Omesso uso delle cinture di sicurezza del trasportato e ripercussione sul risarcimento

Carmine Lattarulo
22 Marzo 2019

L'omesso uso delle cinture di sicurezza del trasportato non è causa esclusiva del danno, ma concorrente alla condotta colposa nella conduzione del veicolo. Di detta concausa ne risponde, oltre al traportato, nuovamente il conducente.
Massima

L'omesso uso delle cinture di sicurezza del trasportato non è causa esclusiva del danno, ma concorrente alla condotta colposa nella conduzione del veicolo. Di detta concausa ne risponde, oltre al traportato, nuovamente il conducente.

Il caso

Avverso sentenza di accoglimento della richiesta del danno da lesioni subite da un trasportato, la Corte di appello riduceva l'entita del risarcimento, in ragione dell'entità del contributo causale del trasportato, stimato nella misura del 30%, per non aver fatto uso delle cinture. Il trasportato ricorreva in Cassazione.

La questione

Chi risponde dell'omesso uso delle cinture di sicurezza del trasportato, ai fini del risarcimento? Il conducente, il trasportato stesso, entrambi?

Le soluzioni giuridiche

Il Supremo Collegio afferma che il mancato uso delle cinture non può interrompere il nesso causale tra la condotta del conducente del veicolo e la produzione del danno e, quindi, escludere il risarcimento, ma solo ridurlo, rilevando l'omesso uso una mera concausa. Senonchè, non solo il trasportato è responsabile dell'omesso utilizzo delle cinture di sicurezza, ma anche il conducente, sicché la concausa del mancato utilizzo deve essere, imputabile ad entrambi con riduzione per gli stessi del danno risarcibile ex art. 1227.

La Corte ricorda un precedente, Cass. civ., sez. III, sent. 28 agosto 2007 n. 18177, la quale rilevò «un'ipotesi di cooperazione nel fatto colposo» del trasportato, ma il richiamo è non pertinente, in quanto il comportamento colposo del conducente si riferiva solo alla condotta di guida, giammai anche a quello della imposizione delle cinture da parte del conducente.

Invero, è l'arresto Cass. civ., sez. III, 11 marzo 2004 n. 4993 (sebbene ricordato dal Collegio in calce alla sentenza, solo ai fini del potere discrezionale del giudice nella quantificazione della colpa) che aveva già e meglio inciso sul principio del concorso tra conducente e trasportato nella specifica colpa della omissione delle cinture. Infatti, la Corte rilevo che il conducente non dovesse neppure mettere in marcia il veicolo: «il conducente di un autoveicolo non può porre o tenere in circolazione lo stesso, se si è reso conto che qualcuno dei trasportati non si conforma alle regole stabilite dalla normativa sulla circolazione stradale; infatti, è vero che egli può non essere il destinatario della norma (come nella fattispecie dell'obbligo per il trasportato di indossare la cintura), ma egli rimane pur sempre colui che rende possibile la "circolazione" del veicolo con a bordo il trasportato, e quindi, sotto un profilo di normale diligenza, ha l'obbligo di far effettuare detta circolazione in sicurezza e nel rispetto delle norme … che prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza».

Analoghi oneri facenti capo al conducente furono ravvisati nella sentenza Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2011 n. 10526, in una fattispecie che vedeva coinvolto un ciclomotore con a bordo tre persone, di cui uno minore d'età e la Corte ribadì che «il conducente … prima di iniziare o proseguire la marcia deve controllare che questa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza e sicurezza».

Come un mantra, nella sentenza Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2012 n. 7533 (ipotesi di mancato uso delle cinture) e Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2017 n. 6481 (ipotesi di trasportato illecito su ciclomotore), la Corte ha fatto eco alla precedente e ha ribadito che «il conducente … prima di iniziare o proseguire la marcia, deve controllare che questa avvenga in conformità delle normali regole di prudenza e sicurezza».

Si ricordi che l'art. 171, comma 2, c.d.s. commina in capo al conducente e non al trasportato la sanzione del mancato uso del casco, allorquando il secondo sia un minore: «… quando il mancato uso del casco riguarda un minore trasportato, della violazione risponde il conducente».

Il comportamento del trasportato attrae quello del conducente non già solo nella ipotesi in cui il primo sia danneggiato, ma anche nel caso sia danneggiante. Infatti, nella sentenza Cass. civ., sez. III, 6 giugno 2002 n. 8216, la Corte, ricordando la responsabilità penale del trasportato che incautamente apre lo sportello e causa la caduta di un motociclista (Cass. pen., 20 dicembre 1983), affermò l'importante principio che in sede civile ne risponde anche il conducente (nonché il proprietario), rilevando che, nell'ampio concetto di circolazione stradale, deve ritenersi compresa anche la situazione di arresto o di sosta di un veicolo.

Tuttavia, in Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 2018 n. 3418, il Supremo Collegio ha emesso un indirizzo difforme ed il comportamento del trasportato ha escluso, e non già ridotto il risarcimento, in un caso riguardante l'omesso uso del seggiolino. La sentenza è molto discutibile, perchè il trasportato minore (peraltro di tre anni) non potrebbe essere ritenuto responsabile ed il suo danno, riguardando diritti indisponibili, andava comunque risarcito (in favore del tutore con vincolo pupillare), stante la soverchiante responsabilità del conducente per avere omesso di assicurare il minore sul seggiolino legato con le cinture di sicurezza.

In tema di oneri probatori, si distinge arresto Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2014 n. 7777 (seguito da Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2014 n. 5795) che pone a carico del debitore danneggiante la prova che il trasportato «avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento usando l'ordinaria diligenza», di talché, in assenza di siffatta prova «non rimane che l'incidenza causale del comportamento del danneggiante, tenuto conto che la posizione del passeggero è assistita dalla presunzione di colpa nella causazione dell'evento dannoso a carico del conducente a norma dell'art. 2054, comma 1, c.c.». A tali oneri, secondo Cass. civ., sez. III, 2 marzo 2007 n. 4954, può supplire il giudice, il quale «può, anche d'ufficio, rilevare il concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso danneggiato, e ciò nella considerazione che tale indagine sia intrinseca alla ricostruzione del fatto storico e non costituisce eccezione in senso stretto».

Osservazioni

Il principio che ispira la sentenza in commento è antichissimo, del neminem laedere, l'obbligo di tenere una condotta che non produca danno a terzi, ai sensi dell'art. 2043 c.c. Tra gli elementi costitutivi del fatto illecito, oltre al fatto materiale, l'antigiuridicità e la colpa, sussiste il nesso causale tra il fatto e l'evento dannoso. Secondo l'art. 1223 c.c., il danno è risarcibile solo se è conseguenza immediata e diretta del fatto illecito. Ulteriore limite è rappresentato dall'art. 1227 c.c., che diminuisce l'importo del risarcimento in caso di comportamento colposo anche del danneggiato, sino ad escluderlo allorquando il comportamento di quest'ultimo assurga a ragione esclusiva del danno. Secondo un orientamento ispirato all'art. 40 c.p., l'obbligo giuridico di impedire un evento è tale solo qualora sia previsto da norme; secondo un altro orientamento, tuttavia prevalente, l'obbligo giuridico di impedire un evento è atipico e si conforma al principio solidaristico di cui all'art. 2 Cost. ed alle regole di diligenza e correttezza. Ai sensi dell'art. 1 comma 1 del codice della strada, «la sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato». Quindi, è nella “sicurezza delle persone”, la ragione del setaccio di tutte le possibili condotte produttive del danno, tale da attrarre anche quella del conducente, non solo come responsabile nella guida, ma anche come garante finale del corretto uso del veicolo.

, Cassazione Civile Sez. III 28/08/2007 n. 18177

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