Sindrome da alienazione parentale: disposto l'affidamento esclusivo al padre alienato

13 Marzo 2019

Per decidere in merito all'affidamento e al collocamento dei minori è necessario accertare se il genitore stia facendo l'interesse dei figlio nel tutelare l'altro genitore e rendere possibile il c.d. diritto alla bigenitorialità o se abbia creato l'alienazione parentale e il conseguente rifiuto dell'altro genitore.
Massima

La tutela della bigenitorialità deve essere considerata come il best interest del minore anche nei casi in cui il bambino vi si oppone, riferendo di aver subito gravi e profondi maltrattamenti riconducibili all'alienazione parentale.

Il caso
Nell'ambito di un procedimento innanzi al Tribunale di Brescia, la CTU ivi disposta evidenziava un quadro di grave pregiudizio a carico dei figli. Dalla CTU emergeva che i figli, in particolare la figlia minore, avevano posto in essere una campagna di denigrazione nei confronti del padre, caratterizzata da razionalizzazioni deboli, superficiali e assurde, scenari presi a prestito, mancanza di ambivalenza, appoggio automatico alla madre nel conflitto genitoriale con assenza di senso di colpa per la crudeltà e l'insensibilità perpetrata nei confronti del padre. Il Tribunale considerava la gravità della situazione in cui versava la minore, che riteneva essere connotata da una sostanziale elisione della figura paterna tanto da richiedere di essere affrontata e risolta con urgenza e ciò al fine di impedire una evoluzione verso l'irreversibilità̀.Il Tribunale valutava parimente grave anche la situazione dell'altro figlio che mostrava di aver stretto un patto di lealtà con la sorella e con la madre ed iniziava a manifestare segnali molto simili a quelli della sorella. Tali risultanze obbligavano il Tribunale di Brescia a dover prendere una decisione di forte impatto emotivo sui minori: assecondare i legami dei figli con la madre e il totale rigetto della figura paterna, ovvero forzare i minori in virtù della tutela del loro superiore interesse alla bigenitorialità.Il Tribunale di Brescia optava per la tutela al diritto alla bigenitorialità, scegliendo l'allontanamento dei minori dalla madre, collocandoli per un periodo di trenta giorni presso una casa famiglia, stabilendo interventi psicologici e di un educatore al fine di far progressivamente riprendere i rapporti con il padre fino a giungere al collocamento dei minori presso quest'ultimo. Il Tribunale disponeva altresì il monitoraggio della situazione da parte della Tutela Minori, dando espresso mandato di occuparsi del collocamento dei minori presso la casa famiglia e successivamente la casa paterna, nonché del successivo rientro della figlia presso il padre, di attivare un percorso di psicoterapia per entrambi i figli, di organizzare – fin da subito – incontri protetti fra la madre e la figlia e di curare – sempre in forma protetta – la ripresa dei rapporti fra la madre e la figlia, solo dopo che questa avrà̀ fatto rientro presso la casa paterna, secondo i tempi stabiliti dal servizio in base all'evolversi della sua situazione psicopatologica. Il Tribunale disponeva che nel corso degli incontri protetti con i minori il Servizio monitorasse e valutasse l'autocontrollo della madre rispetto a manifestazioni di ostilità̀ nei confronti del padre ed eventualmente decidere di sospenderli qualora fossero di pregiudizio per i minori.
La questione

Il Tribunale di Brescia, con l'ordinanza qui esaminata, ha evidenziato come per decidere in merito all'affidamento e al collocamento dei minori sia necessario accertare se il genitore stia facendo l'interesse dei figlio nel tutelare l'altro genitore e rendere possibile il c.d. diritto alla bigenitorialità o se abbia creato l'alienazione parentale e il conseguente rifiuto dell'altro genitore.

Nel caso di alienazione parentale occorre valutare quale sia il superiore interesse del minore: se sia quello di assecondare la sua apparente volontà prendendo in considerazione i desideri del bambino, o quello di garantirgli, anche contro la sua stessa volontà, il diritto alla bigenitorialità. In altre parole è necessario analizzare se l'interesse del minore sia quello di restare con il genitore da cui si sente tutelato e protetto o quello di essere messo nelle condizioni di fruire, seppur coartatamente, della relazione con entrambi i genitori.

Le soluzioni giuridiche

Se prima si avevano solo in ambito penalistico sentenze, tra le quali la Cassazione Penale n. 27995/09, che condannavano il genitore affidatario, colpevole di aver eluso il provvedimento presidenziale in ordine all'affidamento del minore, impedendo in tal modo il corretto esercizio del diritto di visita, negli ultimi tempi si iniziano a leggere pronunce giurisprudenziali anche in ambito civilistico.

Ciò premesso, la giurisprudenza, quando è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione in esame, ha sempre ritenuto prevalente e prioritario il diritto alla bigenitorialità del minore rispetto alla volontà dello stesso, benché una simile decisione rischi potenzialmente di creare un trauma nel bambino.

La sentenza n. 7041/2013, che decideva in merito ad un caso in cuil'affidatario principale negativizzava la figura dell'altro genitore agli occhi del figlio, al punto che quest'ultimo non intendeva più incontrarlo o, in sua presenza, aveva comportamenti di deciso rigetto nei suoi confronti, si pronunciava nel senso di affermare che i comportamenti del genitore affidatario, nel ledere il fondamentale diritto alla bigenitorialità del minore, influenzavano anche il suo diritto ad una crescita il più possibile serena ed equilibrata, incidendo inevitabilmente sul suo sano sviluppo psicologico.

Allo stesso modo, anchela sentenza della Cassazionen. 6919/2016, sul tema, stabilisce che «tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena».

Inoltre il giudizio prognostico «deve essere effettuato nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, esaminando la capacità dei genitori di crescere ed educare i figli nella nuova situazione creatasi a seguito della disgregazione dell'unione, tenendo nel dovuto conto, in base ad elementi oggettivi, il modo in cui i genitori in precedenza hanno svolto i propri compiti, le rispettive capacità di relazione affettiva, la loro personalità , l'ambiente sociale e familiare che ciascuno di loro può offrire alla prole, fermo restando in ogni caso il rispetto del principio della bigenitorialità, che deve essere inteso come presenza affettivo – relazionale di entrambi i genitori nella vita dei figli, in modo da garantire loro una stabile e salda relazione emotiva con entrambi i genitori, che hanno il dovere di collaborare per la loro cura, assistenza, educazione e istruzione».

Pertanto, ai fini della pronuncia circa l'affidamento o collocamento della prole, è fondamentale operare un esame in merito alla capacità dei genitori di individuare i prioritari interessi e bisogni della prole, tra i quali l'individuazione delle loro esigenze affettive, che si identificano anche nel preservare il loro diritto a beneficiare della presenza di entrambi i genitori e dei rispettivi parenti, al di là dei rapporti intercorrenti tra i genitori e le rispettive famiglie d'origine.

Anche nell'ordinanza in esame viene nuovamente riaffermato come la tutela della bigenitorialità debba essere considerata come il best interest del minore anche nei casi in cui il bambino vi si oppone, riferendo di aver subito gravi e profondi maltrattamenti riconducibili all'alienazione parentale.

Nella stessa direzione era andato peraltro anche il Tribunale di Castrovillari con la sentenza 27 luglio 2018 n. 728, che, in un caso sovrapponibile a quello in commento, aveva stabilito che «in presenza di una sindrome di alienazione parentale si dimostra priva di capacità genitoriale la madre che, con i condizionamenti esercitati sul figlio, ha annientato il rapporto del minore con il padre, così compromettendo il suo equilibrio interiore, così da esporlo ad un alto rischio di relazioni sociali e affettive disfunzionali. Il minore va, perciò, affidato in via esclusiva al padre il quale, nel corso del giudizio, ha sempre mostrato particolare attenzione alle esigenze del figlio ed ha manifestato rispetto verso la figura materna, ritenuta dallo stesso essenziale per la serenità del figlio, nonostante l'alto livello di conflittualità coniugale, così rivelando un'indubbia maturità».

Osservazioni

La giurisprudenza sta dedicando particolare attenzione all'alienazione genitoriale e alla tutela del diritto alla bigenitorialità.

Entrambe le figure genitoriali risultano importanti nel percorso di crescita del minore e, proprio quando la famiglia si disgrega, il genitore c.d. collocatario ha il dovere di favorire il rapporto con l'altro genitore. Impedire il regolare svolgimento del rapporto genitore/figlio non potrà che avere ripercussioni deleterie sull'equilibrio psicofisico del minore.

Occorre però considerare anche l'opposizione che può manifestare il minore nei confronti del genitore non collocatario.

Sul punto, però, è stato chiarito che neppure la resistenza del minore ad incontrare l'altro genitore può essere utilizzata come giustificazione per evitare la frequentazione con quest'ultimo, dal momento che il genitore affidatario deve comunque garantire e rispettare il diritto alla bigenitorialità dei figli.

In casi come quelli in commento, non può prescindersi dal valutare quale possa risultare il miglior interesse del minore, se rispettare le sue volontà di non avere rapporti con una delle figure genitoriali oppure tutelare ugualmente il suo diritto alla bigenitorialità, anche contro la sua volontà.

Nel caso di specie, si è data prevalenza a questa seconda opzione, decidendo per un affido esclusivo in favore del padre.

Inoltre, con riguardo al collocamento, quando vi è il pericolo di un possibile trauma per il minore, la scelta più sensata nel suo interesse appare quella del collocamento, naturalmente temporaneo, presso soggetti terzi al fine di consentirgli di ripristinare il rapporto con il genitore c.d. alienato.

È chiaro che lo sradicamento dal genitore di riferimento potrebbe astrattamente creare dei disagi alla minore, ma, a parere di chi scrive, la soluzione applicata dal Tribunale di Brescia (ossia l'allontanamento immediato del minore dal genitore alienante, il temporaneo collocamento presso una casa famiglia, il mandato ai servizi per un supporto psicologico, l'ausilio di un educatore per favorire i rapporti del padre con la figlia, l'immediata sospensione dei rapporti con la madre e con la famiglia d'origine, la previsione di ripristino dei rapporti della madre con la figlia e il mantenimento di quelli con l'altro minore, in uno con il monitoraggio rispetto alle reazioni della madre alla ripresa dei rapporti) pare adeguata e idonea ad impedire o comunque limitare i potenziali danni psicologici subiti dalla minore.

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