Trasferimento del minore e giudice competente secondo la Convenzione de L’Aia del 1996

Paolo Bruno
15 Marzo 2019

La Convenzione de L'Aja 1996 individua la competenza giurisdizionale in riferimento al criterio della residenza abituale del minore al momento della proposizione della domanda, e prevede quale unica deroga al criterio di prossimità del giudice adito il caso disciplinato dall'art. 7 L. n. 101/2015, in materia di illecita sottrazione del minore.
Massima

Ai sensi della L. n. 101/2015 (legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione de L'Aia 1996), in caso di trasferimento lecito del minore in uno Stato diverso da quello in cui aveva la residenza abituale, è carente di giurisdizione il giudice di questo ultimo Stato quando – tenuto conto delle emergenze processuali – sia provato che al momento della proposizione della domanda la modifica della residenza era di fatto già avvenuta. A questo proposito, non rileva il fatto che la nuova residenza abituale si sia realizzata sulla base di una autorizzazione al trasferimento solo temporanea.

Il caso

Nel corso di un giudizio di divorzio – in cui il Tribunale aveva autorizzato un coniuge a trasferirsi in via provvisoria e sperimentale nel Principato di Monaco insieme alla figlia minore, mentre in seguito il giudice tutelare di quest'ultimo Stato aveva disposto in via cautelare delle limitazioni al diritto di visita del padre – il giudice italiano revoca l'affidamento condiviso della minore e la affida in via esclusiva al padre ordinando alla madre di riconsegnarla al coniuge.

Disatteso dalla madre il provvedimento del giudice istruttore, il Tribunale per i minorenni territorialmente competente la dichiara decaduta dalla potestà genitoriale con provvedimento successivamente confermato dalla Corte d'Appello che ritiene sussistente la giurisdizione del giudice italiano ai sensi dell'art.7 L. n. 101/2015 (legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione de L'Aia 1996).

La madre della minore ricorre per Cassazione lamentando la violazione di legge con riferimento alle norme pertinenti della Convenzione, atteso che al momento della proposizione della domanda al giudice minorile la residenza della minore nel Principato era divenuta abituale.

La questione

La Suprema Corte valuta l'ambito di applicazione degli art.5 e art. 7 L. n. 101/2015 (legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione de L'Aia 1996)e la loro applicabilità al caso di specie, caratterizzato dall'emissione di un provvedimento giudiziale che autorizzava solo provvisoriamente il trasferimento all'estero del coniuge affidatario insieme alla figlia minore, e dal successivo rifiuto di riportarla in Italia una volta modificato il regime di affidamento. In particolare, la Corte procede ad una ricostruzione in fatto della residenza abituale della minore al momento della domanda per poi individuare la corretta norma di riferimento nel quadro della Convenzione sopra citata.

Le soluzioni giuridiche

La Corte esordisce ricordando che ai fini del riparto della giurisdizione e della individuazione della legge applicabile i provvedimenti in materia di minori che perseguono una finalità di protezione dei medesimi si inquadrano nel contesto dell'art.42 L. n.218/1995 la quale rinvia alla Convenzione de L'Aia 1961 (l. n. 742/1980) come rivisitata dalla Convenzione de L'Aia del 1996 (ratificata e resa esecutiva in Italia con L. n.101/2015, ed applicabile ratione temporis al caso di specie). Detta ultima Convenzione individua la competenza giurisdizionale in riferimento al criterio della residenza abituale del minore al momento della proposizione della domanda, e prevede quale unica deroga al criterio di prossimità del giudice adito il caso disciplinato dall'art.7 L. n. 101/2015 (legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione de L'Aia 1996), in materia di illecita sottrazione del minore.

La Suprema Corte afferma, da principio, che il trasferimento della minore dall'Italia al Principato di Monaco doveva ritenersi lecito in quanto autorizzato dal giudice istruttore della causa di divorzio ed indaga direttamente i fatti storici dedotti dalle parti, al fine di ricostruire la residenza abituale della minore nel lasso di tempo intercorrente tra l'emissione del provvedimento autorizzativo all'espatrio e la sua revoca.

A questo punto, ritenuto che al momento della proposizione della domanda di decadenza dalla potestà genitoriale la minore avesse acquisito una nuova residenza abituale nel Paese in cui era stata trasferita dalla madre, conclude per l'esistenza di una carenza di giurisdizione del giudice italiano per essere divenuto competente il giudice monegasco ai sensi dell'art.5 (2) della L. n. 101/2015 (Convenzione de L'Aia 1996) che – nel caso di specie – non può ritenersi derogato dall'art.7 del medesimo strumento, mancandone i presupposti di fatto.

Osservazioni

Con la pronuncia in commento la Suprema Corte contribuisce a fare chiarezza sulle modalità di accertamento della competenza giurisdizionale nei procedimenti in materia di responsabilità genitoriale che presentano un elemento di transnazionalità ed in particolare un collegamento con Stati non appartenenti all'Unione Europea.

Detti procedimenti sono infatti governati dalle disposizioni della (Convenzione de L'Aia 1996), la quale distingue l'ipotesi – generale – del trasferimento di residenza del minore (art.5L. n. 101/2015) da quella – particolare – della sua sottrazione o mancato ritorno illeciti (art.7 L. n. 101/2015) ai fini dell'individuazione del giudice competente a pronunciarsi sulle domande aventi ad oggetto la responsabilità genitoriale; nel primo caso è competente il giudice della residenza abituale del minore al momento della domanda, nel secondo lo è il giudice della precedente residenza abituale solo se si realizzano una serie di presupposti ivi elencati.

Se in teoria il discrimine è agevole da comprendere, nondimeno la sua applicazione pratica può nascondere delle insidie e ciò in particolare può avvenire quando – come nel caso affrontato dalla Corte – il cambiamento di residenza nasce come “lecito”, in quanto concordato con il genitore non affidatario, e nel tempo diviene (se non illecito, quantomeno) non più condiviso.

È proprio in questi casi che è possibile fraintendere l'ambito di operatività degli artt.5 e 7 L. n. 101/2015, che nelle intenzioni del legislatore dovevano invece assolvere a compiti ben diversi.

Come infatti emerge dalla Relazione esplicativa di Paul Lagarde, la Convenzione de L'Aia 1996 ha tratto esperienza dalle difficoltà applicative della Convenzione de L'Aia del 1961 (l. n. 742/1980) (che prevedeva una competenza concorrente di autorità di Stati diversi) ed ha scelto di puntare decisamente sul criterio della residenza abituale del minore al momento della domanda, adattandolo ai casi di trasferimento di residenza per tenere conto della fisiologica mobilità delle coppie transfrontaliere: in tal caso muta il giudice ma non mutano le ragioni per le quali egli è da considerarsi competente, ovverosia il fatto di trovarsi in relazione immediata con il minore che risiede nel suo raggio di azione o di competenza.

Nel caso di trasferimento lecito, poco importa che abbia riguardato l'intera famiglia o uno solo dei genitori con il minore, la competenza è sempre radicata nel giudice della nuova residenza abituale affinché la prossimità tra questi ed il minore sia garantita e ne discenda (auspicabilmente) una decisione più ponderata ed assunta sulla base di tutti gli elementi necessari, tra i quali proprio l'audizione del minore gioca un ruolo fondamentale.

Di conseguenza, le autorità della precedente residenza abituale perdono la competenza ad adottare misure di protezione del minore.

Laddove, invece, il trasferimento sia illecito ab origine o lo sia diventato in seguito (illecito trattenimento) l'art.7 L. n. 101/2015 consente alle autorità di precedente residenza abituale di conservare la competenza sino a quando la nuova residenza non si sia cristallizzata e dunque non sia divenuta a sua volta “abituale”: la norma realizza così un contemperamento tra due opposte esigenze, quella di garantire al minore un giudice a lui prossimo e quella di non “premiare” il genitore sottraente o comunque di fare in modo che il suo comportamento illecito non si tramuti in un indebito vantaggio (piegando in modo a lui favorevole una situazione antigiuridica che egli stesso ha creato).

È per tali ragioni che il consolidamento di una nuova residenza genera uno spostamento di competenza solo se ricorrono anche le condizioni di cui al par. 2 dell'art.7L. n. 101/2015, ovvero il consenso al trasferimento da parte dell'altro genitore affidatario o il decorso di un certo lasso di tempo (unitamente all'avvenuta integrazione del minore nel nuovo ambiente ed alla mancata reazione del genitore lasciato indietro).

Orbene, per rivestire il caso di specie con la veste giuridica corretta è quindi imprescindibile stabilire in primo luogo se il trasferimento del minore sia stato lecito o illecito, ed in secondo luogo ricostruire con precisione la residenza abituale del minore al momento della domanda alla luce degli indici normativi e giurisprudenziali ricavabili dagli strumenti legislativi in materia e dall'interpretazione della Corte di Lussemburgo.

Quanto al primo profilo, come giustamente rileva la Corte, non v'è chi non veda che il trasferimento della minore era stato concordato tra le parti ed autorizzato dal giudice del divorzio “pur nella rescindibilità del titolo”: non si trattava pertanto di un trasferimento illecito e per tali ragioni il giudice adito con domanda di decadenza dalla potestà genitoriale avrebbe dovuto procedere ad un accertamento fattuale sulla residenza del minore in quel momento, esaminando la domanda nel merito solo dopo aver accertato che la nuova residenza all'estero non era ancora divenuta abituale.

Quanto al secondo profilo, concernente la residenza abituale al momento della domanda, è agevole fare riferimento alla giurisprudenza formatasi in tema di sottrazione internazionale di minori e di esegesi del Regolamento c.d. Bruxelles II-bis per inferirne che nel caso di specie la stessa si era cristallizzata nel Principato di Monaco: nel lasso di tempo intercorrente tra l'emissione del provvedimento giudiziale di autorizzazione al trasferimento e la sua revoca ad opera del giudice del divorzio (circa otto mesi) la minore aveva infatti frequentato la scuola locale, aveva imparato la lingua del Paese ove abitava e vi si era perfettamente integrata.

Correttamente, dunque, i giudici di legittimità hanno ritenuto errata la decisione del giudice italiano di accogliere la domanda di decadenza dalla responsabilità genitoriale allorquando erano divenuti privi di competenza giurisdizionale.

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