Sentenza n. 3709/2019: le parole del Centro Studi Processo Telematico

Redazione scientifica
07 Marzo 2019

Il Centro Studi Processo Telematico, con un comunicato del 4 marzo 2019, si è espresso sul provvedimento n. 3709/2019 con cui la Cassazione ha sancito erroneamente un principio sui registri pubblici utilizzabili ai fini delle notifiche in proprio via PEC.

Il Centro Studi Processo Telematico, con il recente comunicato del 4 marzo 2019, si è espresso sul provvedimento n. 3709/2019 con cui la Cassazione ha sancito erroneamente un principio sui registri pubblici utilizzabili ai fini delle notifiche in proprio via PEC (si veda la Giurisprudenza Commentata a firma dell'Avv. Giuseppe Vitrani).

Nello specifico, la Suprema Corte ha generato confusione stabilendo che soltanto la PEC inserita nel ReGindE è un domicilio digitale come inteso dall'art. 16-sexies del d.l. n. 179/2012. Dunque, secondo tale errato principio, sarebbe nulla una notificazione in proprio effettuata ad un indirizzo PEC differente da quello risultante dal Registro Generale degli Indirizzi Elettronici, non rilevando il fatto che l'indirizzo risulti dall'INI-PEC.

Sulla questione il Centro Studi Processo Telematico ha osservato che: «l'errato principio di diritto espresso dalla Suprema Corte di Cassazione e la conseguente acritica applicazione nei giudizi di merito (si veda la News a firma dell'Avv. Fabrizio Testa) sono destinati ad avere gravi ripercussioni sulla possibilità di effettuare notificazioni in modalità telematica e, soprattutto, su innumerevoli notificazioni già effettuate dagli avvocati utilizzando l'elenco in discorso».

Inoltre, l'associazione auspica «un intervento del Primo Presidente della Suprema Corte di Cassazione, che consenta di superare un'interpretazione in aperto contrasto con il d.l. 179 del 2012 e con i principi espressi dal Codice dell'Amministrazione Digitale, che trovano espressa applicazione anche nel processo civile».

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