Contratto di appalto d'opera

Andrea Penta

Riferimenti normativi:
Codice Civile Articolo 1453 - Articolo 1455 - Articolo 1665 - Articolo 1669 - Articolo 2222
Legge del 30 dicembre 2018 n. 145 Epigrafe

Riferimenti giurisprudenziali:
Cass. Civ. sez. II, 20 febbraio 2018, n. 4055
Cass. Civ. sez. II, 24 gennaio 2018, n. 1751
Cass. Civ. sez. II, 24 gennaio 2018, n. 1748
Cass. Civ. sez. II, 4 gennaio 2018, n. 62
Cass. Civ. sez. II, 27 novembre 2017, n. 28233
Cass. Civ. sez. II, 9 novembre 2017, n. 26574
Cass. Civ. sez. II, 9 novembre 2017, n. 26552
Cass. Civ. sez. II, 16 ottobre 2017, n. 24305
Cass. Civ. sez. VI, 5 ottobre 2017, n. 23297
Cass. Civ. sez. II, 6 settembre 2017, n. 20839
Cass. Civ. sez. I, 31 luglio 2017, n. 19019
Cass. Civ. sez. II, 26 giugno 2017, n. 15846
Cass. Civ. sez. VI, 7 giugno 2017, n. 14199
Cass. Civ. sez. II, 4 maggio 2017, n. 10891
Cass. Civ. sez. II, 8 marzo 2017, n. 5877
Cass. Civ. sez. II, 11 luglio 2016, n. 14136
Cass. Civ. sez. II, 12 maggio 2016, n. 9767
Cass. Civ. sez. III, 10 novembre 2015, n. 22879
Cass. Civ. sez. II, 27 marzo 2015, n. 6284


Inquadramento

Il contratto d'opera ed il contratto d'appalto hanno in comune l'obbligazione verso il committente di compiere, a fronte di un corrispettivo, un'opera senza vincolo di subordinazione e con assunzione del rischio da parte di chi li esegue. La distinzione si basa sul criterio della struttura e dimensione dell'impresa cui sono commissionate le opere. Mentre il contratto d'opera coinvolge la piccola impresa ex art. 2083 c.c., il contratto di appalto postula un'organizzazione di media o grande impresa cui l'obbligato è preposto.

Formula

CONTRATTO DI APPALTO

TRA

il Sig. ...., nato a .... il .... (C.F. ....), residente in .... alla via .... n. ...., di seguito denominato committente,

E

il Sig. ...., nato a .... il .... (C.F. ....) residente in .... alla via .... n. ...., di seguito denominato appaltatore

1) il Sig. .... dà in appalto al Sig. ...., che accetta, il compimento dell'opera di seguito descritta: ....;

2) le parti convengono che l'opera sopra descritta dovrà essere eseguita dall'appaltatore entro e non oltre il termine, da considerarsi essenziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1457 c.c., del ....;

3) il committente si impegna a corrispondere in favore dell'appaltatore il corrispettivo complessivo di € .... alle seguenti scadenze, in base all'avanzamento dei lavori: ....;

4) il saldo finale di € .... sarà corrisposto dal committente all'appaltatore all'esito del collaudo, che sarà eseguito nel contraddittorio delle parti;

5) la materia necessaria al compimento dell'opera sarà fornita dall'appaltatore entro la data del ....;

6) l'appaltatore non può apportare alcuna variazione alle modalità convenute dell'opera, se non previa autorizzazione scritta del committente;

7) l'appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo qualora, per effetto di circostanze imprevedibili, si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della manodopera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiore al decimo del prezzo complessivo convenuto;

8) la revisione di cui al punto che precede sarà accordata solo per quella differenza che eccede il decimo;

9) l'appaltatore avrà diritto ad un equo compenso se nel corso dell'opera si manifestino difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore medesimo;

10) l'appaltatore è tenuto a pagare al committente una penale di € .... per ogni giorno di ritardo nella consegna dell'opera;

11) le parti concordano espressamente che la penale di cui al punto che precede potrà essere decurtata dal committente dalla somma ancora dovuta;

12) l'appaltatore, senza l'autorizzazione scritta del committente, non può dare in subappalto l'esecuzione dell'opera;

13) le controversie che dovessero insorgere durante l'esecuzione del presente contratto dovranno essere decise da un arbitro unico, che le parti individuano sin d'ora nel dott. ...., con studio professionale in .... (ovvero da un Collegio Arbitrale composto da tre Arbitri, di cui due scelti dalle parti e il terzo, che presiederà il Collegio, nominato dal Presidente dell'Ordine degli Avvocati di .... oppure dal Presidente del Tribunale di ....);

14) per quanto non espressamente contemplato nella presente scrittura le parti rinviano alle disposizioni dettate dal codice civile in materia di appalto;

15) le spese per la registrazione del presente contratto sono a carico di ....

Firma del committente e dell'appaltatore ....

Commento

Le variazioni del progetto e l'accettazione dell'opera

L'art. 1665 c.c., pur non enunciando la nozione di accettazione tacita dell'opera, indica i fatti e i comportamenti dai quali deve presumersi la sussistenza dell'accettazione da parte del committente e, in particolare, al comma 4 prevede come presupposto dell'accettazione (da qualificare come tacita) la consegna dell'opera al committente (alla quale è parificabile l'immissione nel possesso) e come fatto concludente la ricezione senza riserve da parte di quest'ultimo anche se non si sia proceduto alla verifica (Cass. III, n. 22879/2015; conf. Cass. n. 10452/2020, la quale ha confermato la decisione di merito, che aveva ravvisato i presupposti dell'accettazione dell'opera a fronte della presa in consegna della stessa e dell'avvenuto pagamento da parte della committenza della somma dovuta, ivi compreso lo svincolo delle somme ritenute a garanzia). Ai sensi dell'art. 1665, comma 4 c.c., è necessario, però, distinguere tra atto di “consegna” e atto di “accettazione” dell'opera: la consegna costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l'accettazione esige, al contrario, che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell'opera stessa, con conseguente manifestazione negoziale, la quale comporta effetti ben determinati, quali l'esonero dell'appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità ed il conseguente suo diritto al pagamento del prezzo (Cass. I, n. 19019/2017). In quest'ottica, la presa in consegna dell'opera da parte del committente non equivale, ipso facto, ad accettazione della medesima senza riserve, e quindi ad un'accettazione tacita pur in difetto di verifica, ex art. 1665, comma 4 c.c.; occorre, infatti, stabilire in concreto se nel comportamento delle parti siano o meno ravvisabili elementi contrastanti con la presunta volontà di accettare l'opera senza riserve.

Il principio secondo cui il prezzo non è esigibile se il committente riceve l'opera con riserva presuppone, per la sua applicabilità, che la riserva sia giustificata, cioè è applicabile in quanto l'opera presenti realmente i vizi rilevanti, ma se, a verifica eseguita, si accerta che l'opera non presentava i vizi denunciati, il pagamento del prezzo non può più essere differito con l'eccezione di inesatto adempimento, ma deve seguire senza ulteriore indugio (Cass. n. 23556/2020).

Premesso che le variazioni di cui all'art. 1660 c.c. sono quelle non previste nel progetto, ma rese necessarie dall'esecuzione dell'opera, le stesse, ove strettamente necessarie per la realizzazione dell'opera, possono essere eseguite dall'appaltatore senza la preventiva autorizzazione del committente ma, in tal caso, ove manchi l'accordo tra le parti, spetta al giudice accertarne la necessità e determinare il corrispettivo delle relative opere, parametrandolo ai prezzi unitari previsti nel preventivo ovvero ai prezzi di mercato correnti (Cass. II, n. 10891/2017).

Le nuove opere richieste dal committente costituiscono varianti in corso d'opera ove, pur non comprese nel progetto originario, siano necessarie per l'esecuzione migliore ovvero a regola d'arte dell'appalto o, comunque, rientrino nel piano dell'opera stessa e, invece, sono lavori extracontrattuali se siano in possesso di una individualità distinta da quella dell'opera originaria pur ad essa connessi ovvero ne integrino una variazione quantitativa o qualitativa oltre i limiti di legge, sicché, nel primo caso, l'appaltatore è, in linea di principio, obbligato ad eseguirle, mentre, nel secondo, le opere debbono costituire oggetto di un nuovo appalto (Cass. II, n. 9767/2016).

Con riguardo ai vizi dell'opera conosciuti o riconoscibili, il committente che non abbia accettato l'opera medesima non è tenuto ad alcun adempimento, a pena di decadenza, per far valere la garanzia dell'appaltatore poiché, ai sensi dell'art. 1667, comma 1 c.c., solo tale accettazione comporta liberazione da quella garanzia (Cass. II, n. 14136/2016).

Le difformità ed i vizi dell'opera

Per la determinazione dell'oggetto, non è necessario che l'opera sia specificata in tutti i suoi particolari, ma è sufficiente che ne siano fissati gli elementi fondamentali. Ne consegue che eventuali deficienze ed inesattezze riguardanti taluni elementi costruttivi non costituiscono causa di nullità, quando non siano rilevanti ai fini della realizzazione dell'opera e non ne impediscano l'agevole individuazione, nella sua consistenza qualitativa e quantitativa, mediante il ricorso ai criteri generali della buona tecnica costruttiva ed alle cd. regole d'arte, le quali devono adeguarsi alle esigenze e agli scopi cui l'opera è destinata (Cass. n. 133/2020).

Ai fini della decadenza dal diritto di far valere la garanzia per i vizi dell'opera, il dies a quo del relativo termine coincide, ai sensi dell'art. 1667, comma 2 c.c., con il giorno della scoperta dei vizi, che presuppone la consegna dell'opera (Cass. II, n. 1748/2018). In particolare, qualora l'opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all'esterno, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia, ai sensi dell'art. 1667, comma 3 c.c., decorre dalla scoperta dei vizi, la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, conoscenza che può ritenersi comunque avvenuta, senza la necessità di una verifica tecnica dei vizi stessi, secondo l'accertamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato (Cass. VI, n. 14199/2017).

Nel contratto di appalto il committente, che lamenti difformità o difetti dell'opera, può richiedere, a norma dell'art. 1668, comma 1 c.c., che le difformità o i difetti siano eliminati a spese dell'appaltare mediante condanna da eseguirsi nelle forme previste dall'art. 2931 c.c., oppure che il prezzo sia ridotto e, in aggiunta o in alternativa, che gli venga risarcito il danno derivante dalle difformità o dai vizi. La prima domanda, infatti, che postula la colpa dell'appaltatore, è utilizzabile per il ristoro del pregiudizio che non sia eliminabile mediante un nuovo intervento dell'appaltatore (come nel caso di danni a persone o a cose, o di spese di rifacimento che il committente abbia provveduto a fare eseguire direttamente); la seconda, che prescinde dalla colpa dell'appaltatore tenuto comunque alla garanzia, tende a conseguire un minus rispetto alla reintegrazione in forma specifica, della quale rappresenta il sostitutivo legale, mediante la prestazione della eadem res debita, sicché deve ritenersi ricompresa, anche se non esplicitata, nella domanda di eliminazione delle difformità o dei vizi (Cass. II, n. 24305/2017). Trattandosi di azioni comunque riferibili alla responsabilità connessa alla garanzia per vizi o difformità dell'opera e destinate a Integrarne il contenuto, i termini di prescrizione e di decadenza di cui al citato art. 1667 c.c. si applicano anche all'azione risarcitoria, atteso che il legislatore ha inteso contemperare l'esigenza della tutela del committente a conseguire un'opera immune da difformità e vizi con l'interesse dell'appaltatore a un accertamento sollecito delle eventuali contestazioni in ordine a un suo inadempimento nell'esecuzione della prestazione (Cass. II, n. 20839/2017). I termini di prescrizione e di decadenza di cui al citato art. 1667 c.c. si applicano anche all'azione di risoluzione del contratto art. 1668, comma 2 c.c. (Cass. II, n. 3199/2016). Ovviamente, il risarcimento del danno in caso di vizi dell'opera appaltata è rimedio alternativo e autonomo rispetto alle tutele (riduzione del prezzo e risoluzione) approntate a favore del committente dall'art. 1668 c.c., e normalmente consistente nel ristoro delle spese sopportate dall'appaltante per provvedere, a cura di terzi, ai lavori ripristinatori (Cass. II, n. 5877/2017).

Peraltro, in ipotesi di appalto non pervenuto al suo normale epilogo, e cioè al completamento ed alla consegna alla parte committente dell'intera opera appaltata, è da escludere l'applicabilità dell'art. 1667, comma 2 c.c. circa i termini di decadenza, riguardando tale disposizione solo l'appalto esaurito con l'ultimazione dell'opera (Cass. II, n. 6284/2015). L'operatività della speciale garanzia ex art. 1668 c.c., infatti, presuppone il totale compimento dell'opera, mentre può essere fatta valere la comune responsabilità contrattuale exartt. 1453 e 1455 c.c., non preclusa dalle disposizioni di cui agli artt. 1667 e 1668 c.c., in quali integrano, senza negarli, i normali rimedi in materia di inadempimento contrattuale (Cass. II, n. 1186/2015).

Ove il committente esperisca i rimedi riparatori previsti in caso di difetti dell'opera appaltata, egli deve conseguire la medesima utilità economica che avrebbe ottenuto se l'inadempimento dell'appaltatore non si fosse verificato, utilità la quale va posta in relazione, nei limiti del valore dell'opera o del servizio, al quantum necessario per l'eliminazione dei vizi e delle difformità oppure al quantum monetario per cui gli stessi vizi e difformità incidono sull'ammontare del corrispettivo in denaro pattuito (Cass. II, n. 4161/2015).

L'impegno dell'appaltatore ad eliminare i vizi della cosa o dell'opera costituisce, alla stregua dei principi generali non dipendenti dalla natura del singolo contratto, fonte di un'autonoma obbligazione di facere, la quale si affianca all'originaria obbligazione di garanzia, senza estinguerla, a meno di uno specifico accordo novativo; tale obbligazione, pertanto, è soggetta non già ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella di garanzia, ma all'ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l'inadempimento contrattuale (Cass. II, n. 62/2018).

Quanto alla distribuzione dell'onere della prova, la sentenza della Seconda Sezione (Cass. n. 19146/2013) ha stabilito, in lineare applicazione del principio di vicinanza della prova, che, in tema di garanzia per difformità e vizi, l'accettazione dell'opera segna il discrimine ai fini della distribuzione dell'onere della prova, nel senso che, fino a quando l'opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell'esistenza dei vizi, gravando sull'appaltatore l'onere di provare di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte, mentre, una volta che l'opera sia stata positivamente verificata, anche per facta concludentia, spetta al committente, che l'ha accettata e che ne ha la disponibilità fisica e giuridica, dimostrare l'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate.

La responsabilità per rovina e gravi difetti di immobili

L'operatività della garanzia di cui all'art. 1669 c.c. si estende anche ai gravi difetti della costruzione che non riguardino il bene principale, ricomprendendo ogni deficienza o alterazione che vada ad intaccare in modo significativo sia la funzionalità che la normale utilizzazione dell'opera, senza che abbia rilievo, in senso contrario, l'esiguità della spesa occorrente per il relativo ripristino (Cass. II, n. 1751/2018). Possono costituire gravi difetti dell'edificio ai sensi dell'art. 1669 c.c. anche le carenze costruttive dell'opera, intesa quale singola unità abitativa, che pregiudichino in modo grave il normale godimento, la funzionalità e/o l'abitabilità dell'immobile (Cass. II, n. 15846/2017). Sono gravi difetti dell'opera, rilevanti ai fini dell'art. 1669 c.c., anche quelli che riguardino elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, etc.), purché tali da comprometterne la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo (Cass. S.U., n. 7756/2017).

L'azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall'art. 1669 c.c., può essere esercitata, non solo dal committente contro l'appaltatore ma, anche dall'acquirente contro il venditore che abbia costruito l'immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell'opera nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti e sempre che si tratti di difetti gravi che pregiudichino il grave godimento o la funzionalità dell'immobile (Cass. 20877/2020).

La responsabilità ex art. 1669 c.c. trova applicazione, oltre che nei casi in cui il venditore abbia provveduto alla costruzione con propria gestione di uomini e mezzi, anche nelle ipotesi in cui, pur avendo utilizzato l'opera di soggetti estranei, la costruzione sia comunque a lui riferibile in tutto o in parte, per avere a essa partecipato in posizione di autonomia decisionale, mantenendo il potere di coordinare lo svolgimento della altrui attività o di impartire direttive o di sorveglianza, sempre che la rovina o i difetti dell'opera siano riconducibili alla attività da lui riservatasi (Cass. II, n. 4055/2018; conf. Cass. n. 777/2020).

La responsabilità dell'appaltatore per rovina e difetti di cose immobili opera anche in relazione ai lavori di ristrutturazione edilizia e, in genere, agli interventi manutentivi o modificativi di lunga durata su immobili preesistenti, che rovinino oppure presentino evidente pericolo di rovina o gravi difetti incidenti sul godimento e sulla normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo (Cass. S.U., n. 7756/2017).

La responsabilità ex art. 1669 c.c. trova applicazione, oltre che nei casi in cui il venditore abbia provveduto alla costruzione con propria gestione di uomini e mezzi, anche nelle ipotesi in cui, pur avendo utilizzato l'opera di soggetti estranei, la costruzione sia comunque a lui riferibile in tutto o in parte, per avere a essa partecipato in posizione di autonomia decisionale, mantenendo il potere di coordinare lo svolgimento della altrui attività o di impartire direttive o di sorveglianza, sempre che la rovina o i difetti dell'opera siano riconducibili alla attività da lui riservatasi (Cass. II, n. 4055/2018).

L'ipotesi di responsabilità regolata dall'art. 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e, conseguentemente, nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l'appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione della cosa, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell'evento dannoso, costituito dall'insorgenza dei vizi in questione (Cass. II, n. 26552/2017). Poiché in tale forma di responsabilità nella stessa possono incorrere – a titolo di concorso – con l'appaltatore che ha abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell'opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell'evento dannoso, sul piano processuale la situazione indicata dà luogo a rapporti distinti, tecnicamente a cause scindibili, che rimangono tali anche se trattate congiuntamente, e all'interesse sostanziale di ciascuna parte corrisponde, né potrebbe essere altrimenti, un interesse autonomo alla impugnazione, sicché il termine per proporla non può essere unitario, ma decorre dalla data delle singole notificazioni, a ciascuno dei titolari dei diversi rapporti definiti con l'unica sentenza (Cass. II, n. 18831/2016).

È importante la precisazione offerta da Cass. II, n. 28233/2017, secondo cui la responsabilità regolata dall'art. 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura non contrattuale, derivando, ex art. 1173 c.c., da un fatto idoneo a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico; da ciò consegue che, nel caso in cui l'opera appaltata non venga ultimata, non trovano applicazione le norme dettate in tema di risoluzione del contratto per inadempimento dagli artt. 1453 e seguenti del codice civile, dovendosi far riferimento in via esclusiva all'art. 1669 c.c.. Più precisamente, la disciplina generale in tema d'inadempimento contrattuale, di cui all'art. 1453 c.c., è integrata, ma non esclusa, da quella speciale di cui agli artt. 1667,1668 e 1669 c.c., sul piano della comune responsabilità contrattuale, nel caso in cui l'appaltatore abbia violato le prescrizioni pattuite, per l'esecuzione dell'opera o le regole imposte dalla tecnica; diversamente, nel caso di opera commissionata, ma non portata a termine, troverà applicazione, in via esclusiva, la disciplina dettata dall'art. 1669 c.c..

La circostanza che il venditore sia anche il costruttore del bene compravenduto non vale ad attribuirgli le veste di appaltatore nei confronti dell'acquirente, con la conseguenza che quest'ultimo non acquista la qualità di committente nei confronti del primo. L'acquirente non può pertanto esercitare l'azione per ottenere l'adempimento del contratto d'appalto e l'eliminazione dei difetti dell'opera a norma degli artt. 1667 e 1668 c.c., spettando tale azione, di natura contrattuale, esclusivamente al committente nel contratto d'appalto, diversamente da quella prevista dall'art. 1669 c.c. di natura extracontrattuale operante non solo a carico dell'appaltatore ed a favore del committente, ma anche a carico del costruttore ed a favore dell'acquirente (Cass. II, n. 26574/2017).

Il termine annuale previsto, a pena di decadenza, dall'art. 1669, comma 1 c.c. per la denuncia dei gravi difetti dell'opera appaltata decorre dal giorno in cui il committente (o l'acquirente) abbia conseguito un apprezzabile grado di conoscenza obbiettiva della gravità dei difetti stessi e della loro derivazione eziologica dall'imperfetta esecuzione dell'opera (Cass. II, n. 24486/2017). In particolare, tale termine annuale di decadenza decorre dal momento in cui il denunziante abbia acquisito un apprezzabile grado di conoscenza, seria ed obiettiva, non soltanto delle gravità dei difetti della costruzione, ma anche dell'incidenza di essa sulla statica e sulla possibilità di lunga durata e del collegamento causale dei dissesti all'attività di esecuzione dell'opera non essendo sufficiente, di regola, per il decorso del termine suddetto, la constatazione di segni esteriori di danno o di pericolo, salvo che si tratti di manifestazioni indubbie come cadute o rovine estese (Cass. VI, n. 23297/2017).

Il risarcimento del danno riconosciuto al committente per l'eliminazione dei (gravi) difetti di costruzione dell'immobile può giungere a consentire la completa ristrutturazione di quest'ultimo, comportando tale responsabilità un'obbligazione risarcitoria per equivalente finalizzata al totale ripristino dell'edificio, e non una reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 c.c. (Cass. II, n. 15846/2017). In caso di difetti nella costruzione, l'appaltatore può essere, pertanto, condannato a rifare tutta l'opera e non soltanto al ripristino della sola parte danneggiata o al rimborso del corrispettivo del danno (si pensi all'imperfetta pavimentazione di un appartamento).

Il committente di un immobile che presenti “gravi difetti” può invocare, oltre al rimedio risarcitorio del danno (contemplato soltanto dall'art. 1669 c.c.), anche quelli previsti dall'art. 1668 c.c. (eliminazione dei vizi, riduzione del prezzo, risoluzione del contratto) con riguardo ai vizi di cui all'art. 1667 c.c., purché non sia incorso nella decadenza stabilita dal comma 2 di quest'ultimo, dovendosi ritenere che, pur nella diversità della natura giuridica delle responsabilità rispettivamente disciplinate dalle anzidette norme (l'art. 1669 c.c., quella extracontrattuale, l'art. 1667 c.c., quella contrattuale), le relative fattispecie si configurino l'una (l'art. 1669 c.c.) come sottospecie dell'altra (art. 1667 c.c.), perché i “gravi difetti” dell'opera si traducono inevitabilmente in “vizi” della medesima, sicché la presenza di elementi costitutivi della prima implica necessariamente la sussistenza di quelli della seconda, continuando ad applicarsi la norma generale anche in presenza dei presupposti di operatività di quella speciale, così da determinare una concorrenza delle due garanzie, quale risultato conforme alla ratio di rafforzamento della tutela del committente sottesa allo stesso art. 1669 c.c. (Cass. I, n. 815/2016).

La distinzione tra contratto d'opera e contratto d'appalto d'opera

L'esecuzione di un'opera può essere realizzata nel contesto di un contratto di appalto oppure di un contratto d'opera e, soprattutto, quando sorgono dei vizi e conseguenti danni da risarcire sorge l'esigenza di qualificare il rapporto instaurato tra committente e esecutore materiale dell'opera.

Entrambi i contratti sono descritti e regolati dal codice civile (rispettivamente, agli artt. 2222 e 1655 c.c.), ma non sempre è possibile distinguere quale dei due tipi contrattuali è stato scelto dalle parti (in quanto, ad esempio, non viene concordato nulla per iscritto).

Cass. n. 27258/2017 ha stabilito che il contratto d'opera e contratto d'appalto hanno in comune l'obbligazione verso il committente di compiere, a fronte di corrispettivo, un'opera senza vincolo di subordinazione e con assunzione del rischio da parte di chi li esegue.

Con il contratto d'opera art. 2222 c.c. una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Mentre con il contratto di appalto una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.

La prima differenza che si nota nei due contratti è data dal corrispettivo, che, mentre nel contratto di appalto è solo in denaro, in quello d'opera può essere anche non limitato al denaro.

Una seconda differenza è data dal fatto che il contratto d'opera la prestazione è personale, nel senso che il codice non richiede a colui che esegua l'opera particolari caratteristiche o requisiti, purché l'esecuzione avvenga a seguito di lavoro prevalentemente personale. Al contrario, nel contratto di appalto l'appaltatore deve avere un'organizzazione a propria disposizione che permetta l'esecuzione dell'opera. Il discrimine tra contratto d'opera e contratto di appalto risiede, dunque, nella presenza, nel primo caso, del lavoro proprio del contraente (anche se coadiuvato da componenti della famiglia o da collaboratori) e – nell'altro caso – in una organizzazione stabile d'impresa in cui l'appaltatore si avvale del lavoro subordinato altrui (Trib. Arezzo, n. 533/2018).

Inoltre, la distinzione tra contratto d'opera e contratto d'appalto si basa sul criterio della struttura e dimensione dell'impresa a cui sono commissionate le opere, il contratto d'opera essendo quello che coinvolge la piccola impresa desumibile dall'art. 2083 c.c., ed il contratto di appalto postulando un'organizzazione di media o grande impresa cui l'obbligato è preposto richiede un imprenditore commerciale.

La prova della qualifica di imprenditore o delle dimensioni dell'azienda, ai fini della qualifica del contratto, può essere anche raggiunta in modo indiretto sulla base dell'importanza o della complessità dell'opera. L'identificazione della natura dell'impresa è rimessa al giudice di merito, coinvolgendo una valutazione delle risultanze probatorie e dei necessari elementi di fatto. Certo è che la qualifica di imprenditore non è l'elemento prevalente per distinguere il contratto d'opera dal contratto di appalto, a meno che non esistano altri elementi probatori (ad esempio, un contratto scritto). Quindi, se mancano circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si sia riservato l'organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, il rischio del conseguimento del risultato ripromessosi, la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l'esecuzione di un'opera o di un servizio fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d'appalto e non di opera, essendo l'appalto caratterizzato dalla organizzazione imprenditoriale dell'appaltatore.

Le garanzie per vizi e difetti nel contratto appalto e nel contratto d'opera sono regolate in modo simile (rispettivamente, artt. 1667 e 2226 c.c.). Colui che realizza l'opera dovrà attenersi alle buone regole costruttive, in modo da assicurare al committente che l'opera dedotta in contratto sia eseguita conformemente alle norme della tecnica non solo nella fase realizzativa ma anche con riguardo al risultato finale. Ne consegue che colui che esegue l'opera deve rilevare al committente gli eventuali difetti delle strutture di base su cui l'opera a lui commissionata deve necessariamente innestarsi, quando questi siano tali da non garantirne la buona riuscita, allorché di tali difetti egli si sia avveduto oppure quando essi non potevano né dovevano sfuggirgli se avesse fatto uso della normale diligenza nell'ambito delle cognizioni tecniche che gli sono richieste.

Ove facciano difetto circostanze di fatto atte a dimostrare che il committente si sia riservato l'organizzazione e la divisione del lavoro e degli strumenti tecnici, assumendo, quindi, il rischio del conseguimento del risultato ripromessosi, la qualità di imprenditore del soggetto cui sia stata affidata l'esecuzione di un'opera o di un servizio fa presumere che le parti abbiano inteso stipulare un contratto d'appalto e non di opera. In applicazione di tale principio, Cass. II, n. 27258/2017, ha confermato la sentenza impugnata, la quale, muovendo dall'importanza dell'opera commissionata – riguardante l'impermeabilizzazione dei lastrici solari di copertura di un fabbricato condominiale – e tenendo conto del fatto che questa era stata affidata ad una ditta specializzata, aveva ritenuto che la sua esecuzione presupponesse un'organizzazione di impresa tale da ricondurre il contratto alla figura dell'appalto.

Il contratto d 'appalto di opere pubbliche: l 'evoluzione normativa

La Legge di bilancio 2019 (l. n. 145/2018) ha introdotto due significative novità nel campo degli affidamenti pubblici, pur senza apportare direttamente alcuna modifica al Codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 50/2016.

L'art. 1, comma 130 della l. n. 145/2018 ha disposto l'innalzamento da 1.000 a 5.000 euro del limite di importo oltre il quale le amministrazioni pubbliche sono obbligate a effettuare acquisti di beni e servizi facendo ricorso al Mercato Elettronico della PA (MEPA), lo strumento di eProcurement pubblico gestito da Consip per conto del Ministero Economia e Finanze.

È opportuno ricordare che il mancato rispetto dell'obbligo di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip - tra i quali il MEPA - determina:

- la nullità del relativo contratto;

- l'illecito disciplinare del funzionario dell'ente;

- la responsabilità amministrativa del funzionario dell'ente (art. 1 del d.l. 95/2012, comma 1).

A sua volta, l'art. 1, comma 912 della l.  n. 145/2018 ha (recte, aveva) introdotto, fino al 31 dicembre 2019, una deroga all'art. 36, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, al fine di elevare la soglia prevista per l'affidamento di lavori con procedura diretta fino a 150.000 euro, e applicare la procedura negoziata, previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici, per lavori da 150.000 euro fino a 350.000 euro.

In sintesi, il Codice dei contratti pubblici disciplina gli affidamenti di lavori:

- per importi inferiori a 40.000 euro, mediante procedura diretta, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici (art. 36, comma 2, lettera a), d.lgs. n. 50/2016);

- per importi da 40.000 euro e fino a 150.000 euro, mediante procedura negoziata, previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici (art. 36, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 50/2016);

- per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno quindici operatori economici, ove esistenti (art. 36, comma 2, lettera c), d.lgs. n. 50/2016).

Per effetto della deroga introdotta dalla disposizione menzionata, le stazioni appaltanti per il 2019 avrebbero potuto procedere all'affidamento di lavori:

- di importo pari o superiore a 40.000 e inferiore a 150.000 mediante affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di 3 operatori economici;

- di importo pari o superiore a 150.000 e inferiore a 350.000, mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici.

 Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 17 giugno 2019 della legge 14 giugno 2019, n. 55, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici» è terminata la prima delle due fasi previste per la revisione dell'impianto normativo che regola i contratti pubblici. Il Governo ha, infatti, previsto una prima fase con le modifiche ritenute più urgenti e una seconda con la definizione di una legge delega (già approvata in Consiglio dei Ministri) con la quale saranno definiti i paletti per un nuovo decreto legislativo.

Il d.l. n. 32/2019 (c.d. Decreto Sblocca Cantieri), nato come provvedimento d'urgenza, apporta così tante modifiche al d.lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti) da poter essere considerato un vero e proprio correttivo arrivato dopo la pubblicazione dell'avviso di rettifica 15 luglio 2016 (Gazzetta Ufficiale 15/07/2016, n. 164), che ha apportato 167 modifiche al Codice dei contratti, e del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (Gazzetta Ufficiale 05/05/2017, n. 103 - Supplemento Ordinario) con le sue 441 modifiche apportate a circa 130 articoli del Codice.

A distanza di appena tre anni dall'entrata in vigore del Codice dei contratti si può, dunque, parlare di tre grandi provvedimenti di modifica, a cui (molto probabilmente e se i tempi lo consentiranno) seguirà una nuova legge delega e un nuovo decreto legislativo che avrà il compito di revisionare completamente la materia.

Tornando allo Sblocca Cantieri, il d.l. n. 32/2019 (cui si rinvia) apporta altre 53 grosse modifiche al Codice dei contratti e tra queste prevede la sospensione fino al 31 dicembre 2020 di 3 disposizioni che hanno costituito la colonna portante della riforma del 2016:

•                l'art. 37, comma 4, che fa ritornare la concezione di stazioni appaltanti “diffuse”;

•                art. 59, comma 1, quarto periodo, con la quale viene sospeso il divieto dell'appalto integrato;

•                art. 77, comma 3, con l'effetto di sospendere l'obbligo di ricorrere all'albo unico dei commissari di gara gestito dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (la cui entrata in vigore era stata più volte sospesa dall'ANAC).

A neanche tre anni dall'adozione del d.lgs. n. 50/2016 che, con riferimento ad importanti parti in esso contenute, resta ancora largamente inattuato (si pensi al sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, all' Albo dei commissari per la valutazione delle offerte tecniche, ecc.), oggi che le imprese avevano appena iniziato a conoscerne le norme principali, molto probabilmente si profila, pertanto, un nuovo Codice degli Appalti che tra poco più di un anno potrebbe essere adottato.

Il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato un disegno di legge delega che incarica il Governo ad adottare entro un anno uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni in materia dei contratti pubblici, nel rispetto delle direttive comunitarie 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE, adottando un nuovo codice dei contratti pubblici in sostituzione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ovvero modificando quello esistente per quanto necessario.

La finalità che ha determinato questo nuovo impulso riformatore della normativa in materia di contratti pubblici è una maggior celerità e semplificazione delle procedure di gara, specie se sotto soglia comunitaria ed in particolare per il settore dei lavori pubblici, sull'assunto che velocizzare e snellire l'iter consenta maggior rapidità in sede di esecuzione.

I dubbi in ordine ad un tale approccio si sostanziano nel fatto che un'eccessiva velocizzazione dell'iter di gara può determinare gravi problematiche in sede di esecuzione dell'appalto. Invero, un'accelerata e superficiale procedura per l'individuazione dell'impresa aggiudicataria può risultare deleteria se in sede di esecuzione la stazione appaltante si accorga di non aver selezionato il contraente “corretto”, vedendosi così costretta a rescindere il contratto e ribandire la gara.

Profili fiscali

In materia di imposizione diretta, il contratto di appalto è considerato una prestazione di servizi, con la conseguenza che i corrispettivi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate, cioè al momento in cui il committente abbia definitivamente accettato l'opera senza riserve. Nell'ipotesi che il contratto di appalto preveda pagamenti per stati di avanzamento lavori (SAL), si dovrà avere riguardo alle singole incondizionate accettazioni della parte di opere di cui ai vari SAL (C.t.p. Alessandria, n. 26/2012).

In tema di imposta sul reddito di impresa, e con riferimento ai contratti di appalto, concorrono alla formazione del reddito d'impresa, in un periodo determinato, esclusivamente i ricavi per i corrispettivi dei lavori ultimati, ovverosia di quelli in ordine ai quali sia intervenuta l'accettazione del committente, derivante dalla positiva esecuzione del collaudo o conseguente all'espressione, per facta concludentia, di una volontà incompatibile con la mancata accettazione (c.d. accettazione tacita), secondo quanto stabilito nell'art. 1665 commi 2 e 3 c.c. (Cass. n. 3204/2015). Pertanto, è onere dell'Amministrazione finanziaria provare se e quando sia intervenuta l'accettazione da parte del committente (Cass. trib., n. 10818/2010).

Per la Cass. V, n. 32958/2018, in virtù del principio di competenza nell'imputazione temporale dei componenti di reddito, avente carattere inderogabile, con riferimento ai contratti di appalto, concorrono alla formazione del reddito d'impresa, in un periodo determinato, esclusivamente i ricavi per i corrispettivi dei lavori ultimati, ossia per i quali sia intervenuta l'accettazione del committente, derivante dalla positiva esecuzione del collaudo o conseguente all'espressione, per facta concludentia, di una volontà incompatibile con la mancata accettazione, secondo quanto stabilito nell'art. 1665, comma 2 e 3, c.c.

In tema di appalto d'opera edilizia, è valido il patto con il quale il committente si obbliga a rimborsare all'appaltatore, a una data prefissata, l'IVA nella misura ordinaria, a prescindere dall'eventuale spettanza dell'agevolazione per la “prima casa”, atteso che tale patto, stipulato nell'incertezza circa l'effettiva spettanza dell'agevolazione, non deroga alla normativa fiscale, ma si limita a consentire all'imprenditore di versare l'imposta ordinaria entro gli stringenti termini di legge, restando salva la facoltà per il cliente – ove successivamente emergano le condizioni per fruire dell'aliquota ridotta – di agire per il recupero dell'eccedenza nei confronti dell'amministrazione finanziaria, beneficiaria ultima del pagamento indebito (Cass. II, n. 22831/2012).

Ai fini dell'applicazione dell'aliquota IVA agevolata del dieci per cento sulle prestazioni aventi per oggetto gli interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati, fino alla data del 31 dicembre 2003, su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata (art. 7, comma 1, lett. b) l. n. 488/1999), deve tenersi conto unicamente del valore della prestazione effettuata e non anche di quello dei materiali ceduti, indipendentemente dalla qualificazione del titolo contrattuale (appalto o vendita) derivante dal diritto civile, deponendo nel senso indicato il fondamento comunitario della normativa in esame (direttiva 1999/85/CE del Consiglio del 22 ottobre 1999), che, oltre a prescriverne un'interpretazione rigorosa, esclude espressamente i materiali che costituiscono una parte significativa del valore della fornitura (Cass. trib., n. 26821/2014).

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