Violazione degli obblighi di assistenza nei confronti del figlio maggiorenne

27 Febbraio 2019

La mancata ottemperanza degli obblighi di assistenza nei confronti del figlio maggiorenne integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare? Preliminarmente, è utile fare presente che l'obbligo di assistenza nei confronti del figlio maggiorenne è inteso diversamente in campo civile e in campo penale in quanto, la nozione civilistica di mantenimento non coincide con quella penalistica di mezzi di sussistenza; il primo concetto è fondato sulla valutazione e...

La mancata ottemperanza degli obblighi di assistenza nei confronti del figlio maggiorenne integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare?

Preliminarmente, è utile fare presente che l'obbligo di assistenza nei confronti del figlio maggiorenne è inteso diversamente in campo civile e in campo penale in quanto, la nozione civilistica di mantenimento non coincide con quella penalistica di mezzi di sussistenza; il primo concetto è fondato sulla valutazione e comparazione delle condizioni socioeconomiche dei genitori, mentre il secondo riguarda i mezzi economici minimi necessari per la soddisfazione delle esigenze elementari di vita degli aventi diritto.

Il codice civile prevede che il genitore separato o divorziato, è obbligato ai sensi dell'art. 337-septies c.c. a concorrere al mantenimento del figlio anche dopo il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo, obbligo che perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio abbia raggiunto l'indipendenza economica ovvero sia stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta (Cass. civile, Sez. I, ord. n. 32529/2018 e n. 1773/2012; Sez. VI, n. 2171/2012).

Il comma 2 dell'art. 337-septies c.c. prevede, inoltre, che ai figli maggiorenni, portatori di handicap grave, si applichino le disposizioni stabilite in favore dei figli minori.

L'obbligo penalmente sanzionato di prestare i mezzi di sussistenza ha, invece, contenuto soggettivamente e oggettivamente più ristretto di quello delle obbligazioni previste dalla legge civile.

Il codice penale prevede due tipologie di reati che hanno ad oggetto la violazione degli obblighi di assistenza familiare, uno previsto dall'art. 570 c.p. e uno previsto dall'art. 570-bis c.p.

L'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. prevede espressamente che venga punito colui il quale fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore ovvero inabili al lavoro.

Tale norma pone, quindi, due condizioni imprescindibili per la configurazione del reato: far mancare i mezzi di sussistenza al figlio e che questi non sia ancora maggiorenne oppure che sia maggiorenne ma inabile al lavoro.

Nella nozione penalistica di mezzi di sussistenza devono ritenersi compresi non più solo i mezzi per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l'alloggio) ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana (quali, ad es., abbigliamento, libri di istruzione per i figli minori, mezzi di trasporto, mezzi di comunicazione. Cass. pen., Sez. VI, n. 49755/2012).

L'inabilità al lavoro, rilevante ai fini dell'integrazione del reato va intesa, in base alla definizione contenuta negli artt. 2 e 12 della l. 118/1971, come totale e permanente inabilità lavorativa (Cass. Sez. VI, n. 1342/2019).

Diversa è, invece, l'ipotesi in cui al figlio sia riscontrata una "invalidità" che comporti una riduzione permanente della capacità lavorativa inferiore o pari al 74%, in quanto, in questi casi, il soggetto non può essere annoverato tra gli "inabili al lavoro" (artt. 2 e 13 della l. 118/1971 e art. 9 del d.lgs. 509/1988).

È bene sottolineare che, non solo l'obbligo economico sanzionato dal comma 2 dell'art. 570 c.p. ma anche quello morale sanzionato dal comma 1, presuppongono la minore età del figlio non inabile al lavoro; pertanto, entrambi gli obblighi verranno meno con l'acquisizione della capacità di agire da parte del minore conseguente al raggiungimento della maggiore età (Cass. Sez. VI, n. 22831/2018 e n. 34080/2013).Tale circostanza è evidente, per quanto riguarda il comma 1 dal richiamo all'esercizio della potestà genitoriale, e, per il comma 2, dal riferimento testuale come sopra evidenziato.

L'art. 570-bis c.p. Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio, inserito dal d.lgs. 21/2018, attuativo del principio della riserva di codice, prevede, invece, che venga punito «il coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli» . La norma riproduce, anche se non in modo letterale, le previgenti disposizioni penali contenute nell'art. 12-sexies della l. 898/1970 e nell'art. 3 della l. 54/2006 che sono state recentemente abrogate dal suddetto decreto.

Tale reato, a differenza di quello previsto dall'art. 570 c.p., non punisce il far mancare i mezzi di sussistenza al figlio ma punisce il mero inadempimento dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice civile, in sede di separazione o divorzio, in favore dei figli senza limitazione di età, purché economicamente non autonomi (Cass. pen., Sez. VI, n. 34270/2012 e n. 6575/2008).

Prima dell'introduzione di tale norma, la tutela penale degli interessi economici del figlio nato fuori dal matrimonio era affidata al coordinamento in via interpretativa delle norme contenute in due leggi complementari, rispettivamente la l. 898 del 1970, recante Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, il cui art. 12-sexies dettava che «al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall'articolo 570 del codice penale» e la l. 54 del 2006, recante Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, il cui art. 3 stabiliva che «In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l'articolo 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898». L'orientamento prevalente della Suprema Corte aveva ritenuto che tale reato fosse configurabile non solo nel caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, ma anche in quello di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza, rilevando come l'art. 4, comma 2, della l. 54/2006 stabilisse l'estensione “ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati» delle disposizioni contenute nella medesima legge (Cass. Sez. VI, n. 14731/2018). A seguito dell'introduzione dell'art. 570 bis c.p., e contestuale abrogazione dell'art. 3 della l. 54/2006, si è posto il problema se esso sia applicabile anche alla violazione degli obblighi di natura economica che riguardano i figli nati fuori del matrimonio. La Corte ha ritenuto che, l'unica interpretazione sistematicamente coerente, e costituzionalmente compatibile e orientata, dia risposta positiva a tale quesito in quanto, il presupposto costitutivo, non è l'esistenza del matrimonio, bensì il mero rapporto di genitorialità, essendo questa la fonte delle obbligazioni. Una volta venuta meno l'affectio coniugalis o, comunque, quella stabilità di rapporto derivante dalla convivenza dei genitori non uniti in matrimonio, si pone un'identica esigenza di tutela dei figli avverso eventuali condotte inadempienti poste in essere da uno dei genitori, inadempienza che assume i medesimi caratteri a prescindere da quale sia stato il legame tra i genitori. Deve ritenersi, quindi, che il d.lgs. 21/2018 abbia inciso sugli artt. 12-sexies della l. 898/1970 e 3 della l. 54/2006, abrogandoli e trasponendone il contenuto nell'art. 570-bis c.p. ma non abbia abrogato l'art. 4, comma 2, della l. 54/2006. Con una recente Sentenza, la Suprema Corte ha confermato tale orientamento (Cass. Sez. VI, n. 56080/2018 - per approfondimento: giurisprudenza commentata Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o scioglimento del matrimonio. La norma va all'esame della Consulta).

In conclusione, quindi, non integra il reato di cui all'art. 570, comma 2, c.p. la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza a figli maggiorenni non inabili a lavoro, anche se studenti in quanto, il reato di violazione dell'obbligo di prestare i mezzi di sussistenza è configurabile sino al raggiungimento della maggiore età e non anche per il periodo successivo; in questo caso, la violazione dell'obbligo integrerà, là dove sussistano le condizioni, solo un illecito civile e non un reato. Integra, invece, il reato previsto dall'art. 570-bis c.p., l'omesso versamento dell'assegno periodico stabilito dal giudice civile per il mantenimento, educazione e istruzione dei figli anche maggiorenni non indipendenti economicamente.

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