Il Parlamento europeo interviene sul ruolo “esorbitante” assunto dall’ente tedesco per la tutela dei minori
05 Marzo 2019
Il Parlamento europeo ha adottato, il 29 novembre 2018, una risoluzione riguardante il ruolo svolto, nelle controversie familiari transfrontaliere, dallo Jugendamt, ente tedesco per la tutela dei minori.
Le funzioni dello Jugendamt. Lo Jugendamt è un organo tedesco preposto alla tutela del minore, in grado di intervenire come parte civile in ogni procedimento giuridico nel quale siano coinvolti gli interessi del fanciullo, con la facoltà di proporre appello contro le decisioni del tribunale. Inoltre, esso può anche sostituirsi ai genitori nell'esercizio della responsabilità genitoriale ed è l'autorità competente per l'esecuzione delle sentenze del tribunale. Lo Jugendamt è un ente singolare nel panorama degli ordinamenti occidentali, essendo parte in causa, organismo di consulenza ed organo esecutore. Il suo operato “esorbitante” suscita da tempo diverse critiche in ambito europeo, in specie nel caso di minori contesi tra genitori di cittadinanze diverse,.
La Commissione per le petizioni del Parlamento europeo. La Commissione per le petizioni del Parlamento europeo (PETI) ha ricevuto numerose petizioni sul ruolo dello Jugendamt che denunciano discriminazioni sistematiche nei confronti di genitori non tedeschi, nelle ipotesi di controversie familiari transfrontaliere che coinvolgono minori. Secondo i firmatari, le autorità tedesche competenti non riconoscono né eseguono le decisioni emesse dalle autorità giudiziarie degli Stati membri nelle controversie familiari, non accettando che il minore possa risiedere in un luogo al di fuori del territorio tedesco. È evidente che tale metodo si ponga in contrasto con le norme e i principi del diritto dell'Unione europea e rechi grave pregiudizio della tutela del benessere dei minori coinvolti. La Commissione per le petizioni si è mostrata sin da subito molto attenta alla questione, emettendo delle raccomandazioni rivolte alle autorità tedesche, alla Commissione, al Consiglio, operando due missioni conoscitive e creando un gruppo di lavoro specifico. Tuttavia, le misure adottate non hanno avuto seguito per il rifiuto di collaborare costruttivamente da parte delle autorità tedesche.
Il rifiuto di riconoscere le decisioni straniere nelle cause che concernono i minori. Nella risoluzione del 29 novembre 2018, il Parlamento europeo ha sottolineato l'obbligo per le autorità nazionali, previsto dal regolamento Bruxelles II-bis, di riconoscere e far rispettare le decisioni emesse in un altro Stato membro nelle cause che concernono i minori. A tale riguardo, appare inaccettabile che le autorità tedesche rifiutino sistematicamente il riconoscimento nei casi in cui i minori che non hanno ancora tre anni non siano stati ascoltati. Difatti, sebbene la Corte costituzionale federale tedesca abbia stabilito che un tribunale possa chiedere di ascoltare un minore che al momento della decisione non abbia ancora compiuto tre anni, in altri Stati membri dell'UE i bambini di questa età non sono considerati sufficientemente maturi da poter essere consultati in controversie che coinvolgono i loro genitori. In tali casi, il rifiuto del riconoscimento mina il principio della fiducia reciproca rispetto agli Stati UE, i cui sistemi giuridici fissino limiti di età diversi per l'audizione di un minore. Viene, altresì contestato l'inaccettabile approccio formalistico e superficiale da parte della Commissione europea, che purtroppo ha perseverato nel negare indagini accurate sulle criticità denunciate nel sistema tedesco. Si illustra l'importanza che vengano raccolti dati statistici, sia per quanto riguarda gli esiti giudiziari nelle controversie familiari sulla custodia dei minori, sia sul numero dei casi, sempre in presenza di un genitore non tedesco, in cui un giudice si è discostato dalla raccomandazione emessa dallo Jugendamt.
L'uso della lingua tedesca durante le visite protette tra genitori e figli. La risoluzione cerca di fare luce, inoltre, sulle discriminazioni legate all'uso della lingua durante gli incontri tra i genitori e i figli, condannando la circostanza che, in caso di visite protette dei genitori, l'inosservanza da parte dei genitori non tedeschi di adottare il tedesco come lingua durante le conversazioni con i propri figli abbia portato ad una interruzione delle conversazioni. È fondamentale, alla luce dell'art. 8 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, che gli Stati parti si impegnino a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari, così come riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali. Perciò, nella risoluzione si chiede alle autorità tedesche di garantire, nel corso delle visite assistite, che i genitori siano autorizzati a utilizzare una lingua madre comune con i loro figli poiché l'uso di questa lingua svolge un ruolo cruciale nel permettere l'effettiva protezione del patrimonio culturale e del benessere dei bambini.
Rafforzare il ruolo della Commissione europea. L'auspicio è che da questa risoluzione possano scaturire azioni concrete da parte non soltanto della Commissione europea, ma anche da parte degli Stati membri, facendo in modo che le pratiche che vengano adottate dal sistema del diritto di famiglia tedesco possano essere comprese e appunto affrontate in maniera diretta. Sembra che la direzione da seguire sia quella di rafforzare sul punto il ruolo della Commissione europea. Sebbene, infatti, l'UE non abbia competenza generale ad agire in materia di diritto di famiglia, restando di esclusiva responsabilità degli Stati membri, la Commissione ha l'obbligo di fornire informazioni dettagliate e aggiornate sul seguito dato alle richieste della Commissione per le petizioni in materia di diritto di famiglia tedesco. A tale scopo, la Commissione dovrà adoperarsi per adottare misure che garantiscano controlli approfonditi sulla natura non discriminatoria delle procedure e delle pratiche utilizzate dallo Jugendamt e per offrire un maggior numero di corsi di formazione e scambi internazionali per i funzionari preposti ai servizi sociali, tentando di superare le differenze culturali sul concetto di interesse superiore del minore. |