Consiglio di Stato sulla revisione dei prezzi

Redazione Scientifica
26 Marzo 2019

La disciplina della revisione del prezzo dei contratti pubblici di appalto di fornitura di beni e di servizi come prevista dall'art. 115 del D. Lgs. n. 163/2006 (applicabile pro tempore alla fattispecie) prevede l'obbligo di introdurre nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa una clausola di...

La disciplina della revisione del prezzo dei contratti pubblici di appalto di fornitura di beni e di servizi come prevista dall'art. 115 del D. Lgs. n. 163/2006 (applicabile pro tempore alla fattispecie) prevede l'obbligo di introdurre nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa una clausola di revisione periodica del prezzo, da attivare a seguito di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili sulla base dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura pubblicati annualmente a cura dell'Osservatorio dei contratti pubblici.

In mancanza della prevista pubblicazione dei costi standardizzati di cui all'art. 115 cit., è da ritenere che la revisione di cui all'art. 115 possa ragionevolmente essere ancora effettuata, come per il passato, sulla base dell'indice FOI pubblicato dall'ISTAT, che viene però considerato (salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa) come un limite massimo posto a tutela degli equilibri finanziari della pubblica amministrazione, e che pertanto non esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale.

I risultati del procedimento di revisione prezzi sono espressione di una facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015 n. 5375, Consiglio di Stato sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; sez. V, 3 agosto 2012 n. 4444; Corte di Cassazione, SS.UU. 30 ottobre 2014, n. 23067; 15 marzo 2011, n. 6016; 12 gennaio 2011, n. 511; 12 luglio 2010, n. 16285). A fronte di detto provvedimento, la posizione dell'appaltatore è, pertanto, di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465), in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008, n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.

Alla luce delle finalità di contenimento delle conseguenze economiche derivanti dall'alea gravante su entrambe le parti dell'appalto pubblico in caso di variazione dei prezzi, a tutela del loro reciproco affidamento, non apparirebbe conforme né ai principi di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. né ai criteri di ragionevolezza e proporzionalità sanciti dall'ordinamento nazionale e comunitario, un'interpretazione che, una volta riconosciuta la revisione dei prezzi, dovesse parametrare i conseguenti effetti economici al dato del tutto astratto e teorico della prevista ripartizione nel tempo del prezzo inizialmente pattuito, anziché al dato concreto e puntuale dei compensi effettivamente corrisposti, quali risultanti dalla relativa fatturazione, nel periodo considerato ai fini del calcolo della variazione del prezzo del servizio o della fornitura, a maggior ragione qualora, così come nel caso in esame, i prezzi corrisposti per le prestazioni oggetto del contratto di appalto non siano fisse, bensì variabili a seconda delle prestazioni effettivamente rese.

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