L’inadeguatezza degli arresti domiciliari assorbe anche la possibilità di utilizzo degli strumenti di controllo a distanza
18 Marzo 2019
«Il giudizio del tribunale del riesame sull'inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sulla impossibilità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall'art. 275-bis».
Con tale motivazione Cass. pen., Sez. III, 15 gennaio 2019 (dep. 13 marzo 2019), n. 10947,confermava dunque la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di L.R. imputato per il reato di cui agli artt. 81 cpv. c.p. e 73, commi 1 e 4, T.U. stupefacenti. Il Tribunale di Torino, con ordinanza 11 settembre 2018, aveva accolto l'appello del P.M. e riformato l'ordinanza con cui il Gip del Tribunale di Torino aveva applicato all'imputato la misura degli arresti domiciliari con divieti di comunicazione, sostituendola con la custodia in carcere. Avverso tale ordinanza l'imputato ricorreva in Cassazione deducendo la violazione degli artt. 275 e 275-bis c.p.p. e correlato vizio di motivazione nonché violazione dell'art. 125, comma 3, c.p.p. in relazione all'adeguatezza della misura cautelare applicata. La S.C. ha ritenuto il motivo del ricorso manifestamente infondato: «[…] con specifico riferimento ai criteri di scelta delle misure coercitive custodiali, l'inadeguatezza degli arresti domiciliari, in relazione alle esigenze di prevenzione di cui all'art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), può essere ritenuta sia quando elementi specifici in relazione alla personalità del soggetto inducano a ritenere che quest'ultimo possa essere propenso a disubbidire all'ordine di non allontanarsi dal domicilio, in violazione della cautela impostagli, sia quando la gravità del fatto, le motivazioni di esso e la pericolosità dell'indagato depongano nel medesimo senso, ossia per la propensione all'inosservanza delle prescrizioni. Nella specie, il Tribunale ha congruamente e logicamente motivato nel senso di ritenere che, atteso lo spessore delle ravvisate esigenze cautelari, queste non fossero contenibili se non mediante la misura estrema della custodia cautelare in carcere, non potendo confidarsi sulla buona volontà e coscienza dell'imputato, né sussistendo alcun elemento concreto che potesse fondare una prognosi positiva di rispetto degli ambiti di libertà connaturati a misure meno afflittive, che avrebbero frustrato del tutto le ravvisate esigenze cautelari». |