Patteggiamento e preclusioni sul sindacato di legittimità

04 Marzo 2019

È deducibile con ricorso per Cassazione l'omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per l'applicazione del 129 c.p.p. nel caso in cui abbia pronunciato una sentenza di patteggiamento? Al quesito va data risposta negativa. Diversi appaiono i criteri che sostengono l'indicata soluzione. In primo luogo, il dato letterale dell'art. 448, comma 2-bis, c.p.p. come introdotto dalla recente l. 103 del 2017...

È deducibile con ricorso per Cassazione l'omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per l'applicazione del 129 c.p.p. nel caso in cui abbia pronunciato una sentenza di patteggiamento?

Al quesito va data risposta negativa.

Diversi appaiono i criteri che sostengono l'indicata soluzione.

In primo luogo, il dato letterale dell'art. 448, comma 2-bis, c.p.p. come introdotto dalla recente l. 103 del 2017 (c.d. Riforma Orlando) che circoscrive gli errores in iudicando aggredibili: «Il pubblico ministero e l'imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza».

Posto il principio di tassatività del regime dei casi in cui è ammessa l'impugnazione e della specificità del menzionato regime, prevalente rispetto a quello più generale stabilito all'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p., al di là di quell' ambito il ricorso si rivela inammissibile.

In secondo luogo a confermare la forte limitazione delle censure denunciabili soccorre la ratio della riforma del 2017 che, allo scopo di deflazionare e semplificare i mezzi d'impugnazione e, in particolare, la proposizione dei ricorsi contro le sentenze di patteggiamento troppo spesso inammissibili, e valorizzare il consenso prestato dal pubblico ministero e dall'imputato ha operato la riforma del regime di devoluzione dei vizi della decisione entro i segnalati limiti. Peraltro, l'area dei vizi di regola censurabili in sede di legittimità subiva, con precipuo riferimento alla sentenza patteggiata, una potatura, per così dire, fisiologica, originata dall'interazione con lo schema negoziale.

Un tale percorso normativo fa propri gli orientamenti già sviluppatisi nella prassi.

È noto l'itinerario percorso. Per esautorare la garanzia nell'ambito del rito negoziale si muove dall'asserita duplice natura della verifica svolta dal giudice: positiva, quando s'incentri sulla correttezza della c.d. cornice giuridica dell'accordo, in punto di nomen iuris, circostanze e misura della pena, “negativa”, quando volta a escludere l'esistenza delle condizioni per il proscioglimento immediato. Ricondotta tra i requisiti di ammissibilità del rito, al pari del rispetto di un termine o di un vincolo di forma, la fattispecie ex art. 129 c.p.p. rileva solo dove ne constino gli elementi costitutivi, sicché, nell'ipotesi negativa, il giudice che recepisce l'accordo non è di regola tenuto a menzionarla nella motivazione della sentenza ex art. 444 c.p.p. Il dovere di dar conto delle ragioni che hanno indotto a escludere taluna delle cause indicate all'art. 129 c.p.p. ricorre solo nell'eventualità in cui dagli atti emergano elementi capaci di dimostrare l'inesistenza dei presupposti per il proscioglimento; in assenza di elementi è sufficiente la mera enunciazione, anche implicita o espressa con formule di stile, di aver compiuto con esito negativo la verifica sul punto richiesta dall'art. 444, comma 2, c.p.p. Conseguentemente il diritto di impugnazione si restringe(va): i ricorsi incentrati sub art. 606, lett. e), c.p.p. censuravano in via esclusiva deficit giustificativi in ordine all'assenza delle condizioni per il proscioglimento. Si trattava, si osserva, di atti spesso pretestuosi e destinati, in percentuale altissima, all'inammissibilità e il conseguente dispendio di energia induceva a rimostranze che trovano senz'altro orecchio nella legge di riforma.

La soluzione applicativa ora vigente è tranchant: espunte le patologie del discorso giustificativo dall'area dei vizi aggredibili in sede di legittimità, sarà destinata a sopravvivere la sentenza concordata non solo manchevole di argomentazioni circa l'assenza dei presupposti per la declaratoria ex art. 129 c.p.p. ma del tutto priva di motivazione.

Come ha indicato da ultimo la giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., Sez. VI, 19 dicembre 2018, n. 2875), per effetto del nuovo combinato disposto degli artt. 444 e 448 c.p.p., è obbligo del giudice chiamato a pronunciare la sentenza di patteggiamento accertare l'insussistenza delle condizioni per pronunciare il proscioglimento ma l'eventuale omissione della motivazione sul punto non è più censurabile con ricorso per cassazione: arduo appare dimostrare l'incidenza del vizio all'interno della motivazione embrionale che usualmente accompagna la pronuncia concordata. La peculiarità della sentenza emessa su concorde accordo delle parti riduce fortemente l'obbligo motivazionale (Cass. pen., Sez. unite, 27 marzo 1992, n. 5777, Di Benedetto; Cass. pen., Sez. unite, 27 settembre 1995, n. 10372, Serafino).

A confortare l'inammissibilità della richiesta di applicazione ex art. 129 c.p.p. soccorre, inoltre, l'intento, perseguito dal legislatore del 2017, di dare un forte risalto al consenso prestato dall'imputato (Cass. pen., Sez. II, 11 gennaio 2018, Oboronceanu, Rv 272014), personalmente o a mezzo procuratore speciale, e quindi all'implicito riconoscimento di responsabilità che rende poi superfluo un giudizio di impugnazione sullo svolgimento dei fatti, contraendo “fortemente” il vaglio ex art. 606 lett. e) c.p.p. Resta, pertanto, testualmente estraneo al sindacato di legittimità il tema dell'applicazione officiosa delle cause di non punibilità previste all'art. 129 c.p.p. Del resto, aggiunge la citata sentenza n. 2875/2018, le parti debbono essere pienamente consapevoli che la scelta del rito comporta delle conseguenze anche sul versante del nuovo regime d'impugnazione della sentenza di patteggiamento: il concordato sulla pena origina una forte limitazione del suo regime d'impugnabilità, come attesta la novella del 2017 che su tale versante ha delineato un “regime ad hoc” (da ultimo, Cass. pen., Sez. VI, 19 dicembre 2018, n. 2875), del tutto conforme al nostro assetto costituzionale e a quello convenzionale.

Invero, ferma restando la deducibilità della illegalità della pena (al pari della misura di sicurezza) secondo quanto stabilito dall'art. 25 Cost., la limitazione dei casi di ricorribilità per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento valorizza quel richiamo alla sola “violazione di legge” prevista all'art. 111, commi 6 e 7 Cost. e appare del tutto ragionevole e conforme a quanto stabiliscono gli artt. 24 e 111, comma 2 Cost. e l'art. 6 Cedu. (v., per tutte, Corte Edu. Natsylishvili e Togonidze c. Georgia, 29 aprile 2014; Corte Edu, Galstyan c. Armenia, 15 novembre 2007).

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