Art. 141 cod. ass.: il diritto al risarcimento del trasportato non prescinde più dall'accertamento della responsabilità del suo conducente
01 Aprile 2019
Massima
Deve essere affermato il principio di diritto che l'art. 141 cod. ass., in conseguenza del riferimento al caso fortuito – nella giuridica accezione inclusiva di condotte umane – come limite all'obbligo risarcitorio dell'assicurazione del vettore verso il trasportato danneggiato nel sinistro, richiede che il vettore sia almeno corresponsabile del sinistro quale presupposto della condanna risarcitoria del suo assicuratore; una volta accertato l'an della responsabilità del vettore, non occorre accertare quale sia la misura di responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti, dovendo comunque l'assicuratore del vettore risarcire in toto il trasportato, salva eventuale rivalsa verso l'assicurazione di altro corresponsabile o di altri corresponsabili della causazione del sinistro. La totale assenza di responsabilità del vettore deve essere inoltre dimostrata dal suo assicuratore provando che il caso fortuito è stata l'unica causa del sinistro, salvo che l'assicuratore di un altro dei veicoli coinvolti non intervenga e non lo esoneri dall'obbligo risarcitorio dichiarando l'esclusiva responsabilità del proprio assicurato; in tal caso dovendo essere estromesso l'assicuratore del vettore, la domanda risarcitoria attorea si rivolge ex lege verso l'assicuratore intervenuto. Il caso
A seguito di un sinistro stradale, decedevano e riportavano lesioni i trasportati di una delle due vetture. Da tale vicenda si generavano due cause: quella promossa dai trasportati lesionati, dagli eredi delle vittime e dai congiunti nei confronti dell'assicurazione del vettore ex art. 141 cod. ass. e quella promossa dall'assicurazione del responsabile ai sensi dell'art. 140 cod. ass. nei confronti di tutti i potenziali danneggiati, congiunti dei deceduti compresi. Le due cause venivano riunite. La sentenza di secondo grado, in riforma di quella del Tribunale, escludeva qualsivoglia responsabilità del conducente sulla cui vettura vi erano i trasportati e condannava sia l'assicurazione del responsabile civile a risarcire i danneggiati che quella del vettore a risarcire i suoi trasportati ed i loro aventi causa. Ricorreva per cassazione quest'ultima compagnia e tutte le altre parti si difendevano con controricorso presentando ricorsi incidentali. Le questioni poste al vaglio della corte sono molteplici, complesse e, per quanto ci riguarda, attengono, sostanzialmente ai limiti all'applicabilità dell'art. 141 cod. ass. in caso di mancata responsabilità del vettore verso il trasportato. La questione
Il terzo trasportato ha diritto al risarcimento del danno «dall'impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge» solo (salve imprevedibili situazioni eccezionali) per la sua qualità di trasportato oppure se fatto costitutivo del suo diritto risarcitorio è pure la responsabilità del sinistro – totale o parziale – del vettore assicurato. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte si è trovata dinanzi ad un caso peculiare, derivato dalla scelta dei trasportati, pur convenuti in una causa ex art. 140 , promossa dalla compagnia assicuratrice dell'altro veicolo, di agire verso l'assicuratore del loro vettore per ottenerne il risarcimento dei danni che sarebbero derivati dallo stesso sinistro. Per risolvere la questione la Corte ha ritenuto ineludibile affrontare il “centro” dell'art. 141 cod. ass. e, quindi, la questione relativa alla sua operatività in mancanza di responsabilità del vettore assicurato. La Suprema Corte, con una pronuncia del tutto innovativa rispetto al consolidato panorama giurisprudenziale, ha cassato la decisione dei giudici di merito che avevano confermato la condanna dell'assicurazione del vettore al risarcimento dei danni in favore dei trasportati nonostante la totale assenza di responsabilità nella determinazione del sinistro del conducente, ritenendo invece necessario, per poter agire ai sensi dell'art. 141 cod. ass. direttamente nei confronti dell'assicuratore del vettore, accertare una sua seppur minima responsabilità. La “chiave di volta” utilizzata dalla Suprema Corte per superare il fino ad oggi “intoccabile” diritto del trasportato di vedersi riconosciuto il risarcimento ex art. 141 cod. ass. “a prescindere” dalla prova della responsabilità del sinistro, è stata la corretta interpretazione del contenuto del limite previsto all'ammissibilità di questa azione, dalla stessa norma individuato nel caso fortuito. Spiega la Suprema Corte, con una motivazione giuridicamente incontestabile, che il concetto giuridico di fortuito, così come elaborato da giurisprudenza e dottrina nei più disparati ambiti della responsabilità civile, include non solo il fatto naturale ma anche quello umano, rappresentato dalla condotta imprevedibile ed inevitabile del terzo che abbia inciso sulla verificazione del sinistro. Da tale interpretazione consegue che, in assenza di un'espressa restrizione del concetto di fortuito alle sole ipotesi naturali da parte del Legislatore - che non è dato rinvenire nell'art. 141 cod. ass. che si riferisce al “comune” caso fortuito -, non è legittimo escludere dal suo novero i fatti umani, perché in tal modo, si graverebbe l'assicuratore del vettore di una inammissibile responsabilità di tipo sostanzialmente oggettivo. Inclusi i fatti umani fra i limiti che la stessa norma impone alla sua applicabilità, ecco che anche la condotta imprevedibile ed inevitabile del terzo, e quindi del conducente antagonista, può costituire un'ipotesi fortuita per il vettore e rendere inapplicabile l'azione diretta ex art. 141 cod. ass.
Spiega la Cassazione che la regolazione della responsabilità dell'assicuratore del vettore mediante il criterio del caso fortuito genera due effetti, uno sostanziale e l'altro processuale: 1.- l'effetto sostanziale è, come si è visto, che la responsabilità dell'assicuratore del vettore non sussiste se causa del sinistro non è la condotta dell'assicurato, cioè il vettore; 2.- l'effetto processuale è che, non emergendo che il legislatore abbia derogato all'ordinario paradigma dell'onere probatorio del caso fortuito, l'attore/trasportato non ha alcun onere della prova a riguardo, perché sarebbe altrimenti gravato di una prova negativa – cioè di provare che non esiste il caso fortuito per dimostrare che esiste la responsabilità del convenuto -; è quindi il convenuto/assicuratore che ha l'onere probatorio della ricostruzione della vicenda sotto il profilo causale se intende eccepire che la sua origine eziologica sta nel caso fortuito.
Ne consegue - e in ciò si concretizza un evidente favor verso il trasportato - che il trasportato non è avvinto al paradigma probatorio dell'art. 2043 c.c., e neppure a quello dell'art. 2054 c.c., comma 2, non essendo tenuto a dimostrare le modalità in cui si è verificato il sinistro, dovendo soltanto provare la sua esistenza e il proprio conseguente danno. Sarà allora il convenuto, assicuratore del vettore, a dover dimostrare, per svincolarsi dall'obbligo ex adverso addotto come suo, che il caso fortuito è stata l'unica causa del sinistro. Quindi, secondo la Suprema Corte l'inciso «a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti" non va inteso “come se fosse il nucleo dirimente dell'art. 141, bensì deve essere coordinato con la prima parte della norma, e dunque letto nel senso che, se l'assicuratore del vettore non adempie all'onere impostogli dalla regola del caso fortuito di provare la totale derivazione dell'evento dannoso da questo, il processo non deve ulteriormente essere speso sul profilo della responsabilità, in quanto l'assicuratore del vettore è comunque tenuto a risarcire completamente il trasportato». Osservazioni
Nonostante il tenore letterale dell'art. 141 cod. ass. che stabilisce che il trasportato è risarcito a prescindere dalla responsabilità dei conducenti, salva l'ipotesi del caso fortuito, sia molto chiaro e nella sua applicazione pratica sia stato fin dalla sua introduzione utilizzato come strumento di favore per i danneggiati-trasportati che potevano limitarsi alla dimostrazione del danno e della sua derivazione causale dalla circolazione, in realtà questa previsione è stata da sempre oggetto di nutrite contestazioni che hanno condotto alla formazione di due contrapposti orientamenti dottrinari, il minore dei quali, oggi, ha trovato l'avvallo della giurisprudenza di legittimità. Secondo il maggioritario e fino ad oggi pacifico orientamento, il caso fortuito di cui all'art. 141 cod. ass. deve essere inteso in senso restrittivo e quindi non comprendere il fatto umano ma solo quello naturale (HAZAN, Guida all'indennizzo diretto e alle altre procedure liquidative, Milano, 2006, p. 329 ss.; ZORZIT, Il caso fortuito e l'art. 141 del codice delle assicurazioni: verso la soluzione dell'enigma?, in Danno e resp., 2007, 619). L'esclusione del fatto umano dal novero delle ipotesi fortuite nello specifico ambito del danno subito dal trasportato viene giustificata dal rispetto della ratio della norma che è agevolatoria degli interessi del trasportato che verrebbe del tutto frustrata se si optasse per l'opposto orientamento e dalla diversità che vi è fra queste fattispecie e quelle in cui il fatto umano è pacificamente incluso nel fortuito come, ad esempio, le ipotesi di cui all'art. 2051 c.c. Secondo questa impostazione, pertanto, il trasportato, per ottenere il risarcimento del danno compreso entro il massimale minimo di legge, non deve dimostrare la responsabilità di uno dei conducenti nella causazione del sinistro ma, rivolgendo la sua pretesa nei confronti della compagnia assicurativa del veicolo sul quale era trasportato, potrà limitarsi a dimostrare il danno e la sua derivazione causale dal sinistro poichè l'art. 141 cod. ass. ha lo scopo «di fornire al terzo trasportato uno strumento aggiuntivo di tutela, al fine di agevolare il conseguimento del risarcimento del danno nei confronti dell'impresa assicuratrice, risparmiandogli l'onere di dimostrare l'effettiva distribuzione della responsabilità tra i conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro», che verrebbe totalmente frustrato nel caso in cui gli si imponesse di dimostrare la responsabilità dei conducenti coinvolti (Cass. civ., n. 16181/2015; Cass. civ., n. 20654/2016). La giurisprudenza di merito si è mostrata conforme a quella della Cassazione e, nella pressoché totalità delle volte, ha escluso che all'interno del concetto di caso fortuito di cui all'art. 141 cod. ass., possa rientrare anche il fatto del terzo, richiamando la genesi della norma che trae origine dal principio disposto dalla Quinta Direttiva (Direttiva 05/14/CE) e dalle decisioni della giurisprudenza comunitaria rese sull'argomento (inter alia Corte Giust. Eu., 19 aprile 2007, AGCS 07, 1316; Corte Giust. Eu., 30 giugno 2005, Resp. civ. 06, 413), secondo le quali l'assicuratore del vettore dovrebbe sempre risarcire il trasportato a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro (Trib. Napoli, sez. VIII, 13 marzo 2017, n. 2961, in Redazione Giuffrè 2017). Secondo quest'ultima decisione del Tribunale di Napoli, se non si vuol svuotare del tutto la novità legislativa e la ratio ispiratrice della stessa, si deve convenire che con l'art. 141 cod. ass. si sia passati dalla precedente presunzione di colpa all'attuale presunzione di responsabilità che, appunto, sta a significare che il comportamento del responsabile è del tutto estraneo alla struttura della fattispecie, rimanendo quale unica causa esimente il fatto obiettivo costituito dalla forza maggiore, ossia una vis maior cui resisti non potest, e dalla condotta dello stesso danneggiato, che imprevedibilmente ed irrazionalmente abbia posto in essere una condotta ex se causativa del sinistro. Ne consegue che, secondo la maggioritaria giurisprudenza, il fortuito considerato dall'art. 141 cod. ass. deve essere limitato ad una categoria di fatti tra i quali non rientrano le condotte umane e quindi i comportamenti degli altri conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro (in questo senso si veda anche Trib. Torino, 11 ottobre 2007 Sez. IV, in Danno e resp. 2008, 349; Trib. Oristano, 23 giugno 2016, n. 564 in Ridare.it 2016). A tale consolidato orientamento dottrinario e giurisprudenziale, se ne è sempre contrapposto un altro: illustre ed autorevole dottrina aveva fin dalla pubblicazione della norma rilevato che fosse semplicistica la conclusione adottata dall'orientamento maggioritario, poiché ad una più approfondita disamina non si poteva ritenere sussistente un totale esonero probatorio in ordine alla responsabilità del vettore (ROSSETTI, Il diritto delle Assicurazioni, Padova, 2011, p. 472 ss.). A tale conclusione la richiamata dottrina giungeva, già allora, anticipando le argomentazioni svolte ora dalla Suprema Corte, e quindi tramite la corretta interpretazione del concetto di caso fortuito che, secondo pacifica giurisprudenza, comprende anche il fatto del terzo con la conseguenza che se l'assicuratore del vettore va esente dall'obbligo di pagamento ogni volta che dimostri il caso fortuito, non dovrebbe pagare nel caso in cui il sinistro sia attribuibile non a sua colpa ma, in via esclusiva, a quella, del tutto imprevedibile ed inevitabile, di un qualsiasi altro conducente. La conseguenza di tale argomentazione è logicamente quella che si legge oggi nella decisione in commento e cioè che nel giudizio promosso ex art. 141 cod. ass., sarebbe sempre necessario accertare che il vettore sia almeno corresponsabile del sinistro. Tale orientamento dottrinario, oggi recepito dalla decisione in commento, è stato in principio seguito da pochissime decisioni di merito (si è rinvenuta in questo senso la decisione del G.d.P. Milano, sez. IV, 14 novembre 2013, n. 113975 in Arch. Circolaz. e dei sinistri 2014, 1, 61) ed in qualche misura anche da una decisione della SC secondo la quale la responsabilità del vettore indica una presunzione iuris tantum che può essere superata con ogni mezzo di prova, con la implicita conseguenza che, nel caso in cui si dimostri la sua assenza di responsabilità, la domanda promossa nei suoi confronti ex art. 141 cod. ass. dovrebbe essere respinta poiché, altrimenti, non avrebbe senso parlare di presunzione superabile (Cass. civ. n. 6076/2016).
Con la decisione in commento la Suprema Corte ha chiaramente adottato le argomentazioni alla base dell'orientamento minoritario andando in tal modo a creare un contrasto che non potrà che essere risolto da un intervento delle Sezioni Unite. La problematica sta nel fatto che ad una certamente corretta e coerente interpretazione del caso fortuito che in questo ambito non può avere un'ampiezza diversa rispetto agli altri ambiti della responsabilità civile, consegue lo svilimento di una norma, la cui ratio innegabile è sempre stata quella di agevolare il danneggiato-trasportato nella procedura necessaria per ottenere il risarcimento del danno. L'impressione è che, a parte l'ineccepibile precisazione teorica sul concetto del caso fortuito, nella sua applicazione pratica il nuovo orientamento non piaccia a nessuno. Ai danneggiati perché prima di agire nei confronti dell'assicuratore del vettore dovrebbero accertarsi, anticipando in tal modo l'esito del giudizio, che il loro conducente sia almeno corresponsabile del sinistro poiché nel caso in cui la sua assicurazione dovesse dimostrare l'esclusiva responsabilità dell'altro conducente, oggi interpretabile come fortuito, non solo non otterrebbero alcun ristoro ma potrebbero essere anche condannati alla refusione delle spese, sicché se così interpretato l'istituto andrebbe pian piano a esaurire il suo momento di felice applicazione in favore della “classica” domanda nei confronti del responsabile e della sua assicurazione. Ma la novità non può piacere nemmeno alle compagnie che, ormai organizzate con il sistema Card per gestire le richieste dei trasportati provvedendo ai relativi rimborsi nelle stanze di compensazione, se tale nuovo orientamento dovesse consolidarsi, si ritroverebbero di fronte ad ingestibili “rimpalli” di responsabilità.
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