Il nuovo regime dei forfettari e il sistema dei controlli

29 Marzo 2019

Il regime forfettario approntato per le imprese e i professionisti e disciplinato dall'art. 1, commi 54 ss., della L. n. 190/2014 è stato profondamente rivisto dall'art. 1, comma 9, della L. n. 145/2018, a decorrere dal 1° gennaio 2019.
Regime forfettario per le imprese e i professionisti

Il regime forfettario approntato per le imprese e i professionisti e disciplinato dall'art. 1, commi 54 ss., della L. n. 190/2014 è stato profondamente rivisto dall'art. 1, comma 9, della L. n. 145/2018, a decorrere dal 1° gennaio 2019.

Da un canto, alcune caratteristiche favorevoli di questo speciale sistema impositivo, così come innovato nel 2018 (le basse aliquote dell'imposizione sostitutiva in cui esso si sostanza* e l'inapplicabilità dell'IVA alle operazioni attive, ovvero alle prestazioni rese in favore dei clienti), dovrebbe spingere i contribuenti, secondo i suoi fautori, ad una maggiore fedeltà e trasparenza fiscale, rendendoli più disponibili a denunciare al fisco le entrate reddituali.

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Chi gode di questo regime è soggetto ad una tassazione sostitutiva dell'imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'imposta regionale sulle attività produttive. La base imponibile si calcola applicando una percentuale di redditività ai ricavi o ai compensi.

Il tasso percentuale è uguale al 15, ma scende al 5 in favore di chi avvia nuove attività. Di tale ultimo tasso si può fruire nell'anno iniziale e nei successivi quattro.

D'altra parte, secondo i critici, proprio l'appetibilità del regime in esame potrebbe indurre gli interessati a non dichiarare i propri emolumenti, per evitare la decadenza dal diritto di godere di questa benigna forma di tassazione (infatti l'unico requisito di accesso attualmente previsto consiste in un limite massimo alla consistenza dei ricavi ovvero dei compensi, che non devono superare, su base annuale, l'importo di 65.000 euro).

Inoltre l'indeducibilità dei costi e l'indetraibilità dell'IVA sulle operazioni passive potrebbe favorire gli acquisti “in nero” per risparmiare l'imposta sul valore aggiunto.

Si pone dunque il problema dei controlli da compiere nei riguardi dei soggetti forfettari.

Ricordo, in proposito, che l'art. 1, comma 74, della L. n. 190/2014 prevede “per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso” l'assoggettamento, in quanto compatibili, alle disposizioni vigenti in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di imposta regionale sulle attività produttive.

In caso di infedele indicazione, da parte dei contribuenti, dei dati attestanti i requisiti e le condizioni di cui ai commi 54 e 57 che determinano la cessazione del regime previsto, la misura delle sanzioni minime e massime è aumentata del 10 per cento, se il maggiore reddito accertato supera del 10 per cento quello dichiarato. Il regime forfetario cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, vengono meno le condizioni per la sua efficacia.

Assoggettamento accertamento analitico

Come qualunque persona fisica, il forfettario può innanzitutto essere assoggettato all'accertamento analitico.

Si rammenta che con questo tipo di controllo, l'ufficio individua singole, specifiche fonti reddituali non dichiarate dal contribuente, risalendo ai proventi da esse prodotti.

Il forfettario potrebbe essere titolare di beni o attività – diverse da quella di lavoro autonomo o di impresa – che generano entrate taciute al fisco.

Il reddito proveniente da altre fonti eventualmente accertato dall'ufficio non comporta alcun obbligo di abbandonare il sistema di tassazione forfettaria, in quanto, ai fini di questo sistema, rilevano solo i ricavi e i compensi ottenuti nello svolgimento del lavoro imprenditoriale o professionale.

Un'altra metodologia di controllo esercitabile nei confronti della platea dei forfettari è l'accertamento sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600/1973.

Quando utilizza questa procedura di analisi, l'ufficio ricostruisce il reddito complessivo del contribuente muovendo dal suo tenore di vita. L'amministrazione non viene distintamente a conoscenza di fatti e situazioni generatori di proventi tassabili, ma scopre l'esistenza di entrate non denunciate, traendone induttivamente la prova dalle spese sostenute dal contribuente (di qualunque genere), il cui importo eccede l'ammontare del reddito dichiarato al fisco (di almeno un quinto).

Ricordo che la determinazione sintetica può essere altresì fondata sulla capacità di spesa e sulla propensione al risparmio di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza, individuati con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale, sentiti l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori.

Il reddito reso noto spontaneamente al fisco dal forfettario potrebbe essere inadeguato a coprire i costi della vita, effettivamente sostenuti o attribuibili al contribuente in base a determinazioni induttive, che si reggono sui dati medi relativi alla propensione alla spesa e al risparmio elaborati per il gruppo in cui è inserito il contribuente, in considerazione del luogo in cui vive e della composizione della sua cellula familiare.

Poiché il fisco non è a conoscenza di altre fonti di reddito diverse dall'attività lavorativa, esso potrebbe ritenere che i maggiori introiti ricostruiti con il metodo sintetico derivino dalla predetta attività. Se questo fosse il convincimento e se la somma del reddito dichiarato e di quello accertato superasse la soglia di 65.000 euro, il contribuente perderebbe il diritto di fruire del regime forfettario a partire dall'anno successivo a quello oggetto di controllo.

Forme di controllo

Il forfettario, poi, in quanto titolare di un'attività d'impresa o di lavoro autonomo, è esposto all'esercizio delle forme di controllo appositamente stabilite per gli esercenti quei tipi di attività.

In concreto, peraltro, considerate alcune caratteristiche fondamentali del regime speciale in esame – l'esonero dagli adempimenti contabili e l'indeducibilità dei costi – e la probabile rarità delle verifiche in loco eseguite presso i forfettari (attività istruttorie troppo costose in termini di tempo e risorse da impiegare per verificare soggetti spesso economicamente e fiscalmente “marginali”), difficilmente si procederà verso tali soggetti ad un accertamento analitico contabile; visto poi che il forfettario avrà interesse a presentare la dichiarazione e ad indicare in essa (anche se eventualmente in modo non esatto) il reddito professionale o commerciale conseguito e non ha obblighi di tenuta della contabilità, è arduo immaginare spazi per un accertamento extracontabile (il quale presuppone, tra le ipotesi più significative, che il contribuente non abbia presentato la dichiarazione o l'abbia presentata ma non abbia ivi menzionato i redditi d'impresa o di lavoro autonomo o non abbia tenuto la contabilità o la abbia tenuta in modo complessivamente inattendibile).

Il metodo di ricostruzione reddituale più utilizzato per i forfettari sarà, quindi, l'accertamento analitico induttivo avente ad oggetto i ricavi o i compensi. La tendenza sarà probabilmente di fare riferimento a medie statistiche relative ai ricavi o ai compensi del settore di appartenenza del forfettario, da porre a confronto con l'importo dichiarato; la Cassazione ammette il ricorso a tecniche accertative semplificate e più “rudimentali” verso i contribuenti privi di impianti contabili analitici e accurati. Sarebbe opportuno combinare questo tipo di accertamento con un'analisi delle spese di vita, onde verificare preliminarmente se il reddito dichiarato sia bastevole per sostenerle o, in caso contrario, per corroborare le risultanze dell'accertamento analitico induttivo e la ripresa a tassazione.

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