Bigenitorialità: i provvedimenti convenienti assunti dal giudice a tutela dei figli

22 Marzo 2019

Il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente nella vita del figlio in maniera significativa nel reciproco interesse.
Massima

Il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente nella vita del figlio in maniera significativa nel reciproco interesse, ma ciò non comporta l'applicazione di una proporzione matematica in termini di parità di tempi di frequentazione del minore, in quanto l'esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell'altro genitore.

Il caso

Il ricorrente propone ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di Appello di Roma avente ad oggetto l'esercizio della genitorialità, il regime di frequentazione e la ripartizione delle spese per il mantenimento della minore ex artt 316 e 337 bis c.c. La Corte di Appello, in riforma della decisione di primo grado, aveva disposto, accertata l'esistenza di una conflittualità tra i genitori accesa ed insanabile, fonte di una paralisi decisionale, ravvisabile anche in scelte importanti, l'affido della minore al servizio sociale competente per l'assunzione, sentiti i genitori, delle decisioni più importanti aventi ad oggetto la salute, la scuola, l'attività sportiva della minore, riservando a questi ultimi esclusivamente l'assunzione delle decisioni inerenti la vita quotidiana, fermo il collocamento prevalente presso la madre; aveva, quindi, regolato il regime degli incontri e determinato il contributo paterno al mantenimento della minore in euro 800,00 mensili con decorrenza dalla proposizione della domanda.

La questione

Diverse sono le questioni giuridiche in rilievo.

In primo luogo, viene recepito dalla Corte l'orientamento secondo il quale è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione avverso i provvedimenti cd de potestate, in ragione della attitudine degli stessi al giudicato rebus sic stantibus.

In secondo luogo, si riafferma che i provvedimenti resi ai sensi dell'art. 333 c.c. e cioè i cosiddetti provvedimenti convenienti in quanto assunti dall'autorità giudiziaria al fine di superare la condotta pregiudizievole di uno o entrambi i genitori, abbiano carattere non contenzioso e non definitivo, essendo revocabili e reclamabili sia per il disposto speciale di cui al comma 2 dell'art. 333 c.c. sia secondo le regole generali degli artt. 739 e 742 c.p.c.

Da ultimo, si afferma il principio, secondo il quale la bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente nella vita del figlio in maniera significativa nel reciproco interesse, ma ciò non comporta l'applicazione di una proporzione matematica in termini di parità di tempi di frequentazione del minore, in quanto l'esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell'altro genitore.

Le soluzioni giuridiche

In primo luogo, la Corte di Cassazione mostra di condividere quel filone favorevole all'ammissibilità del ricorso straordinario per i provvedimenti c.d. de potestate, sul presupposto della attitudine degli stessi al giudicato rebus sic stantibus.

In merito alla censura del provvedimento avanzata in punto di affido della minore ai servizi per essere il disposto sproporzionato per la sua definitività, in quanto privo di un termine di scadenza, e carente di adeguato supporto motivazionale, la Corte di Cassazione ritiene la censura infondata e chiarisce la natura dei provvedimenti in esame. L' assunto è erroneo, in quanto il provvedimento censurato è da ricondurre nell'ambito dei c.d. provvedimenti convenienti per l'interesse del minore, ai sensi dell'art. 333 c.c., che l'autorità giudiziaria assume al fine di superare la condotta pregiudizievole di uno o entrambi i genitori. Esso ha natura di atto di giurisdizione non contenziosa ed è privo di carattere definitivo, in quanto revocabile e reclamabile, sia per il disposto speciale di cui al comma 2 dell'art. 333 c.c., sia secondo le regole generali degli artt. 739 e 742 c.p.c. e per questo non necessita della previsione di un termine, potendo essere riesaminato in qualunque momento.

Con il secondo motivo di censura il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 316 c.c. per manifesta contraddittorietà della decisione e violazione del principio di parità tra i genitori, avendo la Corte di Appello, nel modificare la regolamentazione del diritto di visita del padre, ridotto il pernotto infrasettimanale presso di lui. Per la Corte tale motivo risulta inammissibile, in quanto sollecita una rivalutazione delle risultanze istruttorie con esito favorevole al ricorrente ed, in ogni caso, infondato in quanto: «il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente nella vita del figlio in maniera significativa nel reciproco interesse, ma ciò non comporta l'applicazione di una proporzione matematica in termini di parità di tempi di frequentazione del minore, in quanto l'esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell'altro genitore». La Corte richiama il principio secondo il quale il giudizio prognostico che il giudice deve compiere circa le capacità dei genitori deve essere formulato tenendo conto del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i loro compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell'ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore (Cass. n. 18817/2015).

Quanto al terzo profilo di censura per violazione dell'art. 316 c.p.c., non avendo secondo il ricorrente la Corte di Appello, nella determinazione del contributo al mantenimento della minore, tenuto conto della riduzione del volume di affari dovuta anche alla scelta di dedicarsi maggiormente alla minore, così come delle limitate esigenze della minore in tenera età, la Corte di Cassazione ne dichiara l'inammissibilità stante la richiesta di rivalutazione del merito della vicenda.

Quanto al quarto profilo di censura per violazione dell'art. 316 c.p.c. per avere la Corte di Appello statuito la decorrenza dell'assegno come rideterminato alla data di proposizione della domanda, la Cassazione ritiene il motivo inammissibile, essendo stato l'assegno rideterminato non sulla base del diverso regime di visite della minore ma in maniera più ampia dalla rivalutazione dei redditi delle parti, dei tempi di permanenza presso ciascun genitore e degli impegni scolastici.

Osservazioni

La sentenza in commento impone una riflessione sul principio di bigenitorialità e sulla sua declinazione in concreto, tenendo conto che in tema di affidamento dei figli minori nella separazione e nel divorzio il criterio fondamentale al quale il giudice deve attenersi è quello del superiore interesse morale e materiale della prole. La riforma introdotta dalla Legge n 54 del 2006 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento dei figli) ha operato un sostanziale ribaltamento del precedente paradigma del codice civile, introducendo l'affidamento ad entrambi i genitori (affido condiviso) come regola ordinaria in caso di separazione dei coniugi e di divorzio e recependo, in tal modo, i principi già espressi dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989, nonché della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996. Ma se come sopra anticipato il bene fondamentale è quello del superiore interesse dei minori, riguardo al quale i genitori sono titolari non di diritti ma di doveri, ne consegue che il criterio della bigenitorialità debba essere modulato diversamente a seconda dei casi, tendo conto del superiore interesse della prole in concreto. Pertanto, proprio nel rispetto di tale assunto, il giudice deve tenere in considerazione una serie di elementi, evitando applicazioni rigide e che non tengano conto delle specificità di ogni singolo caso. In tal senso, si muove la sentenza in esame, la quale ricorda come il principio di bigenitorialità si traduca nel diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel reciproco interesse, ma che ciò non comporta l'applicazione di una proporzione matematica in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore in quanto l'esercizio deve essere armonizzato in concreto, con le complessive esigenze di vita del figlio e dell'altro genitore. Ciò che rileva non è tanto la uguale ripartizione dei tempi quanto«la previsione di modalità di frequentazione tali da garantire il mantenimento di una stabile consuetudine di vita e di salde relazioni affettive con ciascuno dei genitori» (cfr. Cass. civ. sez I,sent. n. 18817/2015).

A tale proposito, in una pronuncia vertente più specificatamente sul tema della pass, la Cassazione ha specificato che tra i requisiti di idoneità genitoriale, ai fini dell'affidamento o collocamento della prole, è rilevante accertare la capacità dei genitori di individuare i bisogni dei figli, tra i quali si evidenzia in primis la capacità di riconoscere le loro esigenze affettive, che si identificano anche nella capacità di preservargli la continuità delle relazioni parentali attraverso il mantenimento della trama familiare, al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa sull'altro genitore.

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