La perdita del potere di acquisto della moneta giustifica la revisione dell'assegno divorzile
04 Marzo 2019
Massima
Considerato che il reddito deve essere valutato in relazione al suo potere d'acquisto nel momento in cui viene percepito, al fine di valutare la sussistenza dei presupposti per la revisione dell'assegno divorzile è corretto procedere alla rivalutazione del reddito percepito dal coniuge obbligato al momento della sentenza di divorzio per poterlo comparare con quello attuale, tenuto conto altresì che l'assegno divorzile è soggetto a rivalutazione. Il caso
Tizio si rivolgeva al Tribunale di Pavia chiedendo, a modifica delle condizioni stabilite su accordo delle parti nella sentenza di divorzio, la revoca dell'obbligo di corrispondere l'assegno divorzile dell'importo mensile rivalutato di euro 3.689,00 o, in subordine, la sua rideterminazione in euro 1.000,00 mensili, lamentando l'intervenuta perdita del potere di acquisto della moneta negli anni e la conseguente devalutazione dei propri attuali redditi netti, ammontanti a euro 160.859,00, rispetto a quelli percepiti nell'anno 2002 (su cui sono state parametrate le condizioni del divorzio pronunciato nel marzo del 2003) e ammontanti a euro 186.080,00. Caia si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda, lamentando la propria condizione professionale precaria, producente un reddito lordo non superiore a euro 4.000,00 annui. Il Tribunale di Pavia rideterminava l'importo dovuto da Tizio a titolo di assegno divorzile in favore di Caia in euro 2.500,00 mensili. La questione
Il Tribunale di Pavia è stato chiamato ad accertare in primo luogo la sussistenza dei presupposti per la revisione della sentenza di divorzio a suo tempo pronunciata tra le parti, e pertanto l'esistenza di circostanze sopravvenute tali da alterare l'equilibrio tra le condizioni economiche e patrimoniali dei due coniugi raggiunto con l'attribuzione dell'assegno divorzile. In secondo luogo, concluso positivamente detto accertamento, ha dovuto stabilire la sussistenza o meno in capo alla moglie del diritto ad un assegno divorzile alla luce dei principi recentemente sanciti dalle Sezioni Unite in tema di assegno di divorzio. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale adito ha preliminarmente accertato la sussistenza dei presupposti richiesti dall'art. 9 l. n. 898/1970, avendo il ricorrente avuto una significativa riduzione del reddito reale, ossia del reddito parametrato al potere di acquisto della moneta, rispetto all'epoca della pronuncia della sentenza di divorzio. Effettuato tale accertamento, ha proceduto alla rideterminazione dell'assegno divorzile attraverso l'applicazione dei principi recentemente sanciti dalla Sezioni Unite, ritenendo di non ravvisare i presupposti per un assegno divorzile a titolo compensativo, non risultando nel caso di specie che l'attuale situazione di sostanziale assenza di reddito della resistente sia causalmente connessa con sacrifici fatti in virtù di impegni derivanti dalla vita matrimoniale, ma riconoscendo un assegno di natura assistenziale, in considerazione anche dell'enorme disparità reddituale delle parti. Osservazioni
La decisione assunta dal Tribunale di Pavia ha magistralmente applicato i principi sanciti dal recente intervento delle Sezioni Unite in tema di assegno divorzile. Per fare ciò tuttavia ha dovuto compiere un preliminare accertamento in ordine alla sussistenza dei presupposti richiesti dall'art. 9 l. n. 898/1970 per la revisione delle condizioni a suo tempo disposte, su accordo delle parti, dalla sentenza di divorzio, ossia la sopravvenienza di circostanze idonee a mutare l'assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno di divorzio. Tale accertamento preliminare ha avuto esito positivo, in forza del riconoscimento del principio secondo cui il reddito percepito dal coniuge obbligato al momento dell'emissione della sentenza attributiva dell'assegno, per poter essere correttamente comparato con quello percepito al momento della domanda di revisione, deve essere rivalutato alla luce del suo attuale potere di acquisto, conformemente alla rivalutazione a cui è soggetto per legge l'assegno divorzile. In particolare, il Collegio ha applicato al reddito netto (reddito imponibile, detratte le imposte IRPEF, le addizionali regionali e comunali e i contributi di solidarietà) del ricorrente risultante dalle dichiarazioni fiscali dell'anno del divorzio gli indici Istat FOI, attualizzandolo così alla data del deposito del ricorso. Ha quindi preso atto che il reddito così attualizzato risultava superiore del 30% circa rispetto a quello di cui all'ultima dichiarazione dei redditi presentata, e che, pertanto, il ricorrente aveva avuto una significativa riduzione del reddito reale, ossia del reddito parametrato al potere di acquisto della moneta. Una volta superato il vaglio di ammissibilità della domanda di revisione delle condizioni del divorzio, il Tribunale di Pavia ha proceduto ad una valutazione ex novo della determinazione dell'assegno divorzile a favore della resistente sulla base dei principi sanciti dalle Sezioni Unite, effettuando una attenta analisi del caso specifico. In particolare, attraverso una valutazione condotta anche sulla base dei fatti rientranti nella comune esperienza e di presunzioni semplici ai sensi rispettivamente degli artt. 115 c.p.c. e 2729 c.c., ha ritenuto che la scelta di un limitatissimo impegno professionale della moglie sia stata condivisa dai coniugi, ma che la resistente non abbia tuttavia rinunciato a personali aspettative di carriera, considerato anche che la coppia non ha avuto figli, e che non vi erano state situazioni particolari determinate dal matrimonio tali da impedire una realizzazione professionale della moglie. Secondo il decreto in commento dunque non si ravvedono i presupposti per un assegno divorzile a titolo compensativo, atteso che l'attuale situazione di sostanziale assenza di reddito della ricorrente non è causalmente connessa con sacrifici fatti in virtù di impegni derivanti dalla vita matrimoniale; ciò non di meno deve essere riconosciuto un assegno di natura assistenziale, tenuto conto dell'enorme disparità reddituale tra le parti, e dell'affidamento sulla solidità del vincolo verosimilmente fatto dalla moglie, in ragione del quale la valutazione sulla possibilità o meno per la resistente di immettersi nel mercato del lavoro deve essere condotta con riguardo al momento attuale e non al momento della separazione o del divorzio, quando la giurisprudenza consolidata riteneva che il parametro di riferimento per la determinazione dell'assegno divorzile fosse il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Pertanto, alla luce di tali argomentazioni, e degli altri criteri di cui all'art. 5 l. n. 898/1970, il Tribunale pavese ha ritenuto corretto rideterminare l'assegno dovuto dal ricorrente alla resistente nella misura mensile di euro 2.500,00, mostrando specifica attenzione anche all'imposizione fiscale a cui detto contributo è soggetto. |