Il parere del Consiglio di Stato sulle Linee Guida Anac in tema di conflitto di interessi

Redazione Scientifica
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07 Marzo 2019

La Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato ha reso parere sulle Linee Guida Anac aventi ad oggetto «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici» in attuazione dell'art. 213, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016.

L'Anac ha chiesto il parere del Consiglio di Stato in merito allo schema di Linee Guida aventi ad oggetto «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici» in attuazione dell'art. 213, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016.

Normativa e finalità. La Sezione Consultiva del Consiglio di Stato ha innanzitutto ricostruito la normativa di riferimento, ricordando che «lo scopo» delle Linee Guida in esame è quello «di individuare e gestire i conflitti di interesse nelle procedure di gara pubblica, in base a quanto stabilito dall'articolo 42 del codice dei contratti pubblici».

La norma va ovviamente inquadrata nell'ambito della disciplina generale del conflitto di interesse: nell'articolo 6-bis della legge n. 241 del 1990; nella legge n. 190 del 2012; nel d.lgs. n. 39 del 2013; negli artt. 3, 6, 7, 13, 14 e 16 del d.P.R. n. 62/2013; nell'articolo 53, comma 14, del d.lgs. 165 del 2001; nell'articolo 78, del d.lgs. n. 267 del 2000.

Generalità della definizione. Tuttavia il Consiglio di Stato chiarisce che il concetto di conflitto di interesse non è stato codificato con precisione nell'ambito della normativa nazionale di riferimento. Così anche il Regolamento Ue n. 966 del 2012 fornisce una definizione «talmente generale e generica da ricomprendere praticamente, qualsiasi rapporto umano che non sia puramente occasionale, e dunque si pone fuori dalla nostra tradizione giuridica che richiede una precisa individuazione dei casi di conflitto».

Partendo quindi dall'espressione lessicale, il conflitto riguarda gli interessi, ossia la tensione verso un bene giuridico che soddisfi un bisogno. In sintesi, «la nozione non si riferisce a comportamenti ma a stati della persona».

L'interesse immateriale. Inoltre, aggiunge la Sezione Consultiva, bisogna tener conto anche della «cura di un interesse immateriale della P.A. Tra gli interessi pubblici la cui cura è affidata al soggetto, infatti, emerge altresì quello del rispetto del principio di imparzialità anche sub specie del principio “della moglie di Cesare” che deve non solo essere onesta, ma anche apparire onesta».

Il conflitto di interesse nel codice dei contratti pubblici. I principi generali della disciplina del conflitto di interesse nelle procedure ad evidenza pubblica sono contenuti nell'articolo 42 cit., il quale prevede che spetta alle stazioni appaltanti prevedere misure adeguate per contrastare le frodi e la corruzione nonché per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici, legate al fatto che sulla scelta del contraente possano incidere interessi estranei ad una corretta selezione dei concorrenti.

Le situazioni di conflitto di interesse «assumono una notevole rilevanza nei confronti del soggetto pubblico per le gravi conseguenze giuridiche derivanti dalla omissione della loro dichiarazione». Allora «non se ne può accettare una definizione generica e indeterminata che non renda possibile inquadrare precisamente l'oggetto della omissione, considerando le ricadute disciplinari ma soprattutto penali ai sensi dell'art. 323 c.p.».

Secondo la Sezione Consultiva, l'art. 42 c.c.p. contiene tre categorie distinte di conflitto di interessi, identificabili con sufficiente determinatezza:

  1. si verifica ove il soggetto abbia «direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione»;
  2. la seconda, derivante dal richiamo alle fattispecie tipiche dell'art. 7 del d.P.R. n. 62 del 2013 (coniugio, parentela etc.);
  3. la terza derivante anche essa dal richiamo al detto articolo 7, nella parte in cui esso si riferisce alle «gravi ragioni di convenienza». A questa ultima fattispecie va assimilata quella di cui all'art. 6-bis della legge n. 241 del 1990, ovvero «interesse anche potenziale» di cui il parere si è già occupato.

In sostanza, il codice dei contratti pubblici ponendo come condizione di rilevanza del conflitto il fatto che la situazione possa “essere percepita” come una minaccia alla imparzialità e indipendenza dell'agire, introduce per la prima volta ed enfatizza l'obiettivo della tutela dell'interesse immateriale della P.A., allargando quindi il parametro di giudizio sulla “gravità delle ragioni di convenienza”, affidando invece la gestione vera e propria del rischio mediante un semplice rinvio esterno alle ipotesi di obbligo di astensione previste dall'art. 7 del d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, nella duplice qualità tipica e atipica.

In altre parole, il conflitto di interessi nell'ambito di gare d'appalto può essere tipico o atipico, considerando che non esiste un numerus clausus di situazioni che comportano incompatibilità.

Sulla base di tali premesse il Consiglio di Stato ha espresso osservazioni e modifiche alle Linee Guida in esame, per cui si rimanda al pdf in allegato.