Smarrimento del bagaglio: condizioni e limitazioni convenzionali della responsabilità del vettore aereo internazionale

Paolo Mariotti
Raffaella Caminiti
11 Aprile 2019

In caso di smarrimento del bagaglio del passeggero, quale prova deve fornire il vettore aereo per liberarsi dalla presunzione di responsabilità a suo carico? E quali sono i limiti di responsabilità invocabili dal vettore stesso?
Massima

Lo smarrimento del bagaglio prima dell'affidamento al vettore aereo è oggettivamente una circostanza rilevante per la valutazione della responsabilità di quest'ultimo; il mancato esame da parte dei giudici del merito di detta circostanza, pur tempestivamente dedotta, integra il vizio di cui all'art. 360, n. 5 c.p.c.

Il caso

Una coppia di coniugi agiva in giudizio contro un tour operator e una compagnia aerea esponendo di aver acquistato un pacchetto turistico, con formula “tutto compreso”, per il soggiorno in un'isola, incluso il trasferimento in aereo affidato al vettore convenuto. Giunti a destinazione, agli attori non veniva riconsegnato il bagaglio, che era andato smarrito; chiedevano, quindi, la condanna delle due società convenute al risarcimento di tutti i danni subiti.

In primo grado, la domanda era accolta nei confronti del solo tour operator.

La sentenza era impugnata dai coniugi i quali, tra gli altri motivi d'appello, chiedevano l'accoglimento della domanda anche nei confronti della compagnia aerea.

La Corte condannava il vettore al risarcimento in favore degli appellanti unicamente del danno patrimoniale, ritenendo che il tour operator fosse il solo a dover rispondere del danno non patrimoniale da vacanza rovinata.

Per i giudici del gravame era rimasta indimostrata l'eccezione sollevata dalla compagnia aerea, secondo cui il bagaglio era andato smarrito perché sprovvisto di etichetta identificativa (così da impedirne la pronta individuazione e restituzione agli aventi diritto), e applicabile il limite di responsabilità vettoriale previsto dalla Convenzione di Montreal, anziché quello minore stabilito dalla Convenzione di Varsavia , in difetto di prova della mancata adesione (del Paese del vettore aereo) alla prima.

Avverso tale sentenza la compagnia di volo proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

Per quanto qui maggiormente rileva, con i primi due motivi la ricorrente censurava la decisione impugnata, rispettivamente, per vizio di omessa pronuncia e di omesso esame d'un fatto decisivo, deducendo di avere eccepito, sin dal primo grado di giudizio, che il bagaglio non le era mai stato affidato per essere andato smarrito durante la prima tratta del viaggio, effettuata dalla coppia con un volo operato da altra compagnia; con il quarto motivo, lamentava la violazione dell'art. 113 c.p.c. e dell'art. 22 della Convenzione di Varsavia, dovendo, se del caso, la sua responsabilità essere contenuta entro il limite di valore stabilito dalla suddetta convenzione.

La questione

In caso di smarrimento del bagaglio del passeggero, quale prova deve fornire il vettore aereo per liberarsi dalla presunzione di responsabilità a suo carico? E quali sono i limiti di responsabilità invocabili dal vettore stesso?

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno accolto parzialmente il ricorso, cassando la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinviando la causa alla Corte d'appello in diversa composizione, perché torni a esaminare il gravame del vettore, prendendo in considerazione la circostanza dell'affidamento del bagaglio, e stabilendo a chi è stato consegnato e quando è stato smarrito.

Osserva la Suprema Corte che, nel giudizio di merito, la compagnia aerea aveva ritualmente eccepito di non avere mai ricevuto in affidamento i bagagli, adducendo che essi erano andati perduti durante lo spostamento tra i due aeroporti, come provato dalla deposizione di un teste, il quale aveva riferito che i bagagli erano stati registrati nel primo aeroporto, senza tuttavia che tale dirimente circostanza fosse stata presa in esame dai giudici del gravame.

Lo smarrimento del bagaglio prima dell'affidamento al vettore aereo – si afferma nell'ordinanza – costituisce oggettivamente una circostanza rilevante per la valutazione della sua responsabilità, tempestivamente dedotta e della quale era stata fornita una prova astrattamente idonea a dimostrarne la veridicità, con ciò integrandosi i requisiti previsti per la sussistenza del vizio di omesso esame d'un fatto decisivo (Cass. civ., Sez. Un, 7 aprile 2014 n. 8053).

Per ciò che concerne l'applicabilità del limite di responsabilità vettoriale previsto dalla Convenzione di Varsavia del 1929 (ratificata e resa esecutiva con l. n. 841/1932, come integrata dal protocollo dell'Aja del 28/09/1955, ratificato con l. n. 1832/1962), sottolineano i Giudici che, in virtù del principio iura novit curia, spetta al giudice accertare d'ufficio l'esistenza e il contenuto della norma di diritto internazionale pattizio.

Dato che lo Stato di appartenenza della compagnia aerea ha firmato, ma non ratificato, la Convenzione di Montreal del 1999, va esclusa l'applicabilità al caso di specie del maggior limite di responsabilità da questa previsto.

Detta Convenzione – ratificata e resa esecutiva nel nostro ordinamento con l. n. 12/2004, sottoscritta dalla Comunità europea il 09/12/1999, approvata con decisione del Consiglio 2001/539/CE , oltre che riversata nel regolamento (CE) n. 889/2002 di modifica del regolamento (CE) n. 2027/97 – si applica ai trasporti internazionali, allorquando il luogo di partenza e quello di arrivo (che vi sia o meno interruzione di trasporto o trasbordo) sono situati sul territorio di due Stati contraenti, o sul territorio di un solo Stato contraente se è previsto uno scalo sul territorio di un altro Stato, anche se non contraente (art. 1 par. 2).

A nulla rileva – si premura di precisare la Corte nomofilattica – che il volo fosse partito dall'Italia poiché, pur avendo l'Unione Europea aderito alla Convenzione di Montreal, essa si applica soltanto ai vettori aerei comunitari, come espressamente previsto dai citati regolamenti.

Anche su questo punto la sentenza è stata cassata affinché il giudice del rinvio, nell'esaminare nuovamente il gravame della compagnia aerea, ove la questione non risulti assorbita, determini il quantum risarcitorio tenuto conto della limitazione di responsabilità prevista dalla Convenzione di Varsavia, in luogo di quella di Montreal.

Osservazioni

Espletate le pratiche per l'imbarco, al momento del chek-in il passeggero affida il proprio bagaglio alla custodia del vettore aereo, il quale, per andare esente da responsabilità in ipotesi di perdita o avaria, deve provare di avere adottato tutte le misure idonee per evitare il danno ai sensi dell'art. 1681 c.c., dell'art. 20 della Convenzione di Varsavia e dell'art. 17, par. 2 della Convenzione di Montreal (tra le tante, Trib. Messina, sez. I, 21 dicembre 2016, n. 3411; Trib. Messina, sez. II, 26 gennaio 2016, n. 206; Trib. Bari, 27 luglio 2015, n. 3493; Trib. Salerno, sez. II, 11 maggio 2015, n. 2092).

Il Codice della navigazione, all'art. 941, prevede che il trasporto aereo dei bagagli sia disciplinato, oltre che dall'art. 953, dalle norme comunitarie e internazionali in vigore nel nostro ordinamento.

Di sicuro rilievo è la Convenzione di Montreal per l'unificazione di alcune regole relative al trasporto aereo internazionale (non applicabile nella fattispecie), disciplinante al Capo III (artt. 17-37) la responsabilità del vettore e l'entità del risarcimento per danni.

Per le ipotesi di distruzione, perdita, deterioramento o ritardo nella riconsegna del bagaglio, l'art. 22 par. 2 fissa il tetto di «mille diritti speciali di prelievo» per passeggero (unità monetaria convenzionale di riferimento creata appositamente dal Fondo Monetario Internazionale, pari all'incirca a mille euro), «salvo dichiarazione speciale di interesse alla consegna a destinazione effettuata dal passeggero al momento della consegna al vettore del bagaglio, dietro pagamento di un'eventuale tassa supplementare»; con obbligo di risarcimento, in questo caso, sino a concorrenza della somma dichiarata, a meno che il vettore non dimostri che tale somma è superiore all'interesse reale del mittente alla consegna a destinazione.

Sulla questione se il tetto risarcitorio valga solo per il danno patrimoniale (pregiudizio economico conseguente alla perdita del bagaglio) o comprenda anche quello non patrimoniale, è tornata a pronunciarsi, di recente, la Cassazione che, respingendo il ricorso di un regista italiano contro la compagnia aerea responsabile della perdita della valigia contenente i rulli dell'opera che avrebbe dovuto presentare a un festival cinematografico internazionale, ha ribadito il principio, già enunciato con sentenza 14 luglio 2015, n. 14667, secondo cui tale limitazione della responsabilità del vettore «opera in riferimento al danno di qualsiasi natura patito dal passeggero medesimo e, dunque, non solo nella sua componente meramente patrimoniale, ma anche in quella non patrimoniale, da risarcire, ove trovi applicazione il diritto interno, ai sensi dell'art. 2059 c.c., quale conseguenza seria della lesione grave di diritti inviolabili della persona, costituzionalmente tutelati» (Cass. civ. sez. VI, 21 febbraio 2019, n. 4996; inoltre, Trib. Milano, sez. XI, 25 giugno 2015 ).

Già la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con un'esegesi estensiva della disposizione in esame, aveva affermato che il termine “danno”, di cui al citato art. 22, «deve essere interpretato nel senso che include tanto il danno materiale quanto il danno morale» (Corte giustizia UE, sez. III, 6 maggio 2010, n. 63).

La stessa Corte di Giustizia ha ritenuto che le richiamate disposizioni della Convenzione di Montreal, vadano interpretate nel senso che «il vettore aereo deve essere considerato responsabile del risarcimento di un passeggero, in caso di perdita di un bagaglio consegnato a nome di un altro passeggero imbarcato sullo stesso volo, qualora in tale bagaglio perduto si trovino gli oggetti di tale primo passeggero la cui perdita costituisce il danno da esso subito», con conseguente diritto risarcitorio nei limiti previsti da detta convenzione (Corte giustizia UE, sez. III, 22 novembre 2012, n. 410).

La limitazione risarcitoria in parola costituisce – secondo i giudici di legittimità – «un equilibrato contemperamento degli interessi delle compagnie aeree e dei diritti dei passeggeri, che non vulnera i parametri costituzionali», essendo, da un lato, predisposto «un meccanismo che consenta di tutelare le compagnie aeree dai rischi che conseguirebbero dalla possibilità per i passeggeri di richiedere illimitati risarcimenti dei danni non patrimoniali conseguenti dallo smarrimento dei bagagli» e, dall'altro, essendo possibile per quest'ultimi «tutelarsi da eventuali danni derivanti dallo smarrimento dei propri bagagli rilasciando l'apposita dichiarazione di interesse alla consegna», di cui all'art. 22, par. 2, «ovvero dimostrando la sussistenza delle condizioni di inapplicabilità della citata limitazione di responsabilità di cui all'art. 22, comma 5, (dolo o colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti/incaricati)» (Cass. civ., n. 4996/2019 cit.; inoltre, Cass. civ., n. 14667/2015 cit.; Cass. civ., Sez. Un., n. 21850/2017 cit.).

Il passeggero che vuole ottenere un risarcimento dei danni subiti dagli oggetti imbarcati nella stiva di un aereo oltre i limiti previsti dalla convenzione (nella fattispecie, di Varsavia), deve fornirne l'esatto valore al momento dell'imbarco o in precedenza (Cass. civ., sez. VI, 9 maggio 2018, n. 11037 ).

Con recente ordinanza la Suprema Corte ha, inoltre, affermato che il vettore è responsabile, ex art. 953 cod. nav., dello smarrimento (o avaria) delle cose consegnategli per il trasporto sino alla riconsegna al destinatario, anche se si è avvalso di un'impresa esercente i servizi di assistenza a terra (vettore operativo), la cui prestazione rientra, come attività accessoria, nella complessiva prestazione che forma oggetto del contratto di trasporto, così che il vettore operativo assume la qualifica di ausiliario del vettore contrattuale e se la perdita del bagaglio si verifica quando esso è affidato al vettore operativo, il viaggiatore proprietario può agire contrattualmente nei confronti del vettore aereo, il quale risponde ex art. 1228 c.c. (Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 2544; sul servizio di handling aeroportuale quale prestazione accessoria del contratto di trasporto, Cass. civ., Sez. Un., 20 settembre 2017, n. 21850).