Sentenza di patteggiamento con ordine di confisca senza motivazione. Quali rimedi?

15 Marzo 2019

La carenza di motivazione in ordine alla confisca di alcuni beni disposta con la sentenza di patteggiamento è deducibile innanzi al giudice di legittimità? La soluzione di segno negativo è stata recentemente prospettata dalla Sezione VI, nella decisione n. 2875 del 19 dicembre 2018...

La carenza di motivazione in ordine alla confisca di alcuni beni disposta con la sentenza di patteggiamento è deducibile innanzi al giudice di legittimità?

La soluzione di segno negativo è stata recentemente prospettata dalla Sezione VI, nella decisione n. 2875 del 19 dicembre 2018. Per il Collegio diversi criteri sembrano supportare una tale conclusione.

In primo luogo, il dato testuale e letterale dell'art. 448, comma 2-bis c.p.p. come introdotto dalla recente l. 103 del 2017 (c.d. Riforma Orlando), a mente del quale «Il pubblico ministero e l'imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza».

Posto il principio di tassatività del regime dei casi in cui è ammessa l'impugnazione e quello della specificità del menzionato regime, prevalente rispetto a quello più generale stabilito all'art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p., fuori da quelle il ricorso si rivelerebbe inammissibile.

Al riguardo, il comma 2-bis dell'art. 448 c.p.p. stabilisce che il ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento possa essere proposto solo per motivi attinenti all'illegalità della misura di sicurezza. E', pertanto, estraneo al sindacato di legittimità il vizio di motivazione.

In secondo luogo, la conclusione riposerebbe sulla ratio sottesa alla riforma del 2017: la novella, preso atto che la maggioranza dei ricorsi, fino ad allora proposti, risultavano inammissibili, in un'ottica di speditezza ed economia processuale, ha inteso ridurre la devoluzione innanzi al Supremo Collegio, avverso la sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p., entro i limiti stabiliti dall'art. 111, comma 7, Cost., anche al fine di accelerare la formazione del giudicato e fronteggiare l'inutile dispendio di tempo e di costi organizzativi: la riforma ha ristretto, come si è visto, il sindacato sulla sola illegalità (della pena e) della misura di sicurezza, nel rispetto del principio di legalità.

Circoscritta l'ammissibilità del ricorso alle sole ipotesi in cui essa non si prevista dalla legge o venga irrogata una misura di sicurezza eccedente, per specie e quantità, i limiti legali, opera per ogni altra ipotesi, fra cui quella riguardante la sindacabilità della motivazione del provvedimento ex art. 606, comma 1, lett. e) c.p.p.- l'inammissibilità ai sensi del combinato degli artt. 591 e 606, comma 3, c.p.p.

A sorreggere l'impossibilità di devolvere la questione soccorre, dunque, la natura specifica ed eccezionale del regime d'impugnabilità della sentenza emessa su accordo delle parti: la materia è soggetta ad un “regime ad hoc” (da ultimo, Cass. pen., Sez. VI, 19 dicembre 2018, n. 2875) che inibisce ogni “incursione” nella disciplina ordinaria ex art. 606 c.p.p.

Una tale peculiarità è, invece, negata dall'orientamento contrario per il quale la deducibilità del difetto di idonea motivazione riposa sul fatto che, essendo la decisione in materia di confisca estranea all'accordo sull'applicazione della pena, è ben possibile operare il “recupero” dei motivi ordinari di ricorso previsti dall'art. 606 c.p.p. (cfr., Cass. Sez. III, 23.5.2018, L., Rv 273830; Cass. Sez. III, 17 aprile 2018, D., n. 22824).

La lettura, per quanto suggestiva e, indubbiamente, più garantista, finisce, in primo luogo, per determinare una sorta di “abrogazione tacita” della riforma operata nel 2017; in secondo luogo, non si allinea ai normali criteri esegetici e interpretativi del diritto, in quanto opera un mixtum compositum delle norme in tema di ricorribilità per cassazione, e al principio di tassatività vigente in materia (v., in quest'ultimo senso, Cass. pen., Sez. III, 7 marzo 2018, P., Rv 273950); infine, pare snaturare il significato dell'accordo intercorso fra le parti, ritenuto, invece, idoneo a giustificare molte (per la dottrina troppe) deroghe al regime processuale ordinario.

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