Giurisdizione dello Stato di residenza abituale del minore in tema di responsabilità genitoriale e obbligazioni alimentari
06 Marzo 2019
Massima
In presenza di domande relative alla responsabilità genitoriale e di domande relative alle obbligazioni alimentari (obbligo di mantenimento secondo il diritto interno) che vengano proposte nello stesso giudizio, la competenza giurisdizionale si determina sulla base del criterio di cui all'art. 8 Reg. UE n. 2201/2003 e dunque con riferimento alla residenza abituale del minore al momento dell'introduzione del giudizio. Ciò per effetto della lett. d) dell'art. 3 Reg. UE 4/2009 il quale stabilisce l'attrazione alla giurisdizione del Giudice dell'azione relativa alla responsabilità genitoriale della domanda accessoria relativa ad un'obbligazione alimentare. Allorquando la residenza abituale del minore al momento della presentazione della domanda non sia in Italia, la giurisdizione del Giudice italiano sussiste soltanto in presenza di un legame sostanziale del minore con l'Italia e di una deroga alla giurisdizione straniera accettata espressamente ed in modo univoco da entrambe le parti del giudizio. Il caso
Un padre, cittadino dello Sri Lanka, si rivolgeva al Tribunale di Milano per ottenere l'affidamento esclusivo a sé del figlio di quattro anni nato dalla relazione more uxorio con una connazionale. La domanda di affidamento esclusivo veniva fondata sull'asserita condotta della donna, la quale aveva sottratto il bambino portandolo nello Sri Lanka ed aveva fatto quindi ritorno in Italia, continuando ad impedire ogni rapporto con il padre. La donna, nel costituirsi, motivava l'allontanamento del bambino con condotte di violenza e maltrattamenti dell'ex compagno e chiedeva l'affidamento superesclusivo a sè, dando atto che il bambino era temporaneamente collocato presso i nonni materni in Sri Lanka. Con decreto del 1 ottobre 2018, il Tribunale adito sollevava d'ufficio la questione della competenza giurisdizionale dell'autorità giudiziaria italiana. Nei termini assegnati alle parti per deduzioni in ordine alla questione preliminare suddetta emergeva che il padre del minore, nel frattempo recatosi in Sri Lanka, aveva chiesto ed ottenuto il collocamento del figlio presso di sé, a condizione di non lasciare il Paese. Il Collegio, definitivamente pronunciando, dichiarava il difetto di competenza giurisdizionale dell'Autorità Giudiziaria Italiana in relazione a tutte le domande proposte. La questione
La questione sollevata e decisa dal Tribunale di Milano riguarda la giurisdizione del Giudice Italiano in relazione ad un procedimento ex artt. 337-bis e 337-ter c.c. Come noto, si tratta di giudizio volto alla regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, ricomprendente sia il profilo dell'affidamento e collocazione del minore sia il profilo del mantenimento. La questione in esame si è posta all'attenzione dei giudici milanesi, stanti gli elementi di estraneità rispetto all'ordinamento interno ravvisabili nella fattispecie: due cittadini stranieri, dimoranti in Italia (dal provvedimento non si desume se essi fossero formalmente residenti in Italia), genitori di un minore che aveva vissuto in Italia e che, al momento di avvio del giudizio, si trovava nello Sri Lanka. Più esattamente, secondo ciò che emerge dal provvedimento, il bambino aveva vissuto nel Paese asiatico dal dicembre 2015 sino all'ottobre 2017 (presso i nonni materni) e dal 6 febbraio 2018 in poi; egli dunque si trovava nel Paese straniero nel momento della presentazione del ricorso da parte del padre (marzo 2018) e altresì al momento della rimessione in decisione della questione preliminare (10 gennaio 2019). Si tratta di vedere, pertanto, quali regole debbano applicarsi nella specie per stabilire se sussista o meno la Giurisdizione Italiana.
Le soluzioni giuridiche
La questione viene affrontata dal tribunale con riferimento ai due distinti ambiti della responsabilità genitoriale e del mantenimento del minore, stanti le diverse fonti normative ad essi applicabili, esattamente: - l'art. 8 Reg. UE 2201/2003 per la responsabilità genitoriale - l' art. 3 Reg. UE 4/2009 per il profilo economico del mantenimento. Più nel dettaglio, mentre l'autorità giudiziaria competente a decidere della responsabilità genitoriale va stabilita - secondo il primo testo normativo - sulla base della residenza abituale del minore nel momento in cui viene presentata la domanda, per le obbligazioni alimentari valgono (sulla base della seconda disposizione) due criteri alternativi: la residenza abituale del convenuto (lett. a) o la residenza abituale del creditore (lett. b); ferma la prevalenza del criterio di cui alla lett. d) - per il caso, come quello in esame, in cui la domanda di mantenimento sia accessoria alla domanda relativa alla responsabilità genitoriale. In definitiva, l'esame congiunto delle norme suddette convince agevolmente il Tribunale che la questione vada risolta sulla base del criterio della "residenza abituale del minore", con la conseguente individuazione della giurisdizione dello Sri Lanka stante la residenza abituale del minore in detto Paese, al momento dell'introduzione del giudizio. Il Tribunale si sofferma, quindi, sull'art. 12 §3 Reg. 2201/2003, norma invocata dalla parte resistente al fine di affermare la giurisdizione italiana. Sulla base di tale norma, infatti, sussiste la giurisdizione italiana: - se il minore ha un legame sostanziale con l'Italia, in particolare perchè uno dei genitori vi risiede abitualmente o perchè egli stesso è cittadino italiano; - se la competenza del Giudice italiano risulta accettata «espressamente o in qualsiasi altro modo univoco» dalle parti del giudizio al momento dell'avvio di esso; - se la competenza dello Stato adito è conforme all'interesse del minore. Secondo il Tribunale la congiunzione "e" utilizzata dal testo normativo obbliga alla verifica di sussistenza di tutti i suddetti presupposti. Viene ulteriormente puntualizzato - sulla scorta di una pronuncia della Corte di giustizia UE, 21 ottobre 2015 (Vasilka Ivanova Gogova contro Ilia Dimitorv Ilie C-215/15) che il momento cui fare riferimento per verificare la sussistenza dell'accordo tra le parti è quello del deposito del ricorso introduttivo del giudizio («deve sussistere ed essere provato che esisteva entro il deposito dell'atto introduttivo del procedimento»). Ebbene, le circostanze del caso concreto convincono il Collegio milanese della insussistenza dell'accordo derogatorio tra le parti. E, infatti, come spiega l'estensore: - al momento dell'introduzione del giudizio non vi era tra le parti un accordo derogatorio della giurisdizione (il ricorrente si era, infatti, rivolto unilateralmente al Tribunale) né tale accordo poteva inferirsi dal fatto che la donna si era costituita nel giudizio radicato avanti al Giudice italiano; - il ricorrente non aveva preso posizione sulla questione della giurisdizione sollevata dal tribunale; - il medesimo ricorrente, poi, subito dopo avere letto nella comparsa di costituzione della donna che il bambino era stato ricondotto in Sri Lanka, aveva radicato in detto Paese un giudizio per ottenere l'affidamento del figlio, e ciò andava inteso come volontà del ricorrete di non accettare la giurisdizione italiana. Mancando, dunque, uno dei presupposti di cui all'art. 12, §3, Reg. 2201/2003 il Collegio conclude per l'inoperatività della deroga autorizzata dalla disposizione e per la conseguente insussistenza della Giurisdizione italiana. Il caso viene, pertanto, risolto sulla base del criterio della residenza abituale del minore al momento dell'introduzione del giudizio, residenza che viene ravvisata nello Stato di Sri Lanka. La successione temporale dei periodi in cui il bambino aveva vissuto in Italia e nello Sri Lanka era infatti tale da condurre a tale conclusione, laddove i 4 mesi (dal 5 ottobre 2017 al 6 febbraio 2018) in cui la madre aveva portato il figlioletto in Italia non potevano valere a far ritenere che ivi fosse la sua residenza abituale. Elemento di convincimento rafforzativo viene poi individuato nel fatto che non era nemmeno chiaro se vi fosse o meno il consenso del padre sul rientro in Italia. Osservazioni
L'individuazione della competenza giurisdizionale sulla base di un criterio unitario - la residenza abituale del minore - sia per la domanda attinente alla responsabilità genitoriale sia per la domanda relativa al mantenimento del minore è del tutto in linea con l'orientamento di legittimità, quale da ultimo espresso da Cass., S.U., 15 novembre 2017, n.27091. Le S.U. hanno, infatti, affermato che l'art. 8, Reg. CE n. 2201/2003 «regola la competenza giurisdizionale in materia di controversie appartenenti al genus “responsabilità genitoriale”, stabilendo che il criterio per individuare lo stato competente sia quello della residenza abituale del minore» e che «tale domanda esercita una vis attrattiva in punto di giurisdizione e, pertanto, il criterio individuato della residenza abituale del minore risulta applicabile anche alle istanze di natura alimentare che vengano congiuntamente proposte, ai sensi dell'art. 3, lett. d), Reg. Ce n. 4/2009». Quanto sopra era stato già precedentemente affermato da Cass., S.U., 5 febbraio 2016, n. 2276 richiamata nella motivazione del provvedimento in commento e dall'ordinanza Corte di giustizia 16 luglio 2015 (pure richiamata). La decisione milanese si pone inoltre in linea con l'attuale orientamento giurisprudenziale comunitario e di legittimità in materia di individuazione della residenza abituale del minore. Con una recente decisione, Corte giustizia UE, sez. V, 28 giugno 2018, n.512, infatti, ha stabilito che la residenza abituale del minore va individuata nel luogo in cui si trova di fatto il centro della sua vita, affidando al giudice nazionale il compito di determinare il luogo in cui si trovava tale centro al momento della proposizione della domanda concernente la responsabilità genitoriale nei confronti del minore, sulla base di un complesso di elementi di fatto concordanti. Un anno prima, la Cass., S.U., 10 febbraio 2017, n. 3555 aveva affermato il seguente principio: «la residenza abituale va intesa come il luogo in cui il minore trova e riconosce, anche grazie ad una permanenza tendenzialmente stabile, il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua vita di relazione. Tale principio è ispirato dall'interesse superiore del minore stesso e dal criterio della vicinanza». L'ulteriore e recentissima pronuncia di legittimità citata nel provvedimento milanese (Cass., S.U., 30 marzo 2018, n. 8042) si caratterizza in particolare per avere additato i criteri da applicare in presenza di un minore in tenera età: in tal caso - indicano Le Sezioni Unite - andranno valorizzati «indicatori di natura proiettiva, quali l'iscrizione all'asilo nido in un determinato Paese ed il godimento dell'assistenza sanitaria presso il sistema pediatrico del medesimo Stato». Di contro - precisa ancora la sentenza a S.U. - andranno considerati 'recessivi' rispetto a quelli sopra indicati elementi «quali i periodi non brevi trascorsi dal minore in un altro Paese». Si tratta, comunque, di quaestio facti demandata alla valutazione del giudice del merito. Nel caso deciso dal Tribunale di Milano, in effetti, il centro della vita del bambino si trovava nello Sri Lanka, dove egli veniva accudito dapprima dai nonni materni e, quindi dalla madre, dopo l'arrivo di questa e, ancora a seguire, dal padre (dopo l'ottenimento della sua custodia avanti all'autorità giudiziaria cingalese). Una possibile obiezione che si potrebbe muovere alla decisione milanese è di non avere tenuto conto del fatto che il minore si trovava nello Sri Lanka per effetto di una sottrazione internazionale di minore posta in essere dalla madre. Per tale ipotesi, infatti, l'art. 10 Reg. UE 2201/2003 contempla l'ultrattività della giurisdizione dello Stato di residenza abituale, ovverossia dello Stato in cui il minore risiedeva abitualmente al momento della sottrazione. Senonché, la mancata considerazione di tale ipotesi, da parte del Collegio milanese, si giustifica verosimilmente considerando che la sottrazione del minore era stata lamentata dal padre-ricorrente, mentre la madre aveva offerto una diversa ricostruzione della vicenda: «la resistente offriva una più dettagliata ricostruzione della vita familiare, dando atto di essere stata sempre oggetto di gravi violenze fisiche e morali da parte dell'ex compagno (...) Precisava, poi, che, durante la convivenza data la necessità di lavorare, non potendo contare su aiuti familiari e attese le pressanti richieste del compagno, il bambino dal dicembre 2015 era stato portato in Sri Lanka presso i nonni paterni, che la stessa aveva programmato d'intesa con il compagno di recarsi nell'agosto 2017 in Sri Lanka a trovare il bambino che non vedeva da oltre un anno e mezzo (...)». Non risultando essere intervenuti accertamenti, ma risultando effettivamente il rinvio a giudizio dell'uomo in sede penale per i maltrattamenti a danno della donna, il tribunale ha evidentemente ritenuto plausibile la versione offerta dalla madre del minore. Invero, dalla motivazione si legge soltanto: «la residenza abituale di (...) è in Sri Lanka dove il bambino ha vissuto per scelta dei genitori». A conforto della considerazione di cui sopra si pone, ulteriormente, la decisione del Collegio di disporre la trasmissione degli atti al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati per quanto di sua competenza stante la ritenuta rilevanza deontologica delle circostanze taciute dal difensore del ricorrente rilevanti per le determinazioni del Tribunale e che il difensore - tale anche nel processo penale a carico dell'uomo - non poteva non conoscere.
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