La minore in stato di gravidanza può essere autorizzata al matrimonio
08 Marzo 2019
Massima
Sussistono i “gravi motivi” per autorizzare la minore a contrarre matrimonio, allorquando la stessa si trovi in stato di gravidanza ed abbia dimostrato la seria intenzione di creare una comunione di vita con il proprio compagno. Il caso
La minore A.A. chiedeva al Tribunale per i Minorenni l'autorizzazione a contrarre matrimonio col proprio compagno, con il quale aspetta un bambino. Nel corso dell'audizione, la A.A. rappresentava di aver già da due mesi intrapreso una convivenza con il compagno; la ragazza, inoltre, riferiva di essere consapevole degli obblighi derivanti dal matrimonio e che la scelta di sposarsi era dettata non solo dalla volontà di garantire al proprio figlio una maggiore stabilità ma anche dal desiderio di poter perseguire un progetto di vita comune con il compagno; la minore dava atto, altresì, di una iniziale resistenza manifestata dai propri genitori al momento in cui la stessa aveva loro comunicato la propria intenzione di contrarre matrimonio. Il compagno della giovane, di anni venti, alla medesima udienza riferiva che la decisione di sposarsi traeva origine dall'esigenza di realizzare un comune progetto di vita con la minore A.A., aiutandosi l'uno con l'altra, stante il forte legame di coppia, basato su reciproca fiducia e affetto; il ragazzo faceva, altresì, presente che la compagna rappresenta per lui un punto di riferimento, nonché una persona con cui condividere le problematiche quotidiane; il ragazzo riferiva, poi, di avere stipulato un contratto di lavoro a tempo indeterminato, potendo, così, garantire anche una stabilità economica alla propria famiglia. I genitori della minore, ascoltati all'udienza sopra indicata, dichiaravano di aver accettato la decisione della figlia di sposarsi e di essere pronti a sostenerla; in particolare, affermavano che la scelta di intraprendere una convivenza e, successivamente, di contrarre matrimonio rappresentavano decisioni autonomamente adottate dalla minore. I genitori del compagno riferivano di essere molto legati alla minore che vedono come una figlia e manifestavano la volontà di aiutare e supportare la giovane coppia, che per il momento abita in un appartamento concesso loro in comodato gratuito. I Servizi Sociali del Comune riferivano che la minore, nel corso degli incontri con gli Assistenti Sociali, appariva serena, equilibrata e consapevole delle responsabilità derivanti dalla vita coniugale; veniva dato atto della conclusione, con esito positivo, del percorso di studi da parte della minore, la quale vive insieme al proprio compagno in un'abitazione curata e ben arredata. La questione
La questione che il Tribunale per i Minorenni si trova a dover affrontare è se possa essere autorizzata a contrarre matrimonio una minore, al settimo mese di gravidanza, convivente da due mesi con il proprio compagno di venti anni.
Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale per i Minorenni giunge ad una soluzione affermativa del quesito, ritenendo che la minore possa essere autorizzata a contrarre matrimonio, stante la maturità psicofisica della stessa nonché la sussistenza dei gravi motivi, da individuare non solo nello stato di gravidanza della giovane ma anche nella seria intenzione di creare una comunione di vita con il proprio compagno e della fondatezza delle ragioni addotte che, nel caso di specie, sono riconducibili al desiderio di autonomia della coppia, indipendentemente da qualsiasi condizionamento proveniente dall'ambiente sociale e familiare. A tale conclusione il Tribunale nisseno perviene dopo essersi soffermato sui presupposti della fattispecie regolata dall'art. 84 c.p.c. In particolare, con riferimento alla “maturità psicofisica” del minore, tale requisito deve essere individuato nel serio impegno ad affrontare la vita coniugale e la responsabilità connessa agli obblighi che ne discendono. In relazione alla “fondatezza delle ragioni addotte”, deve essere esclusa la coincidenza di tale requisito rispetto ai “gravi motivi”, dovendo essere considerati in modo autonomo l'uno dall'altro: la «fondatezza delle ragioni addotte» sussiste, in particolare, qualora la richiesta si basi su motivi oggettivamente verificabili; Con riguardo ai “gravi motivi”, essi devono essere valutati tanto in chiave positiva quanto in chiave negativa; è, quindi, opportuno considerare sia gli svantaggi che deriverebbero da una mancata autorizzazione alle nozze che gli aspetti favorevoli che discenderebbero dalla contrazione del vincolo, tra cui il desiderio serio, responsabile e consapevole di dare al nascituro un ambiente familiare unito e affettuoso. Nel caso di specie, la minore, già al settimo mese di gravidanza e convivente da due mesi con il proprio compagno, è apparsa matura e consapevole degli obblighi derivanti dal matrimonio, mostrandosi conscia delle reciproche responsabilità e dei sacrifici che il suddetto vincolo comporta: dall'istruttoria compiuta è emerso poi che la scelta di contrarre matrimonio è unicamente riconducibile alla minore, la quale è apparsa libera da qualsiasi condizionamento esterno. Osservazioni
In passato, il codice civile fissava l'età matrimoniale a 14 anni per la donna e a 16 anni per l'uomo (e, previa dispensa, rispettivamente a 12 e a 14 anni). Con la riforma del diritto di famiglia del 1975, il legislatore, che ha in linea di principio riconosciuto la possibilità di sposarsi al solo maggiorenne, ha esteso eccezionalmente tale facoltà anche al sedicenne, ma solo a condizione che il Tribunale per i minorenni, accertata la sua maturità psicofisica e la fondatezza delle ragioni addotte, lo autorizzi per gravi motivi a contrarre matrimonio. La questione concernente il giudizio relativo alla gravità dei motivi, oggetto del provvedimento in epigrafe, rappresenta una delle problematiche più delicate in materia. Ma se, nel 1975, il riferimento al criterio dei "gravi motivi" risultava senz'altro giustificato in considerazione, appunto, della necessità di creare una rottura con il costume sociale del passato e, quindi, con la tendenza a celebrare i cc.dd. "matrimoni riparatori", lo stesso criterio non pare abbia più alcuna ragione di esistere oggi, visti i radicali cambiamenti degli atteggiamenti sociali. Del resto, stante l'avvenuto superamento delle tradizionali discriminazioni tra figli nati nel matrimonio e figli nati da genitori non coniugati, la stessa funzione di garantire una più ampia tutela della prole, tradizionalmente attribuita al matrimonio della minore in stato di gravidanza, risulta ormai del tutto priva di giustificazione. In proposito, sembra opportuno segnalare l'orientamento della Corte d'appello di Catania (App. Catania, 22 dicembre 2015), la quale, sul presupposto della necessaria sussistenza dei “gravi motivi”, di cui all'art. 84, comma 2, c.c, afferma che «non costituisce grave motivo la nascita di un figlio e il desiderio di formare una famiglia con il padre del bambino». In senso sostanzialmente analogo si era già pronunciato il Tribunale per i minorenni di Napoli (Trib. min. Napoli, 5 giugno 1995), che non aveva ammesso al matrimonio una diciassettenne incinta, anche in considerazione della prospettiva di una convivenza della coppia presso l'abitazione dei genitori di lei. Al riguardo, mette conto richiamare una decisione del Tribunale per i minorenni di Perugia, che, pronunciandosi per l'ammissibilità del matrimonio della minorenne, aveva affermato che «può essere ammessa al matrimonio la minore, prossima al compimento dei diciassette anni, la cui maturità psicofisica sia provata e che alleghi la sussistenza di gravi motivi», quali, tra gli altri, «il valore sociale dell'istituto matrimoniale sanante la pregressa convivenza, avuto riguardo anche al fatto che questa si è svolta ed è in atto in un piccolo centro agricolo» (Trib. min. Perugia, 31 maggio 1995). Alle “conseguenze negative che la convivenza more uxorio può comportare in un piccolo ambiente provinciale, dove tutti si conoscono e dove hanno ancora importanza i valori della famiglia legittimamente costituita” fa riferimento, per giustificare la scelta di ammettere al matrimonio la minore, la Corte d'Appello dell'Aquila (App. L'Aquila, 16 marzo 1994), che ha rigettato il reclamo del PM avverso il decreto con cui Trib. min. L'Aquila 28 gennaio 1994, aveva autorizzato il matrimonio dei minori sia per la convivenza in atto tra i nubendi, che avevano già contratto matrimonio religioso, sia per la gravidanza della ragazza, sebbene interrotta spontaneamente al sesto mese. Trib. min. L'Aquila 13 dicembre 1991, aveva, invece, affermato che l'autorizzazione a contrarre matrimonio precoce va esclusa «qualora la richiedente ed il suo, ventiquattrenne, partner, già conviventi, dimostrino impaccio, insicurezza, immaturità ed una timidezza sfiorante l'inibizione, e la minore abbia conservato con i propri genitori assai buoni rapporti».
G. Carella, Commento all'art. 27, in S. Bariatti, (a cura di) Commentario alla riforma del diritto internazionale privato, in Nuove leggi civ. comm., 1996, 1, 164 C. Cossu, Il matrimonio del minore, in Dir. fam., 1979, 897 A. Di Florio, Il matrimonio dei minori in P. Cendon (a cura di) Il diritto delle relazioni affettive, Padova 2005, 180 A. Parisi, Dei singoli impedimenti matrimoniali, in G. Autorino Stanzione (a cura di), Il matrimonio, i rapporti di fatto, le unioni personali, Torino, 2011, 112 L. Rodighiero, Spunti processuali in tema di matrimonio del minore infrasedicenne, in Dir.fam. 1976, 1178
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