Se il difensore non inserisce il proprio indirizzo nel ReGIndE, l'atto viene depositato in cancelleria

Redazione scientifica
08 Aprile 2019

Se la notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza al difensore non è possibile a causa del mancato inserimento da parte del legale dell'indirizzo PEC nel registro generale degli indirizzi elettronici, la notificazione è eseguita esclusivamente mediante deposito dell'atto in cancelleria.

Difensore che non inserisce il proprio indirizzo nel ReGIndE. Trattando il ricorso per cassazione avverso una pronuncia di condanna per il reato di violenza sessuale ai danni di minori, la Corte ha osservato, preliminarmente, che non è stato possibile notificare via PEC l'avviso di fissazione dell'udienza alla parte civile costituita presso il domicilio del difensore, poiché quest'ultimo non ha inserito il proprio indirizzo nel ReGIndE (il registro generale degli indirizzi elettronici). La notifica, pertanto, è avvenuta esclusivamente mediante il deposito dell'atto in cancelleria.
A tal proposito, il collegio ha richiamato il disposto dell'art. 16 del d.l. n. 179/2012, secondo cui le notificazioni e le comunicazioni indirizzate a soggetti obbligati a munirsi di indirizzo PEC, che non hanno provveduto ad istituire un indirizzo o che non lo hanno comunicato, sono effettuate mediante deposito in cancelleria.

Deposito dell'atto in cancelleria. In linea con quanto già affermato per il caso di mancata ricezione dell'atto notificato via PEC a causa della saturazione dello spazio disco nella casella di posta, nel caso di specie, la Corte di cassazione ha trattato il giudizio, ribadendo che «in tema di notificazione al difensore mediante invio dell'atto tramite posta elettronica certifica (c.d. PEC), deve considerarsi regolarmente perfezionata la comunicazione o la notificazione mediante deposito in cancelleria, ai sensi dell'art. 16, comma 6, d.l. 16 ottobre 2012, n. 179 nel caso in cui detta notificazione non risulti possibile per mancato inserimento dell'indirizzo PEC nel registro generale degli indirizzi di cui all'art. 7, d. m. 21 febbraio 2011, n. 44».
Tanto premesso, la Corte ha rigettato il ricorso.

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