modo stabile in un nucleo familiare in grado di assicurargli continuità e serenità di vita, assicurandogli la presenza di figure di riferimento adulte e competenti sul piano affettivo ed educativo. Fermo restando quanto sopra ritiene il Collegio come l'età e le peculiarità della storia del minore suggeriscano di considerare che l'interruzione definitiva dei rapporti tra il medesimo ed il padre, nel caso concreto, possa non essere rispondente al suo interesse e financo dannosa».

L'orientamento delle sentenze citate, come di quella in commento, si conforma a quanto statuito dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Corte EDU 21 gennaio 2014) secondo la quale il rispetto dell'art. 8 CEDU impone agli Stati membri di porre in essere preventivamente tutte le misure, positive e negative, anche di carattere assistenziale volte a favorire il ricongiungimento tra genitori biologici e figli e a tutelare il superiore interesse di questi ultimi, evitando per quanto possibile l'adozione e prevedendo la possibilità di disporre, sempre che corrisponda all'interesse del minore, una forma di adozione che garantisca la conservazione dei legami tra questi ultimi ed i genitori.

La sentenza in commento valuta anche la portata dell'ascolto del minore quale strumento per individuare l'interesse del minore riconosciuto appunto dall'ordinamento nazionale e sovranazionale, sul quale devono poggiare tutte le decisioni tese ad influire sulla sfera individuale dello stesso; l'ascolto del minore viene inteso lo strumento attraverso il quale al giudice è consentito selezionare tutti gli elementi di indagine e valutazione nella scelta dei provvedimenti da adottare.

Nel caso di specie, poi, il provvedimento di autorizzazione degli incontri del minore dichiarato in stato di adottabilità con la famiglia di origine, ritenuto rispondente al suo superiore interesse, viene emesso in un procedimento apertosi a seguito della dichiarazione di adottabilità divenuta irrevocabile e, quindi, in un momento successivo al procedimento che ha dichiarato l'adozione legittimante prevista dal nostro ordinamento.

Osservazioni

La mutata realtà sociale che vede sempre un maggior numero di procedimenti pendenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità di minori che non sono più neonati e che per l'età hanno già sviluppato relazioni significative con i genitori biologici, anche se sicuramente non idonei al ruolo che dovrebbero ricoprire, ha portato la giurisprudenza a scostarsi dal modello di adozione previsto dal nostro legislatore, così detta adozione chiusa o legittimante che cancella la storia del minore e ne recide tutti i legami con la famiglia di origine, laddove l'interruzione di questi rapporti non risponda o addirittura arrechi pregiudizio ai minori stessi.

Già da qualche tempo la CEDU ha aperto alla possibilità di prevedere che si possa fare luogo ad un'adozione in cui coesistano pienezza e stabilità di accoglienza con flessibilità ed apertura verso le relazioni e gli affetti che il minore ha consolidato ed applicando i suesposti principi ha condannato l'Italia per non aver adeguatamente valutato la continuità affettiva della relazione parentale (Corte EDU 21 gennaio 2014, caso Zhou contro Italia).

La legge n. 173/2015, poi, introducendo il principio della continuità affettiva, a conferma del mutamento che l'istituto giuridico dell'adozione sta ormai subendo, impone al giudice incaricato di decidere sull'adozione di un minore, di tenere in considerazione i «legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra minore e famiglia affidataria» e «qualora, a seguito di un periodo di affidamento, il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento ad altra famiglia o sia adottato da altra famiglia, è comunque tutelata, se rispondente all'interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l'affidamento». Si sostengono i legami costituiti dal minore durante il periodo di affidamento laddove gli stessi rispondano ai suoi bisogni.

I giudici dei Tribunali per i minorenni, chiamati a dichiarare lo stato di adottabilità di un minore, uniformandosi ai principi enunciati dalla CEDU, e tenuto conto della mutata realtà sociale e della legge sulla continuità affettiva, hanno iniziato a valutare la positiva relazione tra genitori e figli e la possibilità di salvaguardarla, pur in presenza di una dichiarazione dello stato di adottabilità, laddove rescindere i legami comporterebbe un maggior pregiudizio al minore. Si assiste, quindi, all'apertura di una terza via, rispetto al sistema binario previsto dal nostro legislatore laddove molto rigidamente propone come alternativa all'adozione solo la via dell'affido, che prevede l'adozione legittimante del minore senza necessariamente rescindere ogni legame con la famiglia di origine.

Un altro tema molto delicato, che sicuramente consente spunti interessanti a sostegno della nuova apertura dei Tribunali per i minorenni che si sono scostati dalla giurisprudenza consolidata che fino ad ora consente solo l'adozione legittimante o l'affido, in favore di un'adozione aperta, è il tema della ricerca delle origini. Sempre più adottati, divenuti maggiorenni, vanno alla ricerca della propria famiglia di origine o di uno dei due genitori, dimostrando che in questi casi, la famiglia di origine, pur carente tanto da aver comportato la dichiarazione dello stato di adottabilità, ha avuto sicuramente nella vita del minore un ruolo positivo.

Si tratta, quindi, di tenere l'attenzione sul preminente interesse di quel minore, valutando attentamente, ove esistenti, le relazioni che lo stesso ha consolidato con i genitori e i parenti, ma anche con eventuali affidatari, così da emettere il provvedimento più opportuno a garantire una serena crescita di quel minore, garantendogli di non perdere alcuna delle relazioni affettive costruite nel tempo anche laddove perderà la relazione giuridica con la sua famiglia di origine.

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