Le attestazioni di conformità nel processo per cassazione

06 Marzo 2019

Il ricorso per cassazione notificato a mezzo PEC può essere dichiarato improcedibile quando, nel termine di venti giorni dalla notificazione, siano state depositate solo copie analogiche del ricorso, della relazione di notificazione con messaggio PEC e relative ricevute, senza attestarne la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte.
Massima

Il ricorso per cassazione notificato a mezzo della posta elettronica certificata può essere dichiarato improcedibile, ai sensi dell'art. 369 c.p.c. quando, nel termine di venti giorni dalla notificazione, siano state depositate solo copie analogiche del ricorso, della relazione di notificazione con messaggio PEC e relative ricevute, senza attestarne la conformità, ai sensi dell'art. 9, comma 1 bis, della legge 21 gennaio 1994 n. 53 e successive integrazioni, ai documenti informatici da cui sono tratte.

Il caso

Il caso scrutinato dalla Corte di Cassazione trae origine da un contenzioso relativo ad una richiesta di risarcimento danni avanzata da un soggetto che imputava una condotta negligente di un medico dipendente di un'azienda ospedaliera toscana, condotta che, a dire di costui, gli aveva cagionato gravi danni, dipendenti dalla cattiva esecuzione di interventi di artroprotesi. In un caso asseriva anche che non gli era stato chiesto il consenso informato in relazione all'operazione da compiersi.

La Casa di Cura otteneva la chiamata in causa del medico e della compagnia di assicurazioni e instava per il rigetto della domanda.

Il giudizio di primo grado veniva definito con il rigetto della domanda attorea, così come il successivo giudizio di gravame, all'esito del quale la Corte d'Appello di Firenze dichiarava inammissibili le domande di condanna svolte dall'attore nei confronti dei terzi chiamati ritenendole implicitamente rinunciate perché non richiamate in sede di precisazione delle conclusioni.

Il contenzioso giungeva dunque in Cassazione per l'esame di molteplici profili di diritto.

La questione

La questione giuridica in tema di documenti digitali, introdotta in causa come eccezione preliminare, è relativa ad un'eccezione di inammissibilità del ricorso (e di nullità della relativa notifica), sollevata da uno dei resistenti (nello specifico, il medico) che eccepiva la nullità della notifica del ricorso avvenuto a mezzo PEC, in quanto avente ad oggetto non un atto originale informatico bensì un atto originariamente formato su supporto analogico (ovvero, cartaceo), sottoscritto di pugno dal difensore del ricorrente e successivamente scansionato, che risultava però privo di attestazione di conformità all'originale cartaceo.

Secondo il convenuto, dunque, il ricorrente avrebbe dovuto attestare la conformità non solo della busta telematica e dei suoi allegati, ma avrebbe dovuto redigere un'ulteriore attestazione di conformità dedicata esclusivamente al ricorso per Cassazione a causa della sua natura originaria analogica; in tale attestazione egli avrebbe dunque dovuto dar conto della conformità del ricorso scansionato all'originale cartaceo.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione ha esaminato tale eccezione in via preliminare e l'ha rigettata, constatando che agli atti del giudizio risultava l'attestazione, redatta e sottoscritta dal legale di parte ricorrente, nella quale si dava atto della conformità agli originali digitali delle copie analogiche del ricorso per cassazione, della relata di notifica, del messaggio di invio della PEC in data 28 ottobre 2015 e della ricevuta di consegna in pari data.

Tanto bastava, affermava la Corte di Cassazione, a soddisfare i principi enunciati dall'art. 369, primo comma, c.p.c. ai fini della procedibilità del ricorso per Cassazione notificato a mezzo PEC.

Ad ulteriore sostegno della propria decisione la Suprema Corte ha citato anche il più recente orientamento delle Sezioni Unite che conferisce rilevanza all'art. 23, comma 2, del codice dell'amministrazione digitale anche all'interno dell'infrastruttura del processo civile telematico; attraverso l'applicazione di tale norma si giunge ad affermare che il difetto di attestazione di conformità da parte del difensore, ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge n. 53 del 1994 non comporta l'improcedibilità del ricorso ove il controricorrente non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'originale notificatogli.

La linea interpretativa della Corte di Cassazione è dunque chiara: da un lato si afferma la sufficienza di un'unica attestazione di conformità, dall'altro si afferma che anche l'eventuale mancanza dell'attestazione di conformità non avrebbe avuto ripercussioni negative sull'impugnazione, se non in presenza di un comportamento attivo della controparte, ovvero del formale disconoscimento operato da quest'ultima.

Osservazioni

La decisione assunta dalla Corte di Cassazione merita di essere analizzata attentamente, partendo dagli elementi che si possono ricavare dalla lettura della sentenza.

Nel caso di specie, il ricorrente aveva redatto il ricorso per Cassazione in modalità analogica, operazione certamente consentita, e poi aveva deciso di notificarlo a mezzo PEC.

In tal caso le norme di riferimento sono l'art. 3-bis della legge n. 53 del 1994, ai sensi della quale “quando l'atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l'avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell'atto formato su supporto analogico, attestandone la conformità con le modalità previste dall'art. 16-undecies d.l. 179 del 2012” e, appunto il secondo e il terzo comma di tale norma.

Dal combinato disposto di tali norme si ricava, invero, che:

  • l'avvocato può legittimamente redigere il proprio atto processuale in forma analogica;
  • ove sia intenzionato a notificarlo a mezzo PEC deve estrarne copia informatica per immagine e deve attestare la conformità di tale copia all'originale;
  • l'atto in cui deve essere redatta l'attestazione di conformità è la relata di notifica.

Successivamente alla notificazione, la busta telematica deve essere resa analogica, mediante stampa e redazione dell'attestazione di conformità ai sensi dell'art. 9, comma 1 bis, legge 53 del 1994, ai fini dell'iscrizione a ruolo del procedimento.

Da quanto è dato leggere nella sentenza è dunque possibile che, nel caso di specie, sia mancata la redazione dell'attestazione di conformità della copia informatica per immagine all'originale analogico e sia stata redatta la sola attestazione di conformità relativa alle ricevute di accettazione e consegna della notificazione telematica.

Così stando le cose ci si troverebbe di fronte ad un ulteriore passaggio innovativo della Suprema Corte, che confermerebbe in effetti la linea intrapresa dalla sentenza n. 22438/2018 delle Sezioni Unite, sempre più volta alla tutela del diritto sostanziale alla celebrazione del processo a scapito di quei difetti prettamente formalistici che non pregiudicano il diritto di difesa.

La Corte di Cassazione parrebbe infatti aver deciso che nessuna sanzione può essere comminata ad un atto giudiziario allegato ad una PEC utilizzata per la notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994 laddove non sia stato rispettato il disposto dell'art. 16 undecies, terzo comma, d.l. 179 del 2012 e non sia stata attestata la conformità della copia informatica per immagine all'originale analogico.

Conclusione che non può certamente essere biasimata, soprattutto se letta unitamente all'orientamento espresso dalle Sezioni Unite, in quanto certamente foriera di una miglior gestione degli adempimenti formalistici legati all'utilizzo dei documenti digitali nel processo civile

In conclusione si può senza dubbio concordare con il dictum e, in generale, con l'orientamento assunto dalla Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite.

Non si può però fare a meno di riflettere sul fatto che le norme dettate in tema di attestazione di conformità si presentano infarcite di cautele ed adempimenti formali che andrebbero riviste; invero, se anche la Corte Suprema ritiene che le stesse possano essere obliterate lasciando alla controparte l'eventuale onere di disconoscimento, non è peregrino sollecitare il legislatore affinché valuti un intervento volto a semplificare gli adempimenti imposti all'avvocato.

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