E’ valido il contratto di avvalimento sottoscritto con firma “scansionata”

Simone Abrate
28 Febbraio 2019

E' valido il contratto di avvalimento sottoscritto in calce in forma “scansionata” (quindi non in “originale”), venendo in rilievo una scrittura privata per la cui validità è necessaria e sufficiente la forma scritta e non essendo in discussione, inoltre, la concreta attribuzione della paternità del documento contrattuale all'impresa ausiliaria. In tal caso si tratta, al più, di mera irregolarità suscettibile di essere sanata mediante il ricorso al soccorso istruttorio.

Il caso. La ricorrente ha chiesto l'annullamento dell'aggiudicazione, lamentando la mancata esclusione dell'aggiudicataria dalla gara, per nullità del contratto di avvalimento sottoscritto in forma non autografa (circostanza provata anche a mezzo di perizia calligrafica della stessa parte ricorrente).

La soluzione del Tar Calabria. Il Tar Calabria ha ritenuto valido, e non nullo, il contratto di avvalimento sottoscritto con firma “scansionata”, e quindi con firma non autografa. E ciò in quanto si tratta di una scrittura privata per la cui validità è necessaria e sufficiente la forma scritta, non essendo in discussione la concreta attribuzione della paternità del documento contrattuale all'impresa ausiliaria, che non ha mai formalizzato alcuna contestazione o disconoscimento al riguardo (cfr., su questione analoga, Tar Calabria, Catanzaro, Sez. II, 29 giugno 2018, n. 1291).

La fattispecie realizza, al più, una mera irregolarità suscettibile di essere sanata mediante il ricorso al soccorso istruttorio posto che, nel caso di specie, non viene in rilievo un'ipotesi di difetto assoluto di sottoscrizione bensì, soltanto, una modalità di sottoscrizione.

Si aggiunga che, a differenza della prescrizione che impone nel contratto la “specificazione dei requisiti formali e delle risorse messe a disposizione dall'impresa ausiliaria”, la cui violazione è espressamente sanzionata “a pena di nullità”, nessuna conseguenza è correlata dal codice del 2006 alla mancata allegazione del contratto di avvalimento “in originale o in copia autentica” e che, secondo parte della giurisprudenza, “i requisiti formali dell'accordo di avvalimento, descritti dal richiamato art. 49, secondo comma lett. f), del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, non sono previsti ad substantiam e non possono quindi sottrarsi al principio della libertà delle forme degli atti di volontà fra privati” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 gennaio 2012 n. 101; analogamente anche T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Bolzano, sez. I, 26 novembre 2010 n. 314; TAR. Lazio, Roma, Sez. I, 27 ottobre 2010 n. 3303).

Non sussiste, a maggior ragione, alcuna violazione delle norme del D.P.R. 445/2000, venendo in rilievo - a voler aderire alla ricordata ricostruzione prospettata dalla ricorrente - documenti sottoscritti, corredati da copia della carta di identità e trasformati in pdf, come tali tali redatti in conformità al combinato disposto degli artt. 38, commi 1, 2, e 47, comma 1, D.P.R. n. 445/2000.

Si segnala la sentenza anche per il diverso profilo della rilevanza di misure cautelari personali penali, ai fini dell'art. 80 del codice del 2016. Secondo il Tar Catanzaro, la misura cautelare non costituisce adeguato mezzo di prova della commissione di un grave illecito professionale, che comporterebbe l'esclusione dalla gara ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016; la sua omessa dichiarazione, pertanto, non configura la causa di esclusione dell'operatore ai sensi della successiva lett. c-bis) dell'art. 80 (in termini TAR Catanzaro, sez. I, 7 febbraio 2019, n. 258) posto che le linee guida ANAC n. 6, con cui l'Autorità ha determinato quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione, tra l'altro, delle circostanze di esclusione, prevedono che prova adeguata dell'illecito professionale sia costituita quanto meno da “provvedimenti di condanna non definitivi per i reati di cui agli artt. 353, 353-bis, 354, 355 e 356 c.p.”.

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